Faraoni, Persiani, Greci, Romani: l’antica sfida con il Canale di Suez
di Manuela Revello
di Manuela Revello
Nella documentazione storica appaiono fin da Erodoto resoconti di un canale progettato, tentato o completato tra il Nilo e il Mar Rosso.
Quello che è evidente è che gli antichi non pensarono mai di congiungere il Mediterraneo e il Mar Rosso in via diretta: ricavare un passaggio attraverso l’Istmo sarebbe stato al di sopra delle loro possibilità. Alla loro portata fu invece la realizzazione di un congiungimento tra il corso principale del Nilo e il Mar Rosso attraverso un segmento scavato a partire da uno dei molteplici tributari del Delta, con orientamento verso est.
Sappiamo che tale progetto fu per la prima volta tentato ma poi abbandonato dal faraone saitico Necho II (610-595 a.C.), anche se secondo Aristotele l’idea era stata già precedentemente concepita da Sesostris III, nel secondo millennio a.C.: il tributario prescelto fra i sette all’epoca disponibili fu il più orientale ovvero il Pelusiaco. Migliaia di schiavi armati di pale di bronzo furono impiegati e altrettanti morirono in un’impresa alla quale poi Sesostris avrebbe rinunciato per paura che l'acqua del Nilo venisse contaminata da una mescolanza con l’acqua di mare.
Canale dei Faraoni
Oltre a quello della contaminazione, il problema con la costruzione di un canale nel mezzo di un deserto è che sono necessari interventi di manutenzione e riparazione costanti per impedire alla sabbia di soffocare il canale. Tra alterni periodi di impiego e disuso, il Canale dei Faraoni rimase in servizio fino al grande Ramsete II (XIII sec. a.C.).
Erodoto e altri autori Greci e Romani affermano che anche il sovrano achemenide Dario I tentò un canale allo scopo di ottimizzare i traffici dell’impero e soprattutto le importazioni dall’Egitto. Lo fece sfruttando gli antichi lavori effettuati sotto Necho II e ricongiungendo l’area dei Laghi Salati al Mar Rosso che da molto tempo non erano più collegati fra loro. Il canale di Dario era lungo quasi 140 chilometri e largo abbastanza da poter essere percorso da due triremi contemporamente. L’esistenza di un canale persiano completato è confermata non solo dalla testimonianza oculare di Erodoto, che visitò l'Egitto qualche tempo dopo il 454 a.C., ma anche dalla scoperta nel XIX secolo d.C. di quattro stele persiane commemorative poste lungo il suo percorso fino a Kabret, su una delle quali il testo inciso in cuneiforme recita:
“Dice Dario il re: io sono un persiano; dalla Persia ho preso l'Egitto; ho dato ordine di scavare questo canale da un fiume di nome Nilo che scorre in Egitto, al mare che va dalla Persia. In seguito questo canale è stato scavato così come avevo ordinato, e le navi sono passate dall'Egitto attraverso questo canale alla Persia ".
Canale di Dario
Successivi autori greco-romani forse non a conoscenza del testo erodoteo affermano che il primo canale fu completato solo con Tolomeo Filadelfo, e in effetti la cosiddetta 'Pietra di Pithom', stele trovata alla fine del XIX secolo a Tall al-Maskhūtah, fornisce prove epigrafiche su completamento e uso del canale tolemaico: esso arrivava fino al 'Lago dello Scorpione', portando a varie località quali la città di Arsinoë e una colonia egiziana intitolata a Tolomeo, dove venivano commerciati gli elefanti.
Non si sa esattamente quando il canale tolemaico cadde in disuso, ma sembra che non sia sopravvissuto fino ai primi decenni del dominio romano, visto che la stessa Cleopatra non poté sfruttarlo a causa del nemico di sempre: la sabbia.
Il successivo scavo del canale viene attribuito dalle fonti storiche e papirologiche a Traiano (98-117 d.C.), e anche in questo caso la durata del canale non è nota. I papiri si riferiscono a lavori di manutenzione eseguiti su di esso fino al V secolo d.C., ma non è chiaro se a quel tempo il canale arrivasse ancora fino al mare. Tuttavia, dato l'apparente aumento dell'attività nel porto alla foce del canale del Mar Rosso (ormai chiamato Clysma) nel periodo tardo romano, è sicuro che il canale continuò a funzionare, dando acqua potabile a un luogo altrimenti scarsamente rifornito, oltre a svolgere la sua consueta funzione di trasporto. Una descrizione del canale nella Historia Francorum di Gregorio di Tours porta a credere che il canale abbia avuto un ulteriore periodo di disuso, di circa settant’anni, prima del nuovo scavo arabo alla metà del VII secolo d.C.
Riguardo al percorso, considerando le testimonianze di Erodoto e di Strabone possiamo solo concludere, in linea di massima, che i canali persiano e tolemaico partivano da qualche parte nelle vicinanze di Bubastis/Tall Bastah. Il percorso del canale persiano nel Wādī Tumaylāt e Isthmus è ulteriormente suggerito in termini generali dalle quattro stele, già citate, che commemorano la sua costruzione. Inoltre, alla fine dell’Ottocento Linant de Bellefonds, ingegnere capo del Canale marittimo di Suez, riferisce che il Canale dell'Acqua Dolce fu scavato lungo il percorso del canale romano dal confine del Cairo fino al villaggio moderno di Kafr Hamzah, e che il canale Wādī costruito entrando nel Wādī Tumaylāt dalla direzione di Bubastis /Tall Bastah occupava un antico letto del canale che era stato candidato per il canale persiano-tolemaico.
I successivi canali romani e arabi partirono dalla zona del Cairo moderno. Che il canale romano attraversasse “il forte romano di Babilonia” come indicato da Claudio Tolomeo, è stato recentemente confermato da indagini archeologiche nell’attuale capitale egiziana. Il cambiamento radicale nel punto di partenza del canale da quello del suo predecessore tolemaico è probabilmente da spiegare con la necessità di un maggiore battente idraulico per servire il canale.
Bibliografia di base:
Butzer K. W., Early Hydraulic Civilisation in Egypt: a study in cultural ecology, Chicago, 1976
Hurst H. E., The Nile: A general account of the river and the utilization of its waters, London, 1952
Grover J. W., Suez Canals from the Most Ancient Times to the Present, BAR 33, 1877, 447-455
Linant de Bellefonds M. A., Mémoires sur les prin- cipaux travaux d’utilité publique executés en Égypte depuis la plus haute antiquité jusqu’a nos jours, Paris, 1872
Redmount C.A., The Wadi Tumilat and the ‘Canal of the Pharaohs’, JNES 54, 1995, 127-135
Tuplin C., Darius’ Suez Canal and Persian Imperial- ism. In Achaemenid History VI Asia Minor and Egypt: Old Cultures in a New Empire, Proceedings of the Groningen 1988 Achaemenid History Workshop, H. Sancisi-Weerdenburg & A. Kuhrt (eds), 237- 283, 1991, Leiden
Manuela Revello
Manuela Revello è dottore di ricerca in Filologia greca e archeologa specializzata in Archeologia Orientale. Insegna lingue classiche e ama il mare e la vela.
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In copertina Foto di David Mark da Pixabay
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