Nel 2000 venne pubblicato un libro sulle eccentricità di alcuni personaggi siciliani, e non solo, che vivevano beatamente al di fuori di quel centro che assimila molta parte dell’umanità. Gente di terra e di mare profondamente legata più che ai luoghi a quella complessa cultura da essi generata nel corso dei secoli.
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L’autore, Stefano Malatesta, viaggiatore e giornalista, esordiva i suoi racconti descrivendo il particolare legame esistente tra un cane ed il mare delle Eolie, che deve averlo profondamente colpito al punto da dare il titolo a tutto il libro. Nelle isole spesso la presenza dei cani è parte del paesaggio. Cani che vivono liberi al margine delle comunità locali, popolando porticcioli e calette , in attesa di una carezza o di un rimasuglio di pesce.
Ma il nostro cane aveva portato la sua autonomia al massimo livello ed era riuscito ad imporla a tutti al punto che gli era facile praticare quello che sembrava essere il suo maggiore interesse : navigare tra le isole dell’arcipelago. Non sollecitava carezze e a volte rifiutava sprezzante anche il cibo che qualche pescatore gli offriva. Aspettava paziente sui moli di Lipari riconoscendo il rumore dei motori, e distinguendo il tipo di imbarcazione sul quale poteva salire indisturbato.
Evitava gli aliscafi e aspettava paziente i piccoli traghetti locali. Dopo qualche tempo la sua presenza venne facilmente tollerata da tutti gli equipaggi e accettata dai turisti di passaggio anche se la mole, il colore e la non particolare socievolezza, avevano sollevato, all’inizio di questa attività di viaggiatore impenitente, qualche perplessità. Saliva su un isola e discendeva su un’altra, sparendo frettolosamente verso l’interno non appena sbarcato, per poi ritornare e porsi in attesa del successivo traghetto.
Passava così il suo tempo, alternando viaggi per mare a lunghe passeggiate campestri. Nessuno sapeva bene quale fossero le sue frequentazioni certo è che più che un capo branco amava essere un solitario avventuriero dei mari. Sui traghetti trovava il suo posto a poppa tra i bagagli e rimaneva accucciato respirando i refoli di aria salmastra che il procedere dell’imbarcazione portava al suo attentissimo naso. Trascorse così la sua vita completamente immerso in questa attività al punto di diventare una attrazione del posto, come un paesaggio, una caletta o uno dei tanti pescatori. Lo videro dal porto, per l’ultima volta tuffarsi, inspiegabilmente in acqua, e nuotare a largo, poi voltarsi per un’ultima occhiata all’isola ed inabissarsi.
Fabrizio Fattori
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