Plastica o pesci
Di Fabrizio Fattori
Di Fabrizio Fattori
Uno studio della Fondazione Ellen Mac Arthur, effettuato al margine del “World Economic Forum” tenutosi a Davos lo scorso 2016, avente per oggetto l’impatto della plastica sugli ecosistemi con particolare riguardo agli oceani, ha evidenziato come nel corso di pochi decenni gli oceani saranno saturi di frammenti di plastica al punto da superare in quantità gli esseri che vi vivono.
Già oggi la stima sulle quantità di plastica presente negli oceani rimanda ad un dato allarmante. Sono, infatti centinaia di migliaia le tonnellate fluttuanti sotto forma di oggetti e particelle più o meno piccole, accorpate in cinque grosse isole galleggianti nei punti di incontro delle correnti oceaniche. Se consideriamo che la produzione di imballaggi di plastica è destinata ad aumentare nei prossimi anni e che una percentuale del 35% finisce negli oceani, lo scenario prevedibile non è così distante da quanto sopra indicato.
Il riciclo della plastica è ancora molto basso (5% circa) e scende spaventosamente in quei paesi dove ancora risulta non matura una coscienza ecologica dove cioè l’esigenza di uno sviluppo economico si pone come prioritaria rispetto ai problemi dell’ambiente. L’assenza di recupero porta ad uno spreco quantificato tra gli 80 e i 120 milioni di $ l’anno.
Oltre a questa mera valutazione economica il problema coinvolge l’uomo quale terminale di una catena alimentare, oltreché come essere vivente partecipe di un ambiente in trasformazione, e ancora all’oscuro dei possibili effetti che tali fenomeni possono produrre sulla propria salute. La plastica non solo determina la morte della fauna marina sotto e sopra gli oceani ma altera i processi alimentari e riproduttivi innescando un degrado al quale risulta urgente porre rimedio.
Un invito caloroso a ridurre la produzione è stato rivolto dagli studiosi alle industrie di imballaggi orientandone anche la ricerca verso materiali biodegradabili, oltre a stimolare le istituzioni locali ed i singoli cittadini a comportamenti più virtuosi, dove la raccolta ed il riciclo all’origine costituiscano il presidio principale nell’abbattimento del fenomeno. San Francisco, ad esempio, ha bandito l’uso di bottiglie di plastica incentivando l’uso di acqua del rubinetto.
A livello ambientale è stato auspicato un maggior intervento sulle fasce costiere, in specie lungo gli estuari dei grandi fiumi, dove maggiore è la concentrazione dei residui, anche con l’impiego di barriere galleggianti, ancor prima di affrontare lo smaltimento dei grandi giacimenti fluttuanti a largo degli oceani.
Alcuni progetti sono stati realizzati e sembra che siano in grado di dare buoni risultati.
Inventori del Sussex hanno messo a punto una veicolo galleggiante ( Sea Wax System) a propulsione eolica e solare capace di filtrare, in completa autonomia, 90 milioni di litri d’acqua all’anno e di smaltire 24 mila tonnellate di residui plastici. Su questa ipotesi di funzionalità occorrerebbero circa 10 anni per risolvere il problema.
In Olanda è stato collaudato un meccanismo capace di sfruttare le correnti e le onde del mare e di raccogliere materiali grazie ad una barriera galleggiante.
E’ imminente la partenza di una equipe di scienziati che a bordo di un trimarano raccoglieranno ulteriori conoscenze sul fenomeno indicando soluzioni studiate sul campo.
Fabrizio Fattori
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