I gusti marini dei Romani
I romani amavano il mare e costruivano splendide ville sulle coste del Lazio

I romani amavano il mare e costruivano splendide ville sulle coste del Lazio
Se l’orzo era il cereale preferito dai Greci, il farro era quello preferito dai Romani. Ma ciò che questi ultimi utilizzavano maggiormente era il pesce.
I romani amavano molto il mare, soprattutto amavano costruire splendide ville sulle coste del Lazio, della Campania e delle isole. Le prime ville marittime sorsero sul litorale vicino Roma, nella zona di Alsio (presso Ladispoli), di Laurento (fra Ostia e Tor Paterno). Ma soprattutto amarono le coste del golfo di Napoli fino alla costiera Sorrentina.
La vera e propria Riviera dell’epoca era costituita dal tratto più occidentale del golfo, fra Miseno e Baia. “Nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia” scriveva Orazio. Su quelle rive, decantate come un luogo di dolce Otium, di impianti termali e giardini, le ville più lussuose erano affacciate sul mare, dotate di approdi, pontili, vivai per i pesci, barche per la pesca e imbarcazioni da diporto.
La risorsa del mare sfruttata dai Romani fin dalle epoche più arcaiche è il sale marino, esso fu anche prezioso materiale di scambio per i popoli dell'entroterra che sale non avevano.
Dapprima lo trassero dalle saline naturali delle lagune costiere vicine alla foce del Tevere, poi da saline artificiali. Ma pure l'acqua marina veniva usata, incanalandola per il ricambio delle grandi vasche dei vivai costieri.
Mosaico raffigurante le specie ittiche amte dai Romani
Questi vivai privati erano un lusso delle ville marittime, i cui proprietari e relativi ospiti potevano usufruire di pesce prelibato e freschissimo.
I vivai venivano costruiti ad arte secondo i dettami di diversi autori latini, ed erano il vanto dei proprietari che spesso se ne prendevano cura personalmente.
Insomma un hobby come il giardinaggio. In alcuni casi i grandi vivai con frutti di mare e di pesci prelibati, venivano anche usati per il commercio, con lauti guadagni.
I resti di una vivaria a Torre Astura nei pressi di Nettuno (Roma)
La maggiore ricchezza del mare era la fauna marina, dai pesci ai frutti di mare. I Romani erano dei veri intenditori, tanto che Plinio il Vecchio osserva che le innumerevoli specie degli oceani erano conosciute più della fauna terrestre.
A Roma il pesce veniva venduto presso l’antico Porto Tiberino, con un apposito mercato (il Forum Piscarium, citato da Varrone). Essendo i romani grandi apprezzatori di pesce le attività di pesca fiorirono ovunque. Addirittura sul Tirreno si temette un impoverimento del mare, per cui si ebbero iniziative di ripopolamento ittico.
I porti fluviali scomparsi - Foto da Il Porto Tiberino di Anna Zelli
Oltre ai prodotti alimentari, vennero attivamente ricercati in mare anche quelli per gli articoli di lusso, come il bisso (una seta naturale marina ottenuta da un filamento che secernono alcuni molluschi, come la Pinna nobilis, la cui lavorazione era sviluppata nell'area mediterranea), i coralli soprattutto in area campana, le perle, le porpore e le conchiglie per i cammei.
Il buon gusto gastronomico dei romani spinse molti autori latini, anche fra quelli più rinomati (come Plinio il vecchio e Quinto Ennio), ad aggiungere ai loro scritti dei saggi di gastronomia, su pesci, crostacei e molluschi col nome dei mari che ne producevano la migliore qualità.
Il mare fu poi la fonte del condimento usato un po' ovunque: il garum, dal sapore forte e salato, ottenuto dalla fermentazione di un composto di pesce, erbe aromatiche e sale.
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