Ay Stratis. L'isola che non c'è
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Da quando siamo partiti 12 anni fa e abbiamo scelto il mare come nostra prima casa, abbiamo seguito solo due princìpi per disegnare i nostri viaggi: il Caso e la Meta.
Apparentemente, le due cose sono in contrasto, il primo figlio di irrazionalità e disordine, la seconda di determinazione e calcolo. Ma non è forse dal conflitto tra opposti che l'intero universo prese vita? Non è forse dal contrasto e dal dissenso che nascono le idee migliori?
P'acá y p'allá a Ormos Pissa, costa orientale
Il Caso. I nostri viaggi non sono mai rotte precise ma solo accenni di direzione. In inverno, ci limitiamo a guardare la carta e a segnare una linea approssimativa che blandamente tenga conto delle stagioni e del favore dei venti. La nostra rotta stimata è un segno grafico, più che una rotta. E non è mai una promessa ma solo un'intenzione. È il segno ad affascinarci, l'armonia del percorso. Volutamente non approfondiamo, diamo un'occhiata ma non studiamo attentamente i pezzi di terra che quella linea tocca. Preferiamo, quando possibile, la sorpresa alle conferme e, soprattutto, crediamo che questo tipo di ignoranza conservi l'incanto e ci preservi da delusioni.
In genere, consultiamo il portolano solo quando siamo arrivati in prossimità dei luoghi. Fu grazie a questa abitudine, forse, che 2 anni fa affrontammo in piena stagione di Meltemi la costa sud di Creta, rotta che molti navigatori esperti ci definirono in seguito come temeraria e pericolosa.
Barca da pesca a Tripiti, costa sud occidentale
Il portolano Imray recitava "Attenzione. Con venti occidentali e settentrionali l'intera costa meridionale di Creta è investita da raffiche particolarmente intense dai rilievi più alti. Queste circostanze impongono una navigazione vigile, poiché i groppi di vento possono essere di violenza eccezionale. Se si deve costeggiare l'isola è buona norma mantenere una distanza minima di 5 miglia". Ma noi lo leggemmo mentre eravamo già a Gramvousa, la punta Nord ovest di Creta. Il richiamo delle sirene del sud era troppo forte. Le condizioni, stando vicino al luogo descritto, non ci sembravano così proibitive e l'unica alternativa, a quel punto, sarebbe stata quella di percorrere la costa nord di Creta che, con il suo carattere turistico e fortemente urbanizzato, era quanto di più lontano potevamo immaginare dalla nostra idea del peregrinare.
Continuammo quindi sulla nostra linea e passammo quasi un mese sul pezzo di mare (e terra) più bello dei nostri viaggi. Da soli, non incontrammo nessuno, neanche un'altra barca lungo le 140 miglia della costa sud di Creta. Evidentemente, a differenza nostra, gli altri consultano i portolani prima di mollare gli ormeggi da casa. L'avessimo fatto, probabilmente non saremmo mai arrivati lì.
Alonìtsi sulla costa settentrionale e l'isolotto di Ag. Asomati
La fortuna aiuta gli audaci (e un po' anche i superficiali): la navigazione fu splendida, le raffiche forti ma gestibili, gli ancoraggi in rada sicuri. La terra - deserta, selvatica, splendida - aveva gradito l'omaggio e ci aveva protetto, regalandoci anche qualche giorno di bonaccia.
La gente del luogo, non abituata ad essere visitata da mare, ci veniva incontro. A nuoto, in canotto, sui barchini. Ogni sera i pescatori della rada in cui ci fermavamo venivano a mettere le reti tutt'intorno a noi, sperimentando una tecnica nuova.
Il Caso, aiutato da un pizzico di superficialità, ci portò a Creta Sud e nel mar libico. Continuammo ad usarlo come principio.
L'altro principio è la Meta, dicevo. La meta non intesa come punto di arrivo, perché i nostri viaggi non hanno mai un punto di arrivo, tornano sempre a casa nelle acque dell'Argentario dove sia io che Giovanni siamo nati. Si tratta di una meta iconica, un punto in cui passare, una x che scopriamo, con quello sguardo superficiale e curioso alle carte, e che risponde sempre a una sola caratteristica: l'abitato remoto.
Scogliere bianche ad Ormos Pissa
Un luogo vero e vivo ma lontano dalle rotte tradizionali, apparentemente difficile da raggiungere o non attrezzato per il turismo. Quei luoghi isolati ma autosufficienti, dove il tempo si è fermato e non ha fretta di andare avanti. Con questo stesso principio, quasi 30 anni fa ci facemmo portare a Agathonissi, un'isoletta del dodecaneso dove passava ogni 5 giorni solo un postale. Ci ospitò il pope dell'isola e barattammo un polpo pescato da Giovanni con qualche pomodoro.
La Meta del primo viaggio di P'acá y p'allá fu Gavdos, nel mar libico, il punto più a sud d'Europa. L'anno scorso Psarà, piccola sporade orientale, satellite di Chios. La Meta non ci ha mai deluso, ci ha sempre regalato i giorni migliori del viaggio, la soddisfazione di essere arrivati dove altri non pensano di andare, l'armonia dell'incontro con anime splendide non corrotte dalle logiche del turismo.
Il porticciolo di Ay Stratis
L'accoglienza in questi luoghi è autentica, non dettata da interesse. Non dipendono dal turismo, gradiscono le visite ma non insistono perché tu rimanga. La Meta ci ha regalato tutto questo e la voglia di ritornarci. Ogni meta raggiunta resta sempre, nei nostri occhi, una meta a cui fare ritorno.
Quest'anno la Meta è Agios Efstratios, familiarmente detta Ay Stratis. Le carte della Navionics non la prevedono se non a un determinato ingrandimento. Fai uno zoom e all'improvviso compare dal nulla. Un errore del software forse, o un segnale subliminale per noi. La sua collocazione, in mezzo al mare, distante dalle altre isole, fuori dalle rotte anche per essere sosta tecnica, danno a Ay Stratis il curriculum giusto per essere la Meta di quest'anno. Ovvero quel punto x, l'unico a cui, per qualche via, vogliamo arrivare. Potevano cambiare tutti i programmi ma da Ay Stratis volevamo passare.
Ed eccoci qui. Ogni volta che raggiungiamo una Meta, gli dei ci fanno un regalo. Quest'anno il dono è un'amena bonaccia, ingentilita da una brezza termica, in un punto che di norma è spazzato da venti di burrasca. Che bello poter fare il periplo di un'isola, scorrere il suo lato più spettacolare che è quasi sempre quello esposto ai venti dominanti e, addirittura, fermarsi in rada per la notte sulla costa nord aperta ai venti del I e IV quadrante.
Ay Stratis è evitata dai naviganti anche in virtù del fatto che apparentemente non ha ripari ad eccezione del porto in cui, per barche dal pescaggio importante, c'è posto solo per 2.
Una nave crociera in perfetto sinc col tramonto. Omaggio a Ay Stratis?
Con le condizioni che troviamo noi, è ovviamente facile trovare ridosso, ma scorrendo la costa e saggiando gli ancoraggi, credo che Ay Stratis sia vittima di un pregiudizio: la forma particolare dell'isola, a punta nel suo versante sud, offre diverse baie protette sia sul versante ovest che sul versante est, nella parte meridionale.
Che il meltemi tenda a Nord Est, come consuetudine, o giri a nord Ovest, sul lato opposto dell'isola ci sono, secondo noi, condizioni di ancoraggio sicuro anche con 30 nodi.
"Death Valley" in Alonìtsi
Mentre è sicuramente un'eccezione ancorare e pernottare lungo la costa di Alonìtsi, sul versante nord. Noi lo facciamo grazie al dono di Eolo che ha chiuso per noi tutti i venti in una bisaccia per 36 ore. A terra, una lunga spiaggia di sassolini scuri di lava, una roccia calcarea che ricorda Procida e una grande e abbondante duna di sabbia chiara, costellata di arbusti simili ai lecci.
Abitata solo da capre timorose che al nostro scendere a terra fuggono sulla roccia.
Natura morta ad Alonìtsi
Dietro la duna, la sabbia assume una conformazione da Death Valley, chiaro segno che durante l'inverno questa zona è allagata dalle acque pluviale o letto di un torrente stagionale, sabbie mobili pietrificate che circondano e imprigionano gli alberi. Sulla costa orientale, ci fermiamo a Pissa Bay, bellissimo angolo di sabbia e roccia.
Completato il periplo dell'isola, andiamo in porto, dove troviamo una sola barca a vela ormeggiata all'inglese e un ampio spazio in testa di molo dove ci ormeggiamo noi.
Papere in porto
Viene subito a farci visita la famiglia di papere del luogo. Restano lì intorno, visibilmente affascinate dal nostro tender. C'è una colonnina con acqua e elettricità a disposizione ma non ne abbiamo bisogno. Ad Ay Stratis non c'è ripetitore internet per cui la nostra chiavetta cosmote non prende, ma c'è un wi fi aperto a tutti che funziona meravigliosamente, anche da sottocoperta. A dieci passi dal molo, la stazione di servizio con autobotte pronta a rifornirti. Intravvedo in un piccolo emporio anche i ricambi di Gas Greco e persino un paio di Camping Gas. Vale a dire che nel punto più sperduto dell'Egeo hai a portata di mano tutte quelle cose che in isole grandi e battute dal turismo charter impieghi tempo e fatica a trovare.
Peccato non aver bisogno di nulla.
L'Eolis e P'acá y p'allá al molo di Ay Stratis
L'altra barca a vela se ne va e arriva al suo posto un traghetto che somiglia a quello che collega Psarà a Chios. Un battello che ti chiedi come possa navigare, più alto che largo, più ruggine che ferro. Di quelli che ogni tanto arrivano, ogni tanto no. Vederlo entrare a retromarcia, passando a due metri da P'acá y p'allá e sistemandosi all'inglese fa una certa impressione.
A Ay Stratis è tutto lì, intorno al porticciolo, il paese antico arroccato sul monte è stato interamente distrutto dal terremoto del 1968. Si sono salvati solo una parte della scuola, una decina di case e il cimitero.
Il cimitero di Ay Stratis
Un cimitero molto particolare con le mura di cinta che fanno un cerchio perfetto e molto poco affollato. Una decina di tombe, ben spaziate tra loro. Accanto alla tomba di Kostas, morto nel 2012 a 85 anni c'è un posto vuoto, starà aspettando sua moglie.
Ecco, morire qui è un altro morire. Una location splendida per un cimitero, quando si dice "è andato a stare in un posto migliore" nel caso di Ay Stratis è vero anche se non credi in Dio. Le ossa son già in un posto migliore, ovunque sia andata a finire l'anima.
In attesa del traghetto da Lavrion
Sulla parte esterna della nostra porzione di molo, arriva il traghetto per Lavrio. Una decina di minuti prima arrivano tutti gli abitanti del paese, 2 o 3 in macchina, qualcuno in motorino o in bicicletta, mamme a bambini a piedi.
È sempre una festa: non si viene per partire ma per ricevere e per accogliere, per ritirare qualcosa che arriva dal continente, o anche semplicemente per salutare la vita che viene dal mare e rendere omaggio alla manovra della nave.
Ay Stratis, prima del terremoto e prima del porto.
Ay Stratis fu campo d'esilio politico tra il 1928 e il 1963. Il piccolo museo della democrazia, allestito in quella che era la scuola dell'isola, ne racconta la storia con un percorso fotografico. Le chiavi del museo, il cui ingresso è gratuito, sono affidate a una signora che abita nella casa di fronte.
Lei siede a un tavolino su strada con un amica e un piattino di mandorle (prese dallo stesso albero da cui penso le abbiamo colte noi qualche minuto prima) e quando passa qualcuno (un paio di persone alla settimana, credo) chiede "Mouseio? Né Né Anoikto!", prende le chiavi e viene a aprirti la porta. Un museo casalingo insomma.
Una delle poche case nello stile d'epoca. Salvata dal terremoto.
Alla taverna siedono tutti i pescatori dell'isola, è abbastanza anomalo, li trovi spesso al bar per un ouzo ma i pescatori di solito mangiano a casa. Oggi però è un giorno speciale, nella piazza davanti al comune c'è uno spettacolo di musica e sirtaki che va avanti tutta la notte. Incontriamo lì il nostro amico pasticcere da cui abbiamo comprato dei dolcetti e che, sentendo che avevamo bisogno di pane, ci ha ceduto il suo filone integrale. "Italiani-greci, una faccia una razza" ci dice, come sempre. E poi ci racconta di Mario con cui ha lavorato per 3 anni a Sidney, Australia, in una fattoria. "I will never forget Mario, a good man. Italians good people" ci dice visibilmente commosso.
Ay Stratis, con il suo ritmo indifferente all'incedere del mondo, con la sua gente amichevole, calorosa, disinteressata, ci resta nel cuore. Anche stavolta, la Meta non ci ha deluso.
Di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Tratto dal blog di Francesca Carignani P'aca' y P'alla'
Francesca è autrice del libro: ROTTA VERSO L'EGEO Edizioni Il Frangente
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