Tonnare all'Elba
Testo e foto di Alessandro Olschki
Testo e foto di Alessandro Olschki
Facendo, con il dito indice, il consueto e banalissimo movimento per azionare il dispositivo di scatto della “Rolleiflex” non immaginavo proprio che quanto vedevo nel reflex avrebbe avuto una sia pur piccola componente storica. Anno, di grazia, 1954: tarda primavera. Fu l’ultima mattanza che ebbe luogo al ‘Bagno’, località a metà strada fra Procchio e Marciana Marina, all’isola d’Elba.
All’epoca esistevano nella zona due ‘marfaraggi’ (il complesso delle strutture edilizie, di tutti gli accessori e le attrezzature necessarie per la pesca e la lavorazione del tonno): uno, appunto al Bagno e l’altro all’Enfola. Tramite un documentato volume di Rino Manetti ho potuto colmare la mia ignoranza storica per tutto quanto aveva preceduto la mia consuetudine con il cruento, magico e affascinante rito della mattanza. Saccheggiandone il contenuto posso riproporre dati storici che illuminano l’attività della pesca del tonno nelle acque elbane che tanta importanza ha avuto, nel corso dei secoli, sia sotto il profilo economico che sociologico.
Un tonno di oltre tre quintali viene portato a bordo. Mentre in Sicilia i tonni vengono issati con dei ganci (che ne sciupano non poco la carne), all’Elba veniva usata la ‘chiappitella’ un canapo che i tonnarotti infilano nella gargia del pesce formando un’ansa che ne consente il sollevamento |
Nell’inesauribile fonte dell’Archivio di Stato di Firenze esistono molti documenti che si riferiscono alle tonnare elbane: mappe, carte geografiche, disegni e, soprattutto, un consistente numero di bandi e notificazioni che ci permettono di ripercorrere con una certa continuità la nascita e il divenire di questa pesca che ebbe notevole impulso nel Settecento ma che sembra avesse avuto inizio già nel XVI secolo per iniziativa di Francesco I De’ Medici, Granduca di Toscana e quindi probabilmente prima del 1587 anno della sua morte.
È solo dal 1600 che si ha, per altro, una documentazione con un contratto d’appalto del successore di Francesco I, Ferdinando I, che introduceva nelle acque di Portoferraio la pesca del tonno. Gli appaltatori erano l’elbano Giovanni De Carlo e il trapanese Iacopo Pragna. Ecco, quindi, la logica premessa di utilizzare il know-how e la tradizione siciliana per importare all’isola d’Elba una attività estremamente impegnativa sia sotto il profilo tecnologico che per le specifiche conoscenze sul migrare dei tonni.
Le grandi reti con la disposizione delle varie ‘camere’, la loro ubicazione per la pesca di andata e di ritorno, le particolari imbarcazioni necessarie, le indispensabili conoscenze e l’esperienza del ‘Rais’ (il capo), le complesse attrezzature a terra che dovevano servire sia per il rimessaggio delle attrezzature che per l’importante fase di lavorazione del pescato: tutto fu predisposto sia a Portoferraio che al Bagno e all’Enfola.
Le mie immagini ‘storiche’ si riferiscono all’ultimo anno in cui ebbe luogo la mattanza nel golfo di Procchio (1954). Vadi afferma che “nel1956 cessò anche la tonnara del Bagno” ma io, anche in base ai miei ricordi, sono propenso ad accettare la tesi di Manetti che precisa:
La pesca al Bagno è cessata nel 1954, ma la lavorazione del pescato era già cessata nel periodo 1915-18, anni in cui venne trasferita nel marfaraggio dell’Enfola. Considerando il notevole successo dell’ultima mattanza, documentato anche dalle mie immagini, non credo che la cessazione dell’attività al Bagno sia stata dovuta a una poco ipotizzabile scarsità del pescato; sembra che una mareggiata avesse seriamente danneggiato il costoso complesso delle reti e che fossero sorti dei problemi economici. La pesca proseguì, ma per poco, all’Enfola: l’anno successivo fui ancora una volta alla mattanza (ma senza macchina fotografica) e ricordo la fuga dei tonnarotti immersi nella rete della camera della morte quando guizzò velocissimo un grosso pescespada che conficcò la sua asta nel fianco di un barcone, spezzandola.
Sistemazione dei tonni nelle stive dei barconi. Questa mattanza del 1954 ha consentito un gran numero di catture ed esemplari di grossa taglia. |
Anche all’Enfola la pesca cessò, nel 1958, ma il tonno fu ancora lavorato per qualche anno (fino al 1961) utilizzando pesce congelato importato da Norvegia e Danimarca. Nel 1956 lo scrittore e regista Stephen Hearst, che fu nostro ospite sull’isola, girò un documentario per la BBC che ebbe grande risonanza. Il titolo era Elba boomerang; gli aspetti più eclatanti (ma anche quelli più segreti) dell’Elba venivano richiamati tramite il dialogo con un barbiere mentre esercitava la sua professione.
Una delle scene di maggiore significato spettacolare fu proprio la ripresa della mattanza, la penultima che ebbe luogo all’Enfola nel 1957. L’origine della tonnara del Bagno, evidentemente successiva a quella di Portoferraio, è fatta risalire alla seconda metà del XVII secolo dalle notizie ricavate dall’Archivio Storico di Marciana.
Così ne riferisce Manetti:
Nel luglio del 1647, a Poggio, si discuteva e dibatteva di impiantare una Tonnara nel mare a confine tra le due Comunità di Poggio e di Marciana; nel 1655 sembra terminato il dibattito e i relativi contrasti; nel 1658 venne concordata la partizione dei proventi della Tonnara; nel 1663 l’affittuario della Tonnara risultava il capitano Domenico Murzi. Le prime due date si riferiscono ai programmi per impiantare questa attività; le ultime due (e, particolarmente, l’ultima) sembrano testimoniare che tale attività era già iniziata.
La località fu scelta considerando il migrare dei tonni nel golfo che, nella fase di ‘andata’, si trasferivano verso ponente passando vicino alla costa, oltre all’esistenza della spiaggetta indispensabile per collocarvi le necessarie strutture edilizie rimaste tutt’oggi assai simili al passato, sia pur con le trasformazioni di carattere turistico che ebbero inizio, nel dopoguerra, con l’acquisto della struttura principale da parte di Mario Vannini Parenti, illustre personaggio fiorentino dell’epoca.
Il volume di Rino Manetti riporta in dettaglio gli appalti che si sono susseguiti dal 1727 al 1791 e dà notizia degli anni successivi non mancando di ricordare la travagliata fase politica che coinvolse l’Elba dal 1792 per la dominazione francese fino al 1809 quando Napoleone ripristinò il Granducato di Toscana nominando Granduchessa la sorella Elisa. Anche delle tonnare si occupò il condottiero còrso durante i famosi ‘100 giorni’ (dal maggio 1814 al febbraio 1815) che devono essere stati severamente impegnati a giudicare dalle molte e importanti tracce che hanno lasciato sull’isola.
Una incisione ottocentesca di modesta qualità (ristampata nel 1980) fa parte delle numerose iconografie che si riferiscono al soggiorno elbano di Napoleone I
Da uno scritto di Alberto Mori, L’isola d’Elba intorno al 1815 - Popolazione condizioni economiche, costumi si rileva l’attenzione del còrso per le risorse dell’isola che, a fianco del vino (60.000 barili nella annate migliori), provenivano anche dal mare: Prodotti importanti dava anche la pesca, rivolta sia alla cattura dei tonni in due tonnare poste una all’imboccatura del porto di Portoferraio e l’altra al Bagno presso Marciana, sia ad altre attività esercitate soprattutto da pescatori genovesi e napoletani.
Questi accorrevano numerosi a Portoferraio insieme a mercanti di Livorno e degli Stati Pontifici per una imponente fiera del corallo che si teneva a fine ottobre quando, al termine della stagione di pesca, vi concorrevano le barche coralline di ritorno dalle acque della Barberia e della Sardegna. Più oltre, considerando i contraccolpi negativi che le attività dell’isola subirono in seguito all’annessione dell’Elba alla Francia, Mori precisa:
Forse la meno danneggiata fu la pesca, sia perché i cespiti maggiori erano sempre forniti dalle due tonnare di Portoferraio e del Bagno di Marciana (1.300-1.400 q. con ricavo di 240.000 franchi), che, essendo sotto costa, continuarono a essere abbastanza regolarmente impiantate, sia perché i pescatori napoletani poterono proseguire nelle loro attività non essendo molestati dagli inglesi. Che Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena abbia costituito un esempio di buon governo è ormai codificato ma ancor più straordinarie sono le sue ‘Relazioni’ nelle quali documenta con incredibile precisione e dettaglio tutto quanto si riferisce alle sue responsabilità di regnante. Si, anche i tonni hanno la loro parte.
Nel 1769 scrive:
Arrivati a Portoferraio, subito sbarcati si fu al tedeum e a sentire messa nella chiesa arcipretale, la quale è piccola e in cattivo stato. Poi ci siamo rimbarcati per andare a vedere la pesca al tonno. Questa pesca si fa all’imboccatura del porto fuori del golfo di Portoferraio nei mesi di maggio, giugno e luglio. Si gettano delle reti grossissime per la lunghezza di circa due miglia in forma di un semicerchio dal golfo verso terra: queste reti formano un corridore con certe stanze e divisioni e l’ultima è chiusa con un sacco.
I tonni che in quella stagione girano rasente la costa entrano in questo andito e stanze di reti, e di mano in mano i pescatori ne serrano le porte; serrati poi che sono li ultimi, li ammazzano a forza di arpioni di ferro; questo ammazzamento ed estrazione si fanno tre volte la settimana e il giorno che si fu noi se ne prese da venti miliara di libbre. La tonnara è mia e si dà in appalto; il capo di quella pesca presentemente è un genovese, ma gli altri, che sono circa di numero 20, sono tutti di Portoferraio. È appaltata per l’anno, ma vi è chi ne darebbe anche la metà di più.
Dal volume di Rino Manetti, una immagine satirica: Napoleone intento a reclutare tonni per incrementare le proprie truppe
Devo, assai probabilmente, alla nostra consuetudine famigliare con Gustavo Damiani (18941970) e sua moglie Ethel Robertson (18961981), che avevano avuto la concessione della tonnara del Bagno, se mi fu possibile partecipare alle mattanze. I Robertson, di origine scozzese, come il pittore di origine inglese Llewelyn Lloyd (che ha illustrato l’isola con bellissimi quadri nella prima metà del Novecento), si erano stabilmente trasferiti a Marciana. Sempre in tema di tonnare – ma questa volta siamo in Sicilia, nella regione di origine nel nostro Paese per questa particolare pesca – una considerazione.
Forse è la deformazione professionale che mi fa prediligere, in un libro, la prevalenza del testo rispetto alle illustrazioni; non amo, quindi, in modo particolare i ‘libri fotografici’, quelli che gli inglesi definiscono i coffeetable books. Ecco, però, una eccezione che ha per argomento ancora le tonnare. Un recente impegno dello scrittore, biologo e fotografo Domenico Drago, oltre agli ottimi testi, costituisce essenzialmente un libro fotografico ed è un vero e proprio capolavoro perché la grande professionalità dell’autore offre al lettore immagini di una potenza assoluta che fanno vivere il complesso ambiente delle tonnare, anche nei più ricercati dettagli, al di sopra e al di là di quanto qualsiasi testo potrebbe offrire. Un plauso anche all’editore che ha dato lunga vita alle sapienti immagini di Drago con tecnica raffinatissima.
Testo e foto di Alessandro Olschki
HDS NOTIZIE N. 23 - Giugno 2002
In allegato il testo originale dell'articolo e riferimenti storico-bibliografici
In copertina l'ultima mattanza al Bagno, sullo sfondo il golfo di Procchio
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