Le mani sul San José
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Trovare un tesoro appartiene ai sogni più fantasiosi di quell’immaginario collettivo che rende possibile, in caso di ritrovamento, emozioni superlative, non solo negli artefici del ritrovamento ma anche in tutti coloro che ne apprendono la notizia.
Degli oltre migliaia di relitti che ancora si nascondono nelle profondità marine, in quell’area tropicale caraibica a cavallo tra Pacifico ed Atlantico, solo alcuni sono stati rintracciati e recuperati, suscitando sempre grande interesse non solo economico ma anche storico ed antropologico. L’area in questione è stata luogo di elezione, tra il XVI e il XVIII secolo, di aspri confronti tra le potenze marinare dell’epoca per la supremazia economica e militare sui ricchissimi territori di recente scoperta.
Il San Josè
Ma ogni scoperta, spesso lucrosissima, pone dispute di appartenenza di quanto recuperato. A chi spettano le monete preziose, i lingotti d’oro e d’argento, le pietre preziose, i gioielli o i bronzei cannoni, nonché tutti gli altri, molteplici, reperti che le nuove tecniche rendono possibile recuperare? Alla nazione nelle cui acque territoriali avviene il recupero, a chi effettua materialmente il recupero e ne sostiene gli ingentissimi costi, o alla nazione cui apparteneva il naviglio ? Dirimere tutto questo è materia del diritto internazionale che in più di un’occasione si è espresso a volte in termini contradditori.
Al San José, galeone dell’Armada spagnola di Filippo V affondato davanti al porto di Cartagena, nella battaglia ricordata dalla storia come la battaglia di Barù, in una sera della tarda primavera del 1708, dopo un aspro conflitto con la nave inglese Expedition, e colata a picco con il suo immenso tesoro valutato oggi a parecchi miliardi di euro, spetta lo scettro di una complessa disputa giuridica, ancora oggi non del tutto risolta.
Il relitto del San Josè
Localizzato nel 1982 da una spedizione americana (la SSA Sea Search Armada) che ne ha reclamato il diritto di sfruttamento, diritto negatogli dopo anni di dispute con una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, che ne ha riconosciuto la piena proprietà alla Colombia.
La Spagna al momento non ha esercitato alcun diritto ma si ritiene che presto avanzerà le sue pretese forte del diritto internazionale che sancisce la proprietà derivante dall’immunità sovrana delle navi da guerra in particolare se perdute in combattimento.
Il tesoro del San Josè
Questa clausola ha dato già soddisfazione alla Spagna nella controversia con “Odissey” spedizione americana che ha recuperato nel 2007 la “Nuestra Senora de las Mercedes” affondata nel 1804 con il suo carico di migliaia di monete d’oro.
Il riconoscimento di tale aspetto da parte del tribunale della Florida ha permesso alla Spagna non solo il recupero di quanto ritrovato ma ha costituito un precedente giuridico di rilevante portata.
Rimane comunque da risolvere quanto in violazione della “Convenzione dell’Unesco sulla conservazione del patrimonio dell’umanità” (1972), cui tali recuperi attengono, in quanto spesso tutti gli aventi causa a vario titolo, si accordano per un recupero congiunto e per la successiva spartizione di quanto recuperato, dando luogo ad una inevitabile dispersione del rilevante valore culturale intrinseco in tali ritrovamenti.
Fabrizio fattori
Foto di copertina: la battaglia di Barù con il galeone San José che affonda da www.ligurianotizie.it
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