Vendée Globe: Giancarlo Pedote, una battaglia nell’Oceano Indiano
Umiltà, concentrazione e focus sugli obiettivi gli ingredienti per mantenere alta l’attenzione agonistica verso Cape Leeuwin. Più a est lo attende l'Oceano Pacifico, altrettanto misterioso, imprevedibile, carico di nuove sfide e opportunità
Oceano Indiano – 17 dicembre 2024. Nell'immensità agitata dell'Oceano Indiano, ogni giorno è un confronto incessante contro gli elementi. Stanco ma risoluto, Giancarlo Pedote avanza con determinazione verso il Capo Leeuwin, il secondo dei tre grandi capi del suo giro del mondo, che prevede di superare oggi. Se questo passaggio simbolico rappresenterà senza dubbio una tappa chiave, sia a livello mentale che nel suo percorso complessivo, lo skipper di Prysmian resta comunque concentrato.
E per una buona ragione: più a est lo attende l'Oceano Pacifico, altrettanto misterioso e imprevedibile, carico di nuove sfide e opportunità. «Sto bene, ma sono un po’ stanco perché in questo Indiano non c’è davvero mai un attimo di tregua», ha raccontato Giancarlo Pedote durante uno scambio con il suo team, questo lunedì. Infatti, dal passaggio del Capo di Agulhas, che segna l'ingresso in questo oceano un tempo chiamato Oceano Orientale o Mare delle Indie, il navigatore, come tutti i concorrenti del Vendée Globe, ha dovuto affrontare una serie di depressioni particolarmente violente.
«È soprattutto lo stato del mare a rendere la vita a bordo molto difficile. Ogni spostamento diventa estremamente complicato». Nonostante queste condizioni proibitive, l’italiano riesce a preservare la sua attrezzatura, navigando con attenzione e precisione in mezzo a questo caos. «La barca sta andando piuttosto bene, e questa è una buona notizia. Da poco, lo stato del mare è leggermente migliorato, ma siamo davanti a un sistema meteorologico importante. Bisogna quindi mantenere il ritmo. Il vento è a volte molto instabile, per cui bisogna adattarsi. In certi momenti la prua affonda un po', quindi bisogna cercare i giusti assetti», ha spiegato il fiorentino, che continua a spingere il più possibile verso est.

Alla ricerca di una traiettoria ottimale verso sud della Nuova Zelanda, Giancarlo Pedote privilegia la prudenza. «Restare un po’ più a nord è una scommessa per preservare il materiale e navigare in condizioni più gestibili. Vedremo se pagherà», ha aggiunto Giancarlo, che al momento è in lotta con Jean Le Cam, Isabelle Joschke e Alan Roura, preparandosi al contempo a superare la longitudine del Capo Leeuwin.
«Sarà una tappa importante, soprattutto a livello mentale», ha sottolineato lo skipper di Prysmian, felice all'idea di lasciarsi alle spalle il secondo grande traguardo del suo giro del mondo, dopo il Capo di Buona Speranza, superato poco più di dieci giorni fa. «Fa piacere, ma la strada è ancora lunga. Possono ancora succedere molte cose e l'avaria di Pip Hare, la scorsa notte, ce lo ha ricordato ancora una volta», ha raccontato l'italiano, inevitabilmente scosso dalla notizia del disalberamento della navigatrice britannica. «Sono molto dispiaciuto per lei, perché stava facendo una gara incredibile fino a quel momento.
È una prova davvero dura per lei e per il suo team. Il nostro sport è uno sport meccanico, e a volte è terribilmente ingrato. Fortunatamente, si trovava vicino all'Australia. Se questo incidente fosse accaduto al Punto Nemo, la situazione sarebbe stata molto più complicata da gestire», ha spiegato Giancarlo, consapevole della fragilità di ogni impresa in mare aperto. Ma l’Oceano Indiano non è l’unico a mettere alla prova i navigatori. Anche l’Oceano Pacifico riserverà la sua parte di difficoltà. «Speriamo di essere trattati meglio lì, perché l’Indiano è stato davvero poco ospitale», ha concluso Giancarlo, rimanendo fedele al suo motto: umiltà e concentrazione.
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