Lo schooner ''Jenny'' dall’isola di Wight ai ghiacci dell’Antartide
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Le leggende o i racconti più o meno realistici che animano i ricordi di molti marinai hanno sempre suscitato appassionate curiosità, specie quando hanno avuto per argomento le navi fantasma.
Quelle navi, dal destino inspiegabile, che continuano a navigare misteriosamente e che vengono avvistate periodicamente per poi scomparire nel nulla e lasciare il loro ricordo nelle memorie collettive della gente di mare.
Una tra le memorie più agghiaccianti, è il caso di dirlo, riguarda la nave britannica “Jenny” trovata alla deriva a sud del capo Horn, in mari antartici, nel 1840 dalla baleniera “Hope”. La “Jenny” di cui si erano perse le tracce da molti anni, si presentò in tutto il suo orrido aspetto di nave fantasma: vele squarciate, legni cadenti, scafo squassato, testimonianza visibile di aspre contese tra ghiaccio, mare burrascoso e venti impetuosi.
Salita a bordo una sparuta spedizione di indagine si trovò di fronte a qualcosa di ancora più stupefacente. Quel che restava del suo equipaggio, in tutto sette persone, appariva cristallizzato nella morsa del ghiaccio che fissava implacabile l’ultimo attimo di vita. Il capitano, chiuso nella sua cabina, intento a redigere il giornale di bordo alla data del 4 maggio 1823.
Nel suo letto sua moglie, talmente bella nella sua maschera di ghiaccio che ancora sembrava avesse voglia di respirare. Qualcuno intento ad accendere un fuoco di fortuna con improbabili attrezzi e poi gli altri, raccolti nel proprio flebile insufficiente calore delle amache.
La caldaia con poche ceneri, tracce di un fuoco stentato, la cambusa desolatamente vuota, il cane di bordo raggomitolato in un angolo. Più di due mesi serrati nel ghiaccio avevano fiaccato le speranze e la voglia di vivere. Quel diario di bordo, restituito agli armatori, testimonia il dramma ed alimenta concretamente la leggenda di “Jenny” , con buona probabilità, finita nel fondo dell’oceano dove le acque profonde avranno reso, temporaneamente, ai corpi dei naufraghi le loro sembianze più umane.
Fabrizio Fattori
In copertina Photo Credit: Aberdeenshire Museums Service
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