Piano nazionale del mare. Primi piccoli passi nella giusta direzione
di Nicola Silenti

di Nicola Silenti
Uno strumento di programmazione di indispensabile efficacia per l’avvio di una politica marittima unitaria a misura di governo e parlamento.
Approvato il 31 luglio 2023 dal Comitato interministeriale per le politiche del mare, il Piano nazionale del mare è lo strumento con cui l’Italia intende garantire uno sviluppo sostenibile e una visione omogenea a tutte le filiere marittime che contribuiscono alla crescita economica del paese.
I lavori del Comitato partiranno con una prima riunione incentrata sulle priorità del settore crocieristico a cui prenderanno parte tutti i soggetti pubblici e privati che si occupano delle singole filiere. Il tema in esame costituisce una delle direttrici del Piano e verrà analizzato secondo le aree di intervento e le soluzioni prospettate dal quadro d’insieme del Piano stesso, con una particolare attenzione alla modernizzazione dei porti e alla elettrificazione delle banchine.
Per consentire al Comitato di individuare appieno le linee strategiche delle politiche del mare, lo scorso 26 febbraio è stata emanata la direttiva del presidente del Consiglio dei ministri contenente le “Misure di coordinamento delle politiche del mare”: con il provvedimento si è deciso di incaricare le singole amministrazioni di redigere,ciascuna per le proprie competenze, delle informative destinate al Comitato con cadenza periodica a iniziare dal 31 marzo di quest’anno e a regime entro il 31 dicembre di ogni anno.
Passibile di revisione entro il prossimo biennio, il Piano nazionale del mare è stato costruito punto su punto dopo mesi di audizioni, confronti e un dibattito serrato che ha visto impegnato anche un comitato di “esperti” del settore marittimo tra i quali, sia detto a malincuore, non è parso di scorgere individualità particolarmente addentro ad alcune tra le problematiche più avvertite nell’universo marittimo, e in particolare quelle relative alla Gente di mare. La crisi occupazionale e le opportunità di crescita,il collocamento dei lavoratori del comparto,la formazione e l’educazione del mare insieme al ruolo degli istituti tecnici superiori ITS sono argomenti ben analizzati nel Piano del mare così come le aree di intervento, tuttavia le soluzioni prospettate non appaiono di immediata né agevole applicazione.Come ribadito in più occasioni su queste pagine,la priorità da cui ripartire sarebbe un pacchetto di interventi mirati allo snellimento dei percorsi formativi dal diploma al “patentino” per gli allievi ufficiali e soprattutto il ripristino dei titoli professionali marittimi di cui all’articolo 123 del Codice della navigazione.
La carenza di lavoratori marittimi è un fatto ormai assodato che si fa sentire in special modo durante la stagione estiva, pertanto occorrono con urgenza interventi rapidi da parte delle istituzioni per porre un freno alle criticità che attanagliano la forza lavoro del settore. Criticità identiche a quelle vissute dai giovani allievi, ingannati e delusi dalle prospettive frustranti di un futuro incerto anziché sentirsi coinvolti, fin dalla scuola,in una maggiore diffusione della cultura del mare per un sicuro inserimento nel sistema marittimo italiano.
Lungo le 16 direttrici in cui si articola, il Piano nazionale del mare rimette al centro dell’agenda politica la rilevanza strategica della blue economy con tutta la forza degli impressionanti numeri di cui è capace, a cominciare dal valore aggiunto rappresentato per l’Italia dai 54 miliardi di euro prodotti dal settore, i 915 mila lavoratori occupati e le quasi mille e trecento navi di bandiera che rendono l’Italia leader nello Short sea shipping in Europa. Numeri di un universo virtuoso come nessun altro, e che proprio per questo freme d’impazienza nel vedere restituita la dignità perduta ai suoi legittimi protagonisti: gli uomini e le donne del mare.
Nicola Silenti
Foto da DEPOSITTPHOTOS
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