Le sorgenti del Nilo
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
La fontana dei quattro fiumi, opera di Bernini e altri (1648/1651) che adorna una delle più belle piazze barocche di Roma, riporta, impersonificate da imponenti figure, i fiumi dei quattro continenti: il Danubio per l’Europa, il Rio della Plata per il continente americano, il Gange per l’Asia ed il Nilo per l’Africa.
Quest’ultima rappresentazione rimanda in modo palese alle sorgenti sconosciute del Nilo ponendo la testa della figura che lo rappresenta celata da un drappo. Intorno a questo mistero ruotano gli interrogativi e le ipotesi di quanti, faraoni. imperatori, viaggiatori e geografi, nel corso dei secoli, hanno tentato di risolvere l’origine di questo fiume sulle rive del quale si era sviluppata una delle civiltà più spettacolare di tutti i tempi e che trovò soluzione solo alla metà del XIX secolo.
Roma - Fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona - Foto da DEPOSITPHOTOS
Un percorso di quasi 7000 km, frastagliato da spettacolari cascate, da sei cateratte ufficiali che ne interrompono la navigazione, alimentatato da un bacino idrografico amplissimo, fatto da imponenti laghi con immissari ed esuberanti emissari ed estese paludi, diviso in due segmenti di pari importanza: il Nilo Bianco ed il Nilo Azzurro, che ne fanno una delle realtà fluviali più affascinanti del pianeta. Autori antichi, Erodoto ed Eschilo tra questi, ipotizzavano le sorgenti poche migliaia di chilometri all’interno del territorio presso l’isola di Elefantina.
La spedizione di Tolomeo II (III secolo a.C.) si spinse oltre Elefantina e forse risalì, in tutto o in parte il Nilo azzurro fino al lago Tana, ipotesi smentita da molti in quanto non si hanno tracce storiche di descrizione della confluenza tra i due rami del fiume. Il Nilo Azzurro dona il maggiore contributo di acque contribuendo maggiormente alle feconde esondazioni, ma ha un corso molto accidentato caratterizzato da andamento torentizio, energiche rapide e dalla cascata diTissisat (42 mt di caduta) che ne ostacolano l’esplorazione.
Vista aerea sul Nilo e sul Mar Rosso - Foto da da DEPOSITPHOTOS
Altro tentatitivo di rilievo alla ricerca delle sorgenti del Nilo svolto in antichità, è da attribuire a Nerone (60 d.C.) che incaricò i suoi pretoriani, al comando di un tribuno, come riportato sia da Seneca che da Plinio il vecchio. Dall’incrocio dei loro racconti si ha certezza che i pretoriani di Nerone raggiunsero la confluenza tra i due rami del fiume ed intrapresero l’esplorazione del Nilo Bianco il cui nome deriva dalla presenza massiccia di sodio nelle sue acque, fino a raggiungere la grande zona paludosa del Sudd estesa per oltre 500 km.
La particolarità del luogo, caratterizzata da isolotti mobili ed in continuo mutamento, fatti di canne e papiri marcescenti, con presenza minacciosa di coccodrilli ed ippopotami, rendevano quest’area un valico insuperabile.
Il fiume Nilo - Foto da DEPOSITPHOTOS
Secondo Seneca, che riporta uno dei racconti di un centurione, in qualche modo pervennero al lato meridionale della palude fino ad incontrare una possente cascata d’acqua stretta tra due rocce (cascate Murchison 43 mt di caduta) ipotizzata come la vera sorgente del Nilo.
Di fatto ci volevano ancora 1000 km di impegno per arrivare alla sua origine. Alle spalle di quest’area, esplorata a distanza di secoli dalla spedizione neroniana, si estende un complesso sitema di laghi (Vittoria, Alberto, Kyoga) con immissari ed emissari (Albert, Vittoria Kagera), alimentati anche dai ghiacciai permanenti della catena del Ruwenzori (Monti della Luna), le cui denominazioni rimandano a regnanti britannici del XIX secolo, che contribuiscono a determinare quella incerta rete di flussi idrici che, chilometro dopo chilometro, alimentano il mito di uno dei grandi fiumi della geografia e della storia umana.
Fabrizio Fattori
Leggi anche: Il Grande Fiume Nilo
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