I marinai ''Donna'' nella storia
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
La storia della marineria ricorda alcuni nomi di donne che per avventura o casualità si trovarono a vivere la vita di bordo per loro preclusa dalle rigide regole della navigazione, distinguendosi per abilità e coraggio.
Hannah Snell alias 'James Gray' |
Certo furono costrette ad abbandonare la loro identità e ad assumere nomi ed abiti maschili non trascurabile compromesso per accedere ad un mondo esclusivamente maschile. I primi casi storicamente provati risalgono alla fine del XVII secolo e riguardano la marineria inglese.
Anne Chamberlyne che nel 1690 combattè contro i francesi sulla nave comandata dal fratello rappresenta il primo caso storicizzato di presenza femminile a bordo di una nave da guerra.
Hannah Snell alias 'James Gray' si arruolò nella Royal Marine nel 1748 e dissimulò la sua vera natura per oltre due anni combattendo da pari a pari in vari scontri armati e arrivando a curarsi da sola una brutta ferita all’inguine pur di conservare il suo segreto.
Rivelata la sua identità divenne un caso nell’Inghilterra di quegli anni e oltre a scrivere un libro di gran successo (The female soldier) ottenne una pensione che le consenti di aprire e gestire una locanda: “The widow in masquerade”, poco lontano da Londra.
Mary Lacy alias 'William Chandler'
Mary Lacy alias 'William Chandler' divenne maestro d’ascia nel 1771 dopo anni di intenso lavoro nei cantieri e sulle navi inglesi. Anche lei scrisse un libro di memorie (The female schipwright) ed ottenne un vitalizio. Entrambe dopo questa importante parentesi di genere si sposarono ed ebbero figli.
William Brown (female) |
Di un’altra donna della quale si conosce solo il nome maschile, William Brown, nome scelto a testimoniare il colore della sua pelle, si sa solo che ricopri, a bordo, uno dei ruoli di grande responsabilità per il quale veniva richiesto coraggio ed attitudine al comando: il capitano della coffa di trinchetto, e lo fece per ben dodici lunghi anni, per poi scomparire nel nulla.
Ma a fianco di queste apprezzate e conosciute donne marinaio ve ne erano altre più anonime destinate a ricoprire un ruolo essenziale tra la fine del XVIII ed il XIX secolo sulle imbarcazioni da guerra della marineria inglese, le così dette “scimmiette delle polveri”, con il delicato compito di rifornire di esplosivo le postazioni o calibrare le polveri da sparo nelle cartucce.
Erano, spesso, mogli degli ufficiali addetti alle artiglierie o clandestine tollerate a bordo.
Affiancate da ragazzini con lo stesso ruolo, svolgevano anche funzione di supporto durante gli scontri a fuoco, portando vino, acqua e liberando i ponti dai feriti.
La battaglia del NIlo (1798) - Foto da British Battles
Le prime testimonianze su queste atipiche figure ci vengono dagli scritti di John Nicol marinaio scozzese imbarcato sulla “Goliath” durante la battaglia del Nilo nel 1798. Questa promiscuità, sempre più, non ufficialmente, tollerata dall’Ammiragliato comportava, inevitabilmente, che si dovessero gestire delle nascite, i così detti “figli del cannone”, destinati a crescere sulle navi e a divenire “scimmiette delle polveri” e successivamente marinai della Royal Navy.
Altre donne sono state incontrate negli stessi secoli sulle navi mercantili, dove la loro presenza testimoniava spesso traversie umane tali da spingerle a cercare sulle rotte oceaniche un’alternativa alla loro misera vita, analogamente a quelle donne che come prostitute lavoravano a bordo delle navi quando queste erano in porto. Con il XX secolo l’accesso alle carriere del mare sono state regolate e spesso si sono riscontrati parità di ruoli e capacità con non pochi atti di eroismo.
Fabrizio fattori
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