La ''Batavia'' qualcosa di più di un ammutinamento
di Fabrizio Fattori
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di Fabrizio Fattori
Salpata insieme ad altre imbarcazioni, nell’ottobre del 1628 da un porto olandese delle isole Frisone occidentali per conto della Compagnia Olandese delle Indie Orientali alla volta di Giacarta, aveva, oltre al suo carico di metalli preziosi, equipaggio e passeggeri quanto mai determinati ad assecondare le proprie inconfessabili aspirazioni.
In particolare Jeronimus Cornelisz, imbarcatosi per fuggire ai suoi creditori e alla giustizia olandese, divenne il perno di una vicenda che cambiò drammaticamente la vita di molti. Trovato un alleato nell’alcolizzato primo ufficiale Adrian Jacobsz pianificarono un ammutinamento con l’intento di sbarazzarsi del comandante Francisco Pelseart e, impossessatisi del prezioso carico, trovare altrove un dorato rifugio.
Separata dal resto della flottiglia da un’ improvvida tempesta, la “Batavia” subì un primo tentativo di sovversione dei ruoli di comando ma Pelseart riuscì a mantenere il controllo della situazione. Ma il 4 giugno 1629 la nave, guidata senza perizia dal primo ufficiale si incagliò sulla barriera corallina a quaranta miglia dalla costa ovest australiana. Il grosso dell’equipaggio e dei passeggeri trovò rifugio su due inospitali isolotti affioranti dal reef, anche se alcuni perirono nel definitivo affondamento della nave.
La replica della Batavia - Photo by Malis
Gli isolotti palesarono immediatamente l’impossibilità di una adeguata sopravvivenza dei superstiti. La scarsezza d’acqua e di cibo indussero il comandante Pelseart a tentare un rischioso viaggio in cerca di aiuto. In trentatre giorni le scialuppe con 48 persone a bordo, compreso il negligente primo ufficiale, raggiunsero Giacarta dove venne organizzato il viaggio di recupero naufraghi..
Ma in quei giorni sugli isolotti si scatenò una lotta fratricida, non solo per la mera sopravvivenza ma anche per la conquista di un potere assoluto dei pochi su tutti gli altri. A capo di questa iniziativa si era posto Jeronimus Cornelisz l’unico ad aver tutto da guadagnare anche da una così poco confortevole situazione.
Grazie alle sue capacità di persuasione si circondò in breve tempo di una quarantina di fedeli compagni disposti a tutto. Abbandonato il progetto iniziale di attendere passivamente gli incerti aiuti il gruppo si strutturò come una sanguinaria oligarchia capace di accentrare nelle proprie mani le poche risorse offerte dalle isole e da quanto rimaneva del “Batavia”. Naturalmente questo costò la vita a quanti rappresentavano un ostacolo o un mancato riconoscimento al progetto di Cornelisz e compagni.
La follia di questo progetto, l’idea stessa di divenire sovrano assoluto di questi remoti lembi di terra, trovò rapido e fatale ridimensionamento nello scontro con alcuni rifugiati sull’isola più remota che capitanati da Wiebbe Haynes riuscirono ad arrestarne la follia e naturalmente non appena la spedizione di soccorso prese terra. Il processo agli ammutinati si tenne sull’isola principale e comportò l’impiccagione di quanti vi avevano partecipato essendo risultato dalle indagini decine di omicidi, stupri, ed appropriazioni indebite.
Una replica della “Batavia”, eseguita con tecniche e materiali del XVII° secolo si trova oggi ancorata nel porto olandese Lelystad poco lontana dal luogo dal quale era partita per il suo tragico viaggio, mentre quanto rimane della “Batavia” originale e di altri reperti di questa folle avventura dell’uomo viene conservato nel Western Australian Museum ( WAM) a Fremantle.
Fabrizio Fattori
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