Le leggende, si sa, hanno sempre qualche legame con la realtà, anche se con il passare del tempo tendono ad essere sempre più scollegate.
A margine della sanguinosa guerra civile (Genpei) che nel XII secolo aveva a lungo insanguinato il Giappone, ponenedo i due clan rivali dei Taira e dei Minamoto in perenne contrasto per la supremazia sulla corte imperiale, venne a generarsi una leggenda quanto mai singolare.
Nell’aprile del 1185 le flotte dei due clan avversari si scontrarono nella battaglia di Dan no Ura. La flotta dei Taira, che dava alloggio al giovane imperatore e trasportava i simboli imperiali della spada, del gioiello e dello specchio, fu attaccata dalla flotta avversaria che grazie al tradimento del generale Shigeyoshi, la localizzo facilmente in mare aperto.
L’aspra contesa, durata molte ore, si concluse a favore del clan Minamoto grazie anche al supporto delle truppe di terra e alle mutate condizioni delle maree che contribuirono alla distruzione di molte imbarcazioni nemiche. I samurai Taira ormai sconfitti e senza possibilità alcuna di sovvertire l’esito dello scontro ricorsero al Seppuko, ovvero al suicidio rituale, come imponeva il loro rigido codice d’onore. In massa si gettarono in mare e appesantiti dalle lro complesse armature, affogarono a centinaia.
I corpi si dispersero ma le loro anime, amareggiate dal tradimento del loro generale, vagarono a lungo negli abissi sino a trovare nel carapace dei numerosi granchi del fondale una precaria pace. I granchi Heikegani sono riconoscibili perchè hanno il carapace a forma di volto umano o ancora meglio, simile alle maschere da battaglia dei samurai e sono entrati a pieno titolo tra gli yokai, creature soprannaturali della complessa mitologia giapponese.
A lungo i marinai evitarono di attraversare lo stretto dove aveva avuto luogo la battaglia così come evitarono a lungo di nutrirsi di quei granchi somiglianti ai samurai affogati.
Fabrizio Fattori
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