Il maledetto destino del ''Mars''
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Il destino di ogni imbarcazione si imprime nella memoria degli uomini per via della profonda ed intima familiarità che si crea nel tempo tra l’equipaggio e la propria nave. Specie quando la storia comune si ammanta di tragedia e di mistero e determina la “leggenda” cara a tutti i marinai attraverso i secoli.
Il “Makalos”, l’ “Incomparabile” in lingua svedese, poi divenuto “Mars” tra i suoi contemporanei e per gli storici, rappresentava davvero una meraviglia quando nel 1564 venne varato nei cantieri svedesi per volere di Enrico XIV. Vascello a tre alberi dotato di più di cento cannoni non aveva pari nelle acque del Baltico.
La sua capacità di fuoco era coerente con le nuove tecniche di combattimento che prevedevano in primo luogo lo sfondamento degli scafi e non più il caos sulla tolda nemica smitragliata con pezzi di minor calibro per poi arrembare. I cannoni di bronzo erano stati realizzati razziando il prezioso e raro metallo dalle chiese cattoliche presenti nel paese ormai divenuto protestante. Centinaia di campane produssero centosette mirabili cannoni, ma furono, secondo le irrazionali superstizioni dell’epoca, la causa della sua fine.
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La guerra dei sette anni vedeva la Svezia contrapposta alla Danimarca per il consueto controllo dei commerci marittimi, per secoli causa principale di molti conflitti. Il 30 Maggio del 1564 il “Mars”, con al comando Jakob Bagge, era praticamente al suo primo confronto bellico nelle acque a poche miglia dall’isola di Oland. Il primo giorno la potenza dei cannoni dell’ammiraglia svedese aveva avuto la meglio ma nella giornata del trenta i danesi concentrarono la propria offensiva proprio sul “Mars” tempestandola di palle incendiarie.
Il fuoco si propago rapidamente sulla tolda e penetrò facilmente nell’arsenale di bordo ricco di ingenti quantità di esplosivo necessario a servire adeguatamente i cento cannoni. La deflagrazione inevitabile causò una grossa falla a prua condannando la nave ad un repentino inabissamento. I cannoni, più di settecento marinai ed un ingente tesoretto in monete rimasero sepolti a settantacinque metri di profondità nelle torbide acque del Baltico così a lungo che per secoli se ne perse la memoria e questo consolidò la sua fama di nave maledetta da Dio.
Solo nel 2011, e grazie alle raffinate tecniche di scandaglio, lo scafo e i suoi cannoni vennero ritrovati, tra l’altro, e ad eccezione della parte distrutta di prua, in ottime condizioni, grazie alle basse temperature dell’acqua che non consente lo sviluppo di microorganismi xilofagi. Qualcuno a suo tempo, fu pronto ad affermare che la maledizione delle ammiraglie svedesi si replicò nel destino del “Vasa” che sessantaquattro anni dopo l’affondamento del “Mars” si inabissò a sua volta, inspiegabilmente, lo stesso giorno del varo.
Fabrizio Fattori
Foto di copertina da xray-mag.com
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