Le Canarie isole fortunate
di Fabrizio Fattori

di Fabrizio Fattori
La prima narrazione intorno a queste isole, caratterizzate, nella descrizione fatta da Al-Idrisi nel suo “Libro di Ruggero” (1154), da uomini e donne dalla pelle bianca e bellissimi, si inserisce nell’epopea dei navigatori che superarono per avventura o amore dell’incognito, le colonne d’Ercole.
Prima di lui Plinio il vecchio e Tolomeo ne parlano in termini di isole Fortunate alimentandone il mito di luogo dove è possibile una vita idiliaca. Altri navigatori aggiungeranno, nei secoli successivi, altri particolari di queste popolazioni che appariranno “diverse” ai loro occhi.
Biondi e con i capelli lunghissimi, il corpo tatuato al pari di prezioso vestiario, integrato, vento permettendo, da foglie di palma o da una casta nudità al quale porrà rimedio, successivamente, una cristianizzazione non sempre garbata. Non hanno pane e si alimentano con un impasto di orzo ed acqua.
Statua di un capo Guanci, antico popolo delle Canarie, Candelaria, Tenerife - Foto da Pixers
Hanno costumi sessuali molto liberi e viene praticato il diritto del sovrano ad unirsi alle, forse non più vergini, ragazze prima delle nozze. Uno “ius primae noctis” improbabile diritto solo favoleggiato nell’Europa feudale.
Rimaste a lungo nel limbo tra fantasia e realtà, vengono riscoperte, ai primi del XIV° sec. dal genovese Lanzarotto Malocello che chiamerà la più importante delle isole Lanzarote dal suo nome.
Nella tentativo di localizzare il paradiso terrestre come descritto nelle sacre scritture, si arriva ad ipotizzarne la sede nelle isole Canarie, già all’ora definite isole Fortunate dove la vita era facile e felice immersa in un ambiente paradisiaco di lussureggiante natura dove era possibile vivere a lungo senza pene e dolori circondati da una perenne primavera.
Fabrizio Fattori
Foto di Yves Bernardi da Pixabay
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