Storia del costume da bagno
La rivoluzione della moda in spiaggia
La rivoluzione della moda in spiaggia
Il XX secolo è considerato, a tutta ragione, quello in cui si sono succeduti i più grandi cambiamenti rispetto a qualsiasi altro secolo.
Piccole e grandi rivoluzioni a tutti i livelli hanno modificato radicalmente il modo di vivere e di pensare. Scienza, tecnica, costume, società, ambiente: la vita ha subito modifiche sostanziali, che sorprendono soprattutto se si pensa che questo processo è avvenuto in soli cento anni.
Dall’uomo sulla luna a Internet, la rivoluzione è passata anche attraverso le abitudini quotidiane della gente comune. Naturalmente, in un panorama a 360° gradi, non poteva mancare di avere un ruolo fondamentale un fenomeno volubile e in continua evoluzione come quello della moda.
All’interno di questo più ampio fenomeno, uno spazio importante è occupato dal costume da bagno la cui evoluzione, nel nel corso dell’ultimo secolo, ha rappresentato in modo netto e significativo la trasformazione del pensiero e la progressiva liberalizzazione dei costumi e delle abitudini sociali.
In un excursus sulla storia di questo particolare capo di abbigliamento, si scoprono curiosità e storie legate alla scoperta dei bagni in mare, alla nuova e piacevole abitudine della villeggiatura, fino all’invenzione del bikini e all’invasione sulle coste italiane dei cosiddetti tipi da spiaggia.
Mosaico III sec. D.C. - Piazza Armerina - Sicilia
La storia del moderno costume da bagno affonda le sue radici in un passato che appare remoto: esiste, infatti, un mosaico romano che risale al III sec. d. C. a Piazza Armerina in Sicilia, raffigurante una dozzina di donne che giocano, abbigliate con indumenti che ricordano in modo inconfondibile il moderno bikini: fasce o bende a due pezzi senza spalline.
Questo fatto potrebbe forse togliere un po’ di significato ai decantati cinquant’anni di storia del bikini celebrati nel 1996. Ciò che tuttavia rende affascinante la storia recente del costume, è il velocissimo processo di riduzione, in termini di misura, che ha caratterizzato l’abbigliamento da bagno durante il secolo scorso.
Fino al 1900
Per tutta l’antichità resta poco diffusa la pratica di immergersi in mare. Sono frequenti le abluzioni alle terme o alle stufe, ma senza utilizzo di particolari abbigliamenti. Medioevo e Rinascimento non introducono cambiamenti significativi: ci si immerge generalmente senza vestiti, salvo qualche mise da bagno documentata fin dal 1400, caratterizzata da corpetto con spalline e gonna, a volte completata da un turbante.
Dal 1750 a Parigi si diffonde la moda dei bagni, sia che questi avvengano in laghetti o fiumi, sia che si tratti di benefiche immersioni in mare. E’ in questo periodo infatti che prende il via l’abitudine di spostarsi sulle coste della Normandia o della riviera mediterranea per godere delle salutari proprietà dell’acqua di mare. Viene creato per l’occasione un abito con corpetto e calzoni, in tela spessa da marinaio, sovrapposto spesso da una grande gonna che inevitabilmente a contatto con l’acqua si gonfia come un pallone.
Con l’arrivo del XIX secolo le donne si immergono in mare e lo fanno avvolte in abbondanti mantelli chiusi al collo. Le bagnanti giungono in spiaggia dentro a cabine fornite di ruote o tende in cui si cambiano d’abito. Nella seconda metà dell’Ottocento l’abbigliamento da spiaggia è ancora molto castigato. Quando non ci si immerge, o appena si esce dall’acqua, si sta in spiaggia con leggeri abiti da città, di colore chiaro, con tanto di guanti e parasole, per proteggersi dai raggi ed evitare la tintarella, caratteristica delle classi inferiori.
Brevi esposizioni al sole, per scopi terapeutici, vengono consigliate dai medici solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. I costumi da bagno sono caratterizzati da pantaloni gonfi, al polpaccio, completati da un abito lungo fino al ginocchio, stretto in vita e dalla gonna ampia. Le calzature, sopra alle lunghe calze nere, sono scarpine allacciate, e il capo è protetto da cuffiette. Subito dopo il bagno, per restare al riparo da sguardi indiscreti, le bagnanti infilano ampi accappatoi, forniti di cappuccio.
Negli anni settanta del XIX secolo gli abiti si accorciano leggermente e le gonne delle sopravvesti si fanno meno ampie. I completi si arricchiscono di nastri e spighette bianche e blu secondo la moda alla marinara, con il collo rettangolare sul dorso. Il tessuto più usato è la flanella. Nel frattempo le spiagge si attrezzano, le cabine diventano fisse e compaiono le prime poltrone in vimini a nicchia. Verso la fine del secolo compaiono le prime magliette a righe bianche e blu, i decori con oggetti marinari, fino alle decorazioni e ai fronzoli che accompagnano gli ultimi anni dell’Ottocento. Maniche a sbuffo e bustini sotto il costume per mettere in evidenza il vitino sottile, gonnellini a campana, pantaloni più aderenti o alla zuava, il tutto confezionato in sergia (stoffa diagonale) di lana, il tessuto più diffuso, in genere nei colori blu, nero e rosso. Le scarpine sono più leggere e traforate per lasciare passare l’acqua, munite di lunghe stringhe da allacciare intorno alla caviglia, mentre in testa furoreggiano foulards in tessuto impermeabile da annodare sopra alla testa.
Dal 1901 al 1930
La tenuta da bagno non subisce cambiamenti significativi tra il 1900 e il 1920: gli abiti si accorciano leggermente, le calze non vengono più necessariamente indossate e vengono di poco ampliate le scollature. I colori diventano più chiari, compaiono le prime camicie da bagno, simili a camicie da notte bianche. Si diffonde la linea “Impero”, senza tagli in vita. Nel frattempo diventa una consuetudine il soggiorno estivo al mare.
Questo nuovo tipo di villeggiatura, che si affianca alla tradizionale campagna, comporta anche nuove attrezzature da spiaggia e la comparsa dei primi stabilimenti balneari. Rimini, Viareggio e il Lido di Venezia diventano famose in questo periodo. Anche la cura del corpo e la cultura dei bagni di sole e di mare si impone, e le attività sportive all’aperto richiedono abbigliamenti adatti, comodi e pratici. Compaiono costumi interi e lunghi pagliaccetti aderenti.
Gli esperti di moda dell’epoca raccomandano fatture che non infagottino la figura, realizzate con tessuti di ottima qualità che non scoloriscano nell’acqua. Da evitare i modelli già pronti, meglio realizzare in casa il vestito da bagno procurandosi buona stoffa, in genere lana blu, nera, bianca o rossa, e gli eventuali decori. La lana continua a essere preferita rispetto al cotone in quanto, essendo più pesante, una volta bagnata non aderisce al corpo e non diventa trasparente.
Negli anni Dieci, gli itinerari termali vengono preferiti al mare. E’ l’epoca di Salsomaggiore, Fiuggi, Montecatini, Aix-le-Bains. L’abbigliamento è lo stesso sfoggiato al mare. Lino bianco a profusione per le signore, con abbondanza di merletti, ricami e rouches, il tutto accompagnato da cappelli pieni di fiori e di nastri e dall’immancabile parasole bianco, in perfetto stile Belle Époque.
Per il nuoto fanno la loro comparsa le prime cuffie da bagno sportive, simili a quelle attuali. Si diffonde l’uso della maglia per la confezione dei costumi, mentre la cintura scende sui fianchi. L’abbronzatura non è più condannata.
Nel corso degli anni Venti molti dei vincoli legati alla moda si sciolgono. Costumi da bagno più ridotti si caricano di nuovo significato quale espressione di una ritrovata libertà femminile.
1920
I costumi degli anni Venti sono costituiti da corte gonnelline in taffetas con la cintura sui fianchi oppure atletici costumi da nuoto in jersey di lana, sfiancati e aderenti, senza maniche, sempre abbinati a calzoncini shorts che arrivano a metà coscia o a corte coulottes.
I costumi atletici, sul modello della nuotatrice Annette Kellermann (da cui prendono il nome), smanicati e leggermente scollati in tondo sia davanti che sul dorso, sono disponibili in nero o in colori base, spesso con disegni geometrici tipo strisce o moderno design astratto. Le donne proteggono le loro acconciature a caschetto indossando cappellini di piquet bianco o cuffie da bagno.
1930
Con la ritrovata passione per il sole e per il mare le spiagge si coprono di ombrelloni e in mare si prende il largo sui pattìni. Grandi sarti e couturiers di alta moda disegnano modelli di costumi in seta e tessuti pregiati.
Su tutto domina la semplicità, ma accompagnata da una grande eleganza. E’ il pigiama la novità balneare della fine degli anni Venti: larghi pantaloni lunghi e morbidi, portati con bluse senza maniche, cinture a fascia allacciate in vita e giacche. I capelli sono corti, spesso coperti da fazzoletti che coprono la fronte annodati dietro il capo.
1930
Gli anni Trenta propongono costumi mascolinizzati per il nuoto: maglia lunga in tricot a tinte scure a cui vengono abbinati calzoncini allacciati in vita da una cintura. Per la cura del sole invece si prediligono costumi in taffetas o in seta a tinte chiare. Domina il bianco e blu. Si trovano spesso coordinati di giacca e borsa da spiaggia in spugna con decori marinari e si moltiplicano i pigiama in mille varianti e tonalità. Esplode la moda della cintura Valaguzza, un sofisticato accessorio costituito dalla cintura in lana corredata da una fibbia capace di contenere specchietto e trousse da trucco, ed eventualmente anche le sigarette.
La magica cintura consente alle signore veloci toilettes per rinfrescare il trucco anche in mezzo ai flutti. Le spiagge italiane si affollano. Rimini, Bellaria e Riccione, diventano mete turistiche di rigore. Ma un po’ in tutta Italia le spiagge si riempiono di bagnanti e di turisti: dalla Versilia a Positano, dalla Liguria a Capri e Ischia, dalle coste dell’Istria fino a Fregene, Ladispoli, Fiumicino, le vacanze autarchiche degli italiani prediligono le nostre coste.
Dal 1931 al 1945
Nel frattempo le idee naturiste sui benefici del sole e dei suoi raggi, fanno ridurre ulteriormente la stoffa con cui vengono confezionati i costumi da bagno e da cura del sole.
Le scollature sulla schiena si ampliano, e dal 1932 i pantaloncini si staccano del tutto dal corpetto. I costumi, realizzati in jersey o Lastex, aderiscono al corpo slanciando la figura, si diffonde la moda del pareo, da portare lungo o corto, indifferentemente. Dal 1937 i costumi, ormai in tessuto di seta elasticizzato, sono sempre più spesso costituiti da corti pantaloncini legati in vita e reggiseno.
Le fantasie che vanno per la maggiore sono colorate stampe a fiori, mentre si diffondono le vestaglie da portare sopra il costume: lunghe e ampie, fatte a redingote con cintura in vita. Con gli anni Quaranta si assiste a una moda condizionata dalla guerra e dalla scarsa reperibilità di tessuti di buona qualità. La fantasia cerca di supplire a queste mancanze. Compaiono così vestagliette più corte, decorate con ritagli di stoffa, e ingegnose guarnizioni fai da te.
Dal 1946 al 1960
La grande rivoluzione arriva nel 1946, ad opera dello stilista svizzero Louis Reard con il lancio del sarto francese Jacques Heim: a Parigi infatti, fa la sua comparsa il bikini. La ridotta mutandina che lascia scoperto l’ombelico, provoca un autentico choc. Ci vorranno anni e bagnanti audaci e coraggiose prima che il bikini entri nell’abbigliamento comune da spiaggia.
Intanto si vedono i primi pantaloni alla pescatora, i grandi cappelli di paglia, fusciacche e sciarpe, in una profusione di tessuti a pois, a quadrettini, ornati con spighette o sangallo.
Gli anni Cinquanta vedono ancora il veto ai succinti costumi due pezzi. Il bikini è ancora bandito e spesso il suo uso in luogo pubblico viene punito dalle forze dell’ordine per oltraggio al pudore. La moda ufficiale propone prendisole al ginocchio, bustini doppiopetto con gonnelline a godet.
Il costume più diffuso è intero, con gonnellino stretto e aderente. Torna la spugna, in particolare per le giacche-accappatoio.
A Capri si vedono i primi shorts, con camicette annodate al giro spalla, e pantaloni alla pescatora.
Le formose signore degli anni Cinquanta usano costumi interi fascianti, con scollature a cuore e sostenuti da stecche.
I tessuti usati sono rasatello e popeline, mentre le giacche a tunichetta da portare sopra i calzoncini corti sono in piquet, spesso a righe verticali che slanciano la figura.
L’eleganza storica di posti come Capri e Portofino, impone una moda semplice, ma di grande classe.
Bermuda al ginocchio, casacche con cappuccio, e in testa, per il bagno, turbante di spugna o cuffia di petali di gomma, di gran moda alla fine degli anni Cinquanta.
I sandali sono di paglia o di pelle ma furoreggiano anche le ballerine basse. Grandi camicioni infine sono usati anche per cambiare il costume in mancanza della cabina.
Dal 1961 ai giorni nostri…
I favolosi Sessanta iniziano senza portare grandi cambiamenti. Baby-dolls, costumi interi, fantasie a quadrettini lanciate dai bikini che Brigitte Bardot indossa a Saint Tropez fanno la loro comparsa sulle spiagge.
La nuova moda optical si ripercuote anche nelle fantasie dei costumi. I bikini hanno reggiseni imbottiti e slip allacciati sui fianchi, con ricami, perline, tessuti a uncinetto. Impazzano le fantasie di Emilio Pucci su borse, copricostume e bikini. La novità è la rivoluzionaria Lycra (marchio depositato dalla Du Pont), che garantisce aderenza al corpo e che asciuga velocemente. Il decennio dei Sessanta è da ricordare anche per lo scandalo, in America, suscitato dal primo topless, o monokini, indossato per la prima volta nel 1964 da una ragazza americana sul Lago Michigan.
La moda degli Hippies e dei figli dei fiori influenza gli anni Settanta. Costumi ridotti, reggiseni a triangolo, senza imbottiture o strutture particolari, indossati con sandali dalla zeppa in sughero altissima, e pantaloni a zampa di elefante.
Arriva anche in Italia la moda del topless, dapprima suscitando scandalo e denunce poi entrando nelle abitudini comuni delle spiagge italiane. In una progressiva riduzione delle sue dimensioni, il costume da bagno arriva sino ai giorni nostri, tra revival di stili, costumi interi, olimpionici e bikini, in una sfilata di modelli che ogni anno, con l’arrivo dell’estate, si rinnovano.
Il resto è dei giorni nostri.
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