Le origini di una leggenda

Nell 1938, nei cantieri scozzesi di William Fife III nasce una barca a vela lunga 15 metri, costruita in compensato e pensata per regate e crociere veloci. Il suo nome, Pen Duick, significa “piccola testa nera” in bretone, ispirato al canto di un uccellino che accompagnava i lavori al cantiere.

L'incontro con Éric Tabarly

Nel 1952, un giovane ufficiale della Marina francese, Éric Tabarly, la scopre in condizioni critiche. Lo scafo è quasi distrutto, minacciato dalle fiamme di chi voleva disfarsene. Ma Tabarly non vede una barca malandata: vede un’anima da salvare.

Una compagna inseparabile

Con Pen Duick, Tabarly non naviga soltanto: sogna, cresce e vince. Ogni regata è un dialogo tra uomo e barca. Le sue mani al timone e le vele gonfie di vento trasformano lo scafo in poesia.

Negli anni successivi Tabarly avrebbe costruito e portato in regata altre barche – Pen Duick II, III, IV – sempre più moderne e vincenti, capaci di conquistare competizioni come la Transatlantica del 1964. Ma il primo Pen Duick rimase sempre al centro del suo cuore: la barca della giovinezza, del primo amore con l’oceano, la compagna che lo aveva iniziato alla magia della vela.

L’ultimo viaggio

Nel 1998, Éric Tabarly navigava proprio a bordo del suo amato Pen Duick I, diretto verso l’Irlanda per un raduno di grandi yacht classici. Durante una notte di mare mosso, scivolò in mare e scomparve tra le onde, come se il destino avesse deciso che quell’amore doveva compiersi fino all’ultimo respiro.

Un’eredità viva

Oggi Pen Duick non è solo un veliero storico: è un patrimonio culturale e affettivo. Restaurato e preservato, continua a navigare e a emozionare chi lo vede nei porti o in regata. Le sue linee eleganti raccontano di un’epoca lontana, ma il suo spirito vive ancora nel ricordo di Tabarly, considerato uno dei più grandi navigatori del Novecento.

Perché Pen Duick incanta ancora

Pen Duick non è soltanto una barca a vela, ma il simbolo di un legame fatto di passione, dedizione e poesia. È la dimostrazione che il mare non custodisce solo rotte e coordinate, ma anche storie d’amore e di vita, scolpite tra le onde. E come ogni storia d’amore, quella tra Tabarly e Pen Duick non è mai finita: continua a vivere nel vento, nel legno, nella memoria di chi ama il mare.