Nutrire l'Impero, via mare
Di Fabrizio Fattori
Di Fabrizio Fattori
Spazio espositivo dell’Ara Pacis fino al 15 novembre 2015.
Roma, che nel V° secolo d.c. aveva raggiunto il milione di abitanti ( Londra raggiungerà questo livello solo nel 19° secolo) , doveva affrontare l’impegnativo problema di come nutrire i suoi abitanti nel modo più razionale ed economico possibile, tenendo conto che per un buon numero di essi la distribuzione di cibo era sostanzialmente gratuita (circa 35 kg a testa di frumento al mese.
Tale enorme dipendenza alimentare (circa 200.000 ton. l’anno) venne risolta organizzando un sistema di trasporto via mare efficiente ed economico, limitando per quanto possibile il trasporto via terra a causa della sua lentezza (3 km l’ora) ed inefficienza (il costo di un trasporto di frumento via mare dall’Egitto equivaleva al costo di 150 km percorsi via terra) Malgrado questa necessità Roma non ebbe mai una propria flotta commerciale ma si affidò ai “navicularii”, armatori privati, agevolandoli con una politica di privilegi fiscali, economici ed assicurativi ma anche con severi obblighi al fine di garantire l’efficienza del servizio. Erano infatti tenuti a seguire la rotta più breve e a non effettuare scali, pena, a volte, la morte.
Le navi utilizzate dovevano essere in grado di trasportare dalle 70/80 ad oltre 400 tonnellate di carico (naves granariae). Si navigava esclusivamente a vela senza l’ausilio di carte e bussole,affidando la buona riuscita del viaggio all’esperienza dei capitani e alla loro conoscenza delle coste, dei venti e dei cieli notturni. La navigazione era quindi prevalentemente costiera, per la via più breve, limitata ai mesi compresi tra maggio a settembre. Il viaggio da Alessandria d’Egitto a Roma (circa 1.700 miglia) durava 20 giorni.
A tale intensità di navigazione (circa 500 navi l’anno) doveva corrispondere un adeguato sistema portuale in grado di consentire la rapida distribuzione delle merci trasportate.
Il sistema portuale romano ruotava principalmente su Centumcellae (Civitavecchia) e Puteoli (Pozzuoli).
Il grano egiziano, ad esempio, arrivava a Pozzuoli, un enorme bacino naturale di 600 ettari provvisto di moli monumentali, come quello di 372 metri fatto costruire da Nerone e forte di una notevole capacità di stoccaggio. Il carico veniva smistato su imbarcazioni più piccole e in tre giorni trasferito ad Ostia e da qui risaliva il Tevere sulle “caudicarie” barche dal ridotto pescaggio per essere immagazzinato e poi distribuito alla popolazione. Successivamente il sistema portuale si arricchì di un porto artificiale, fatto costruire dall’imperatore Claudio nel 42 d.c. a 3 km da Ostia, in parte nella terra ferma, in parte chiudendo un bacino di 200 ettari con due moli convergenti. L'ingresso era segnalato da un faro gigantesco. Ma la sua operatività venne rapidamente limitata dal continuo insabbiamento del bacino dovuto al limo trasportato dal Tevere.
Il progetto faraonico di Nerone che prevedeva lo scavo di un canale navigabile di centinaia di chilometri, tra il lago di Averno, vicino Pozzuoli, ed il Tevere, non ebbe realizzazione.
Fu invece Traiano a ridare nuovo impulso alle attività portuali del porto di Claudio, dotandolo, tra il 100 e il 113 d.C. di un nuovo bacino esagonale interno e scavando un nuovo canale largo 40 metri, il Canale Romano, che univa tale bacino al canale di Fiumicino e quindi al Tevere.
Fabrizio Fattori
Foto di copertina da: lacittadelleragazze.com
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