Vasa: il triste destino di un nave da guerra della corona svedese
di Fabrizio Fattori
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di Fabrizio Fattori
La Svezia nel corso di un solo secolo, grazie al re Gustavo (1523-1560), riuscì a trasformare le proprie limitate forze navali, che svolgevano un mero controllo costiero, in una vera potenza marittima.
I costruttori olandesi, i migliori del tempo, lavorarono intensamente per produrre imbarcazioni da guerra di varie dimensioni fino a consentire alla Corona di disporre di una delle più temibili flotte del proprio tempo.
Le imbarcazioni venivano allestite nei cantieri di Stoccolma, sotto la guida dei maestri olandesi, utilizzando le querce dei boschi trasportate per mare e per terra. Tra le navi reali (Regalskepp) in cantiere nel 1625 primeggiava il “WASA”, un tre alberi di 1400 tonnellate, lungo 70 metri e largo più di 11 metri, con tre batterie di oltre 60 bocche da fuoco. I suoi 1200 metri quadri di vela consentivano una velocità di circa 10 nodi.
Foto da DEPOSITPHOTOS
Per la sua realizzazione venne impiegato il legno di più di mille querce e utilizzata la sola esperienza tecnica dei costruttori. Infatti in quel periodo non esistevano progetti o disegni preparatori. Si procedeva sulla base di “stime” segrete realizzando lo scafo a terra e non appena reso galleggiabile lo si varava completando in mare il resto dell’opera, non potendo, dato l’enorme peso, varare una nave completamente allestita.
La costruzione di questo galeone subì notevoli variazioni in corso d’opera. Lo stesso Re richiese migliorie e rimaneggiamenti al fine di farne una poderosa nave da guerra.
Malgrado l’esperienza dei costruttori queste variazioni resero precario l’assetto dell’imbarcazione al punto che il giorno dell’inaugurazione (10 agosto 1628), sollecitata da venti anomali, sbandò iniziando ad imbarcare acqua dai portelli dei cannoni del ponte inferiore troppo vicini alla linea di galleggiamento. Lo sbandamento provocò anche lo spostamento di alcuni cannoni che accentuarono l’inclinazione e l’ingresso dell’acqua.
Foto da DEPOSITPHOTOS
L’affondamento fu abbastanza rapido al punto da causare più di cinquanta vittime. Tra queste pochi furono i marinai che forti della loro esperienza riuscirono, prevedendo il disastro, a mettersi in salvo prima degli ospiti e delle autorità presenti a bordo. Si recuperarono solo alcuni cannoni e poco di quanto imbarcato il giorno dell’inaugurazione.
La commissione d’inchiesta non pervenne a comprendere la dinamica ed ad individuare responsabilità. L’accaduto venne attribuito all’imponderabile sempre presente nei fatti di mare.
Nel 1958 il governo svedese intraprese con notevole impiego tecnico ed economico, il recupero dell’imbarcazione riuscendo, dopo due anni di lavori, a riportarla in superficie dai 32 metri di profondità nei quali aveva trascorso più di tre secoli. Il restauro, alquanto impegnativo, diede buoni risultati grazie al microclima di conservazione del legno ( scarsa salinità del Baltico, assenza di parassiti del legno per via delle basse temperature dell’acqua,…). Vennero recuperati gli ambienti e buona parte delle suntuose decorazioni, riallestiti i locali creando affascinanti rievocazioni di vita marinara e ponendo le basi di un museo dedicato che costituisce ancora oggi una delle più interessanti attrazioni turistiche di Stoccolma.
Fabrizio Fattori
In coperina foto da DEPOSITPHOTOS
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