Tilikum: la cutter che sfidò tre oceani con una piccola canoa
Tra Victoria e Margate, John Voss e la sua Tilikum dimostrarono che l’oceano non appartiene ai soli armatori: è terreno di sogni.
Tra Victoria e Margate, John Voss e la sua Tilikum dimostrarono che l’oceano non appartiene ai soli armatori: è terreno di sogni.
Il racconto di Tilikum nasce dalla scelta di John Voss di trasformare una vecchia canoa Nootka in un cutter capace di percorrere il mondo.
Un capitano controcorrente
Il protagonista di questa avventura fu John Voss, marinaio canadese di origini tedesche, nato nel 1858 e cresciuto tra le coste della Columbia Britannica. Era un uomo dalla vita irregolare: ex cercatore d’oro, ex pescatore di balene, ex contrabbandiere — ma con un amore assoluto per il mare. Alla fine del XIX secolo, Voss viveva a Victoria, sull’isola di Vancouver, e osservava ogni giorno le canoe delle tribù locali, lunghe, snelle, scolpite da tronchi di cedro. In esse vedeva qualcosa che nessuna barca europea possedeva: armonia con il mare.
La nascita del Tilikum
Nel 1901, Voss acquistò una vecchia canoa da guerra Nootka, lunga 11,5 metri, scavata in un unico tronco di cedro rosso. La battezzò Tilikum, parola della lingua chinook che significa amico o compagno. In un piccolo cantiere di Esquimalt la fece modificare: aggiunse un ponte di coperta, una cabina di due metri, un albero con vela aurica e una randa trapezoidale. Non c’era motore, né strumenti di bordo sofisticati. Solo un sestante, una bussola e tanta fede nella propria abilità di navigatore.
Come compagno di viaggio
Come compagno di viaggio scelse Norman Luxton, un giovane giornalista canadese curioso e idealista, incaricato di documentare l’impresa per i giornali dell’epoca. Così, il 21 maggio 1901, la Tilikum lasciò Victoria tra l’incredulità dei marinai locali, che ridevano di quella “canoa impazzita” destinata, secondo tutti, a capovolgersi al primo vento serio.
Un oceano alla volta
Il viaggio iniziò lungo la costa pacifica del Nord America, poi verso le Hawaii, le isole Figi, l’Australia e l’Asia. Voss e Luxton navigavano con turni di sei ore, mangiavano pesce essiccato e vivevano in uno spazio grande quanto una tenda da campeggio. Ma la Tilikum si comportava come una creatura viva, flessibile e sorprendentemente stabile. Nelle tempeste, si piegava invece di rompersi; nelle bonacce, avanzava anche con un soffio di vento.
Dopo otto mesi in mare, raggiunsero Sydney, dove il Tilikum divenne una celebrità. I giornali lo chiamavano “la canoa che sfida gli oceani”. Luxton, però, esausto e malato, decise di abbandonare l’impresa. Voss continuò da solo, trovando compagni occasionali nei porti successivi: un marinaio a Samoa, un altro in Sudafrica, poi un terzo a Londra. Nessuno restò con lui fino alla fine. Solo il Tilikum lo accompagnò per tutto il viaggio.
Naufragi, superstizioni e tempeste
Tra il 1902 e il 1904, Voss attraversò l’Oceano Indiano, doppiò il Capo di Buona Speranza e risalì l’Atlantico. Affrontò uragani, bonacce infinite e persino un quasi naufragio vicino alle coste del Brasile, quando una grande onda lo scaraventò fuoribordo. Si salvò aggrappandosi alla cima della randa, con una mano spezzata e una risata amara:
“Il mare, se lo temi, ti prende. Se lo rispetti, ti insegna.”
Il ritorno e l’eredità
Nel giugno 1904, dopo tre anni e oltre 40.000 miglia, Tilikum arrivò finalmente a Margate, in Inghilterra. Aveva attraversato tre oceani, visitato più di 20 paesi e sopravvissuto a tutto. Voss e la sua piccola barca erano la dimostrazione vivente che il coraggio non ha dimensione.
Al suo ritorno, Voss scrisse il libro The Venturesome Voyages of Captain Voss (1913), uno dei classici dimenticati della letteratura marinaresca. Il tono è sorprendente: niente eroismo eccessivo, ma un dialogo costante tra uomo e mare, in cui il navigatore riconosce la propria piccolezza e, al contempo, la grandezza della libertà.
La Tilikum, restaurata più volte, trova oggi posto al Maritime Museum of British Columbia, a Victoria, dove accoglie i visitatori come una reliquia del coraggio umano. Sotto la sua prua è incisa una semplice targa:
“Costruita dagli uomini liberi del mare. Sopravvissuta a tre oceani. Spirito del Pacifico.”
Scheda tecnica – Tilikum
Un simbolo di libertà
Il viaggio del Tilikum non fu un’impresa sportiva, ma un gesto poetico. Voss non cercava la fama né il guadagno: cercava di dimostrare che anche un uomo povero, con una barca umile, poteva affrontare il mondo. E ci riuscì, lasciando una lezione che vale ancora oggi: la grandezza del marinaio non si misura in tonnellate di acciaio, ma nella capacità di fidarsi del mare.
Guardando oggi quella piccola canoa nel museo, logorata dal tempo ma ancora fiera, si comprende il messaggio di John Voss. Il mare — come la libertà — non appartiene a chi ha più mezzi, ma a chi ha più sogni.
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