Le Vaquitas, le ultime focene della baia California
Di Fabrizio Fattori
Di Fabrizio Fattori
La millenaria cultura cinese malgrado i passi giganteschi degli ultimi anni che l’hanno proiettata nell’ambito ristretto delle culture egemoni del pianeta, non riesce ancora a trovare il giusto equilibrio con il suo passato e le sue tradizioni.
In particolar modo la medicina tradizionale, ancora fortemente praticata in alcune isolate regioni del paese, e non solo, richiede elementi terapeutici naturali considerati insostituibili, andando così ad alimentare un mercato clandestino di derivati animali e vegetali, come pelli, ossa, peli, grasso ed altro. Questo mercato produce un inevitabile impoverimento della fauna e della flora con conseguente allarme delle organizzazioni ambientaliste costrette a monitorare non solo gli usuali elementi di rischiosità, come l’inquinamento, il cambiamento climatico ed il conseguente mutamento repentino degli ecosistemi, ma anche comportamenti predatori connessi ad una economia senza scrupoli.
Un esempio tra i tanti riguarda la vaquita, (phocoena sinus) una rara specie di focena il cui habitat è concentrato nella parte settentrionale della baia California. Alcune recenti stime ne danno solo pochi esemplari sopravvissuti (20/30) destinati a diminuire velocemente ad un tasso di decrescita del 40% annuo, a causa della pesca illegale e delle inefficaci politiche di protezione messe in atto dalle autorità messicane.
Le vaquitas non sono minacciate direttamente ma lo sono in quanto prede accidentali dei pescatori locali che con le loro reti mirano alla cattura dei Totoaba, pesci, a loro volta in pericolo di estinzione, la cui vescica natatoria vale sul mercato cinese migliaia di dollari (tra i 20.000 e i 50.000 $ al Kg). Le politiche protezionistiche articolate dal governo messicano che comprendono una istituzione di un’area protetta nel mare di Cortez, tentativi, sfortunati, di tutela in ambienti artificiali, ed una sovvenzione ai pescatori locali, per altro di poche centinaia di dollari al mese, insufficienti ad arrestare la pesca, dichiarata totalmente illegale già da molti anni.
Questo piccolo cetaceo, non più lungo di un metro e mezzo, e dalle sembianze particolarmente accattivanti, ha attratto una larga fetta dell’opinione pubblica mondiale sensibile ai temi ecologici che ha promosso, coordinate del WWF e da altre associazioni, varie iniziative di sensibilizzazione dei soggetti interessati con lo scopo di arrestare definitavemente il fenomeno.
Un progetto è allo studio e prevede l’utilizzo di delfini addestrati con lo scopo di facilitare la conduzione e la permanenza delle vaquitas nelle zone sottoposte a stretta protezione.
Sull’altro fronte, purtroppo sembra complesso sovvertire le credenze tradizionali cinesi, ma è augurabile che la forte pressione internazionale ed il confronto con le culture occidentali, inneschi un cambiamento ed arresti i fenomeni di impoverimento ambientale che riguarda, per altro, anche altre e diverse specie animali.
Fabrizio Fattori
Foto tratta da Alternative Daily
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