Immersioni in miniera: I see a darkness
Testo, foto e video di Andrea Murdock Alpini

Testo, foto e video di Andrea Murdock Alpini
E così sono ancora qui, di nuovo a Felicitas, nel nero dell'ardesia della miniera, in Germania.
Siamo partiti nella notte.
Finalmente è tutto pronto, dopo un lungo mese di pianificazione, di incontri online, di permessi di lavoro accordati in Italia e all'estero per le richieste di espatrio. Il supporto di Nautica Report da una parte e della Miniera dall'altra mi ha permesso di muovermi al meglio. Articoli da scrivere all'orizzonte e nuove storie da raccontare, nuove avventure da documentare e filmare mi aspettano nei prossimi giorni.
Le regole in Germania sono molto stringenti in questo periodo. Passeremo cosi l'intero periodo di quarantena, nel completo rispetto delle leggi locali, isolati in miniera per dieci giorni. Oggi abbiamo allestito il campo base in una piccola stanza dell'hangar: brande, sacchi a pelo, cucina da campo. All'ingresso abbiamo sistemato le attrezzature subacquee, come sempre.
Siamo da soli nel bosco di larici e betulle. È tutto così surreale, così ovattato.
Al ritorno in Italia ci aspetta una nuova quarantena di una settimana, ma intanto qui in Saureland, seppur stravolti dal viaggio con oggi inizia un nuovo percorso nel nero d'ardesia. Ho lasciato questo luogo l'estate scorsa sognando di tornarvi; dopo tante peripezie burocratiche il sogno di questa piccola guarnigione di avanguardisti, oggi si è avverato.
Ora smetto di scrivere, rimetto i guanti, il vento sibila il suo nome.
Il tedesco è una lingua romantica, antica ma anche dura.
GIORNO 2
Ieri non ci siamo fatti mancare proprio nulla.
Dopo una lunga giornata siamo usciti al chiaro di luna con il frontalino in testa per andare a camminare lungo i vecchi rami asciutti della miniera di ardesia.
Nel buio di giorno, al chiaro di stelle la notte.
Ci siamo seduti di fronte all'acqua che ha invaso un ramo, un'antica salita di emergenza usata dai minatori. Qualche filosofia spicciola ce la siamo lasciata scappare...
Il fascino della luna, la Via Lattea, il bosco e la miniera abbandonata hanno vinto su tutto il resto ...
"E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome. Ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme”
GIORNO 3
Una stilettata d'amore dentro al cuore.
Ho messo la testa, di nuovo, dentro il tunnel allagato d'ingresso della miniera di Felicitas.
Poco dopo però è arrivata anche la picconata dentro il costato, un po' me la aspettavo, nonostante le precauzioni prese in superficie, il carico da portare a sinistra è comunque presente e le ventilazioni toraciche certo non aiutano.
Una leggera patina di polvere d'ardesia si è depositata sul primo gruppo di stage d’ossigeno che giace a sei metri. Scendendo oltre, ottanta metri dopo, a meno ventuno metri, si trova il secondo grappatolo di EAN50. Qui il sedimento è assai maggiore. Una coltre di fuliggine nera ha completamente coperto le nostre bombole. Sembrano essere state assoggettate ad una eruzione vulcanica più che essere state depositate dentro la discenderia di un'antica miniera di ardesia del Saureland.
Il pomeriggio indossiamo un paio di agili scarponi, tranne il Mangiafuoco, che indossa i suoi inseparabili sandali Birkenstock con calza indossata secondo la miglior tradizione teutonica e saliamo il sentiero nel bosco dietro l'hangar per un paio di tornanti. Siamo immersi nella natura che sovrasta i cunicoli di ardesia intagliati dall'uomo. Qui andiamo alla ricerca di qualche roccia, tronco e legnetto da conficcare nel soffice muschio per creare il nostro campo su cui fare esercitazioni di sagolature con spool e marker, sempre e rigorosamente con guanti stagni. Attorniati dal cinguettio di varie specie ornitologiche passiamo un paio d'ore a effettuare legature. L'imbrunire ci avverte che è l'ora di rientrare in quarantena.
GIORNO 5
Il quarto giorno a Felicitas è stato contraddistinto da immersioni caratterizzate dall'utilizzo di sagola in ambienti dalla scarsa e pessima visibilità. Avevamo pianificato un'immersione che prevedeva la stesura di circa quaranta metri di nuova linea per arrivare a una camera estrattiva che si sviluppava per oltre cento metri.
Purtroppo dopo quindici metri circa, un crollo ha chiuso la nostra via, costringendoci a lavorare in un ambiente dove l'acqua si sporca a in batter di ciglia.
Il quinto giorno abbiamo dedicato la prima immersione di giornata al raggiungimento della Santa Barbara. L'obbiettivo era spezzare in due segmenti la progressione piana di 150m (oltre i centocinquanta metri del tunnel iniziale), lasciare due stage di progressione lungo il percorso e visualizzare alcuni punti critici di questo ramo antico della Miniera. È assai caratteristico avventurarsi in questa parte più antica di miniera, dove l'opera muraria ed estrattiva dell'uomo è contrapposta alla bellezza naturale della pietra. Guardando alla propria sinistra, in andata di progressione, si scorgono tagli irregolari e vibrazioni cromatiche che virano dal blu notte, al viola purpureo fino a salutari squarci di venature bianche che irrompono nel nero d'ardesia. Alla nostra destra si trova il segno della mano dell'uomo. La caducità del suo passaggio è testimoniata dalla friabilità con cui ha costruito i neri muri a secco. Svolgono la funzione di pareti contenitive e talvolta crollano parzialmente sotto il loro stesso peso. La coltre del tempo pesa tutti, strutture e uomini.
Arrivati all'antica custodia della dinamite, la Santa Barbara, depositiamo lungo la linea principale la bombola da 7l. Possiamo procedere ora all'ingresso dell'aula bunker di cemento armato. Qui si possono notare ancora le vecchie trecce elettriche che scorrono lungo le pareti e i deviatori ceramici degli interruttori. Usciamo dalla porta taglia fuoco e proseguiamo verso est per altri ottanta metri. Raggiungiamo l'estensione massima della nostra pianificazione e rientriamo al punto di raccolta, alla fine del tunnel principale.
Tornando, noto due gallerie trasversali, comunicanti. Nella prima butto velocemente la testa, non vale la pena andare oltre. La seconda è ben più lontana e più ampia, in asse con la stessa che ho appena guardato.
La galleria è un rettifilo stretto e lungo in cui si alternano emozioni e pensieri pinneggiata dopo pinneggiata. A metà del percorso ci imbattiamo in un vecchio macchinario abbandonato, tutto arrugginito. È l'unica macchia di colore che rompe le righe, arrivati alla fine della galleria e invertita la rotta torniamo alla volta putrescente iniziale. Qui ad attenderci una nevicata di ruggine e concrezioni batteriche che azzerano presto la visibilità.
Finita la tappa a ossigeno, mi fermo alcuni minuti a quattro metri e mezzo e poi a tre metri. Riabituarmi agli sbalzi pressori gradatamente mi aiuta a soffrire un po’ di meno. Quando il mio casco esce dall'acqua, seguono presto gli occhi.
Guardo l'orologio, è tardi e siamo appena riemersi. Anche oggi ci siano guadagnati la cena, stasera far battere i bicchieri con un amaro tedesco dal nome italiano "Romanetti"!
L’avventura è poi continuata per altri cinque giorni di immersioni in miniera.
Il viaggio alla Miniera di Felicitas, a nord delle Germania, è stato organizzato da Andrea Murdock Alpini (www.wreckdiving.it). Hanno partecipato alla spedizione come membri del Team Luigi Parolo (detto Il Mangiafuoco), Marco Setti, Michael Forenzi e Flavio Cavalli.
SPONSOR della SPEDIZIONE
PHY DIVING EQUIPMENT
PARTNER TECNICI
SCUBATEC SRL
BIG BLUE LIGHT EUROPE
TEMC – ANALIZZATORI ELIO OSSIGENO
TECNODIVE BOOSTER
ADIP – ASSOCIATION DES INSTRUCTEURS DE PLONGÉE
PATAGONIA
SELVADEC SCUBA TEAM
MEDIA PARTNER
NAUTICA REPORT
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