Subacquea: il relitto del piroscafo SS La Foce
di Andrea ''Murdock'' Alpini

di Andrea ''Murdock'' Alpini
È il 18 dicembre 1943 nel Golfo Genova e il convoglio militare composto dai caccia sommergibili UJ 2208, UJ 2211, dalle chiatte Alma e Georgia nonché dal piroscafo italiano ma passato in mani tedesche, SS La Foce, è attaccato dal sommergibile inglese HMS Universal (P 57).
Sono le 10 del mattino quando i fumi di scarico del piroscafo sono avvistati dalla marina della Corona, inizia la fase di osservazione. Quarantaquattro minuti più tardi inizia il primo attacco ma è alle undici e venticinque minuti che da una distanza di circa 900m l'HMS Universal lancia quattro siluri, di cui due vanno a segno e sventrano la chiglia de La Foce affondandola davanti a Chiavari con il suo carico di munizioni.
HMS Universal (P57) port side on October 16, 1943 while steaming in Algiers Harbor - US Navy - US National Archives, College Park, Maryland USA
Il Comandate Cecil Gordon inizia la manovra di immersione fino alla quota di trentacinque metri per cercare di evitare le quarantatre cariche di profondità che i due UJ tedeschi rilasciano dalle ore 11.30 per i quaranta minuti successivi all'attacco. L'Universal resta in scacco per diverso ore ma non sarà mai localizzato. Troverà la sua fine nel giugno del 1946 al termine della Guerra, quando sarà smantellato nei cantieri di Milford Haven, in Galles, per recuperarne il ferro.
Il piroscafo SS La Foce nave a vapore con sistema propulsivo a triplice espansione e una sola elica è stato costruito presso i cantieri Navali Nicola Odero e C. di Sestri Ponente nel 1921. A oggi porta sul fondo del Mar Ligure i corpi di diciotto persone dell'equipaggio mentre trentuno furono i superstiti di cui undici persone dell'equipaggio e venti artiglieri impiegati nella contraerea.
L'acqua è spesso nebulosa su questo relitto e la visibilità che si incontra ne è ridotta di conseguenza. L'immersione che ho effettuato ieri su La Foce era mirata alla documentazione dello stato di conservazione di questo scafo che è stato molto lavorato dai palombari negli anni addietro. Le immersioni su questo scafo non molto comuni data la fama di visibilità zero che spesso si trovano sulla costa del levante ligure e che accompagnano il relitto.
Il relitto del piroscafo La Foce - Foto di Andrea Alpini
La superficie blu cobalto, l'acqua pressoché ferma: inizia la discesa. I miei compagni di team effettuano i controlli a pelo d'acqua mentre inizio, come da accordi, a far scorrere la cime nel palmo della mano sinistra qualche minuto prima di loro. Fisso alla linea un paio di bocche di lupo per lasciare un po di attrezzatura, bombole e infine in profondità anche la "casa base" il nome affettivo con cui chiamo la mia lampada stroboscopia. Intono ai -55m la coltre di sospensione si fa più densa. Mi è già capitato diverse volte di trovarmi in situazioni similari per poi scendere ancora di qualche decina di metri e trovare in relitto in buone condizioni di visibilità. È così anche oggi.
Il piroscafo La Foce mi accoglie con un branco di dentici di modeste dimensioni, qualche aragosta in bella vista e soprattutto un campo visivo sull'orizzontale di almeno sette/otto metri che, per il contesto è quasi caraibico. La luce è purtroppo schermata dalla cappa soprastante, i colori sono pressoché piatti e saturi nella tonalità del grigio/bruno, anche i fari arrivano fin dove riescono. Approccio lo scafo sul lato di sinistra, sopra il cassero collocato verso poppa, a quota -67m. Il castello è organizzato su due livelli sovrapposti di cui quello inferiore delimitato una bella battagliola a losanghe longitudinali.
Purtroppo la nave sta implodendo su stessa, il cassero è accartocciato, impensabile una penetrazione. Le lamiere sono affilate, spezzate, irregolari e le aperture che consentivano l'accesso oggi non sono più tali, sono solo dei pertugi impenetrabili. Guardando verso poppa le lastre di ferro sfondano verso il fango del fondale per scomparire in una nuvola opaca di fango. Guardo giusto oltre la metà, non vado oltre.
La sala macchine è divelta dai lavori che furono compiuti per recuperare il ferro, il moncone di poppa, ricoperto da una pesante rete a strascico è poco oltre, non mi dirigo nemmeno poiché è rimasto ben poco da vedere. Sul ponte di coperta, a sinistra dell'innesto del fumaiolo si trova un malinconico pattino perso da uno strascicante.
Il relitto del piroscafo La Foce - Foto di Andrea Alpini
Il fumaiolo all'interno ha una struttura stellare che rende interessante questo manufatto apparentemente semplice, la tessitura interna che fungeva da rinforzo della canna, oggi accompagna lo sguardo fino alla sommità tagliata della lamiera che forma un ricciolo simile alla sezione di un nautilus. Tutt'attorno una serie di elementi molto concretizzati dalla presenza di ostriche rendono più o meno riconoscibile ciò che gli occhi vedono. I bivalvi ricoprono come un tappeto l'interna architettura della nave rendendola quasi omogenea, celandone le specificità.
Proseguendo verso prua decido di seguire la murata di sinistra che frastagliata si interrompe bruscamente in un vuoto. Qui una vecchia cima piuttosto robusta porta al troncone prodiero. Sono circa dieci le pinneggiate che separano i due lembi di relitto, al di sotto si apre una distesa di fango che ingloba anche i proiettili trasportati dalla SS La Foce al momento dell'affondamento. Quel che resta della prua è una porzione di scafo inclinata di circa quarantacinque gradi, sbandata a dritta. Il tagliamare appare verticale, dritto e acuminato.
Le murate son anch'esse verticali, non hanno alcuna particolarità di linea, rispecchiano la pulizia formale e la struttura semplice ma composta di una nave merci di quasi un secolo fa. La coperta è punteggiata da alcune bitte e quel che resta dei verricelli. Nonostante la buona visibilità riconoscere gli elementi qui è arduo, gli strati di fango si stanno sedimentando sempre più nascondendo alla vista le componenti di maggior interesse.
Il relitto del piroscafo La Foce - Foto di Andrea Alpini
Poco prima che la prua si si tagli di netto, a quota -76m appare una piccola edicola, vista posteriormente sembra addirittura una "casetta" per come è composta. Sulla sommità ha un pezzo piuttosto interessante, impossibile definire cosa sia stato in origine, forse si trattava di una luce di segnalazione oppure di un faro utilizzato per illuminare la prua durante i lavori notturni. Voltando lo sguardo verso la parte esterna, quella rivolta in direzione del cassero per intenderci, noto che l'edicola è completamente aperta, priva di qualsivoglia portellone. Essa conduceva sotto coperta ai compartimenti in cui erano stivate le attrezzature utili all'ormeggio e alla cala dell'ancora per stare alla fonda.
È ora di rientrare verso in direzione "casa basa", ripercorro la cima che conduce verso sud guardando la prua adagiata in una nube di anthias rossastri. Quando approccio il castello di comando la visibilità sembra essere ulteriormente migliorata, in realtà più passa il tempo e più gli occhi si adattano alle tonalità e alla luce. Spendo gli ultimi sei minuti nel focalizzare le maniche a vento, anch'esse squadrate, essenziali più che minimali.
La Foce era una nave da lavoro, chi andrà a cercarla non troverà nulla di eclatante da cui essere colpito se non il prezioso fatto di poter osservare dal vivo una pagina di storia di una nave italiana, requisita dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Piroscafo La Foce è un relitto che a tutto titolo può e deve essere inserito nella trilogia delle esplorazioni delle altre navi con cui era in pattuglia: l'UJ2208 che oggi giace spezzato in due parti a quota -103/-107m e l'UJ2211 conosciuto invece come il Vapore di Prà.
Quando è ora di risalire sono già trascorsi 36 minuti di fondo. Durante la decompressione qualche solitaria palamita passa a rompere l'attesa da un respiro e il silenzio che ne consegue.
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