La Ritina di Steller (Hudrodamalis Gigas)
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Agenzie specializzate e ricercatori, quasi quotidianamente, lanciano allarmi sul pericolo di estinzione di specie animali e vegetali, denunciando così come l’invadenza dell’uomo contribuisca enormemente alla scomparsa anche di specie conosciute da secoli.
Un caso emblematico riguarda la scoperta e la successiva definitiva scomparsa di un grande mammifero marino consumatasi all’interno di un solo ventennio. Nel 1741 la nave “San Pietro”, al comando di Vitus Bering, in navigazione nelle fredde acque delle isole Aleutine, sorpresa da una terrificante tempesta fece naufragio e venne spiaggiata su un’isola deserta.
L’isola che, successivamente prese il nome dal capitano Bering, non offriva molte varietà alimentari e costrinse l’equipaggio a valorizzare ogni singola risorsa.
Lo scheletro del Hudrodamalis Gigas conervato presso il Finnish Museum of Natural History
Le intense ricerche, stimolate da una fame sempre incombente, spinsero i superstiti ad interessarsi ad un animale sconosciuto, divenuto presto, oltre che fonte di cibo, anche oggetto di approfondimenti scientifici, soprattutto grazie alla presenza di Georg W. Steller medico - naturalista della spedizione.
I tratti di mare prospicienti lo sbocco di ruscelli erano frequentati da grossi animali marini lunghi anche dieci metri e pesanti parecchi quintali, con una circonferenza all’addome di diversi metri. Sembravano essere il risultato di una fusione innaturale tra foche, pesci, bufali e cavalli, o almeno così si deduce dalle accurate descrizioni del naturalista. Sul petto si evidenziavano oltre a due capezzoli, anche due rozze articolazioni che gli consentivano di strappare dal fondo le alghe loro nutrimento abituale. La potente pinna caudale orizzontale lo rendeva simile ad altri cetacei come balene o delfini, ma la parte restante del corpo li caratterizzava come un esemplari completamente originali.
La pelle, nera o nero-grigia, che ricopriva l’intero corpo era la loro caratteristica distinguente, molto robusta e avvolgente una seconda pelle, bianca e altrettanto coriacea, al di sotto della quale si trovavano abbondanti strati di grasso e i fasci della potente muscolatura.
Una riproduzione del Hudrodamalis Gigas
Dai racconti sappiamo che la cattura risultava particolarmente agevole solo disponendo di imbarcazioni leggere e veloci e di arpioni e lunghe corde. Attrezzature, fortunosamente, in possesso dei naufraghi che trassero da queste prede il sostentamento necessario a progettare una via di fuga. Carne e grasso stivati in quantità nell’imbarcazione recuperata dal naufragio consentirono la felice conclusione di questa avventura.
Successive ricerche consentirono di riscontrare la “Rhytina di Steller” con definizioni locali come “mangia erbe”, “vacca marina” o la “Morskaja-Korowa” dei russi.
Le peculiarità di questa specie, il forte pellame, utilizzato anche come fasciame per imbarcazioni, la carne nutriente e capace di debellare lo scorbuto, e il grasso abbondante esposero questi mammiferi ad una intensa caccia, che unitamente all’alterazione della catena alimentare lontre-ricci di mare-alghe ne decretò in breve tempo la scomparsa.
Sembra che l’ultimo esemplare sia stato ucciso a fucilate da un cacciatore russo nel 1768. Successivi avvistamenti non hanno mai dato con certezza l’esistenza superstite della specie.
Fabrizio Fattori
In copertina: Steller's Sea Cow-Hydrodamalis gigas da theworldofanimals.proboards.com
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