Si possono riforestare le praterie, ma per evitare di usare reti in plastica all’acquario di Livorno si stanno sperimentando materiali sostenibili
Il mare oggi soffre di tanti problemi e tra questi due sono fondamentali per la sua salute e il suo futuro: la scomparsa delle praterie di posidonia (permettono di contrastare l'erosione delle coste) ad un tasso annuo molto elevato – secondo l'Ispra(l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) pari al 5% in Mediterrano - e l'abbondanza della plastica abbandonata che ormai, tramite il pesce, è entrata pure nella nostra dieta alimentare per via della microplastica ingerita.
Il nesso tra questi due fenomeni? Si sta tentando la forestazione subacquea della poseidonia, ma per far questo e tagliare il traguardo sono necessari dei trapianti. La coltivazione è quindi possibile, ma utilizzando reti o altri dispositivi in materiale a base di polimeri. Sempre plastica. Questi materiali, durante il periodo di tempo necessario alla crescita della posidonia, si degradano e si disperdono in acqua sotto forma di microplastica. Puro veleno per l’ambiente marino.
La soluzione? Trovare materiale biodegradabile che, dopo aver permesso la forestazione delle nuove praterie di posidonia, si degradi in modo sostenibile. Non è facile, ma qualcuno ci sta provando. E' il cuore del progetto che vede insieme l'Azienda Servizi Ambientali (A.S.A.) di Livorno in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell'Università di Pisa, poi ISPRA, il Dipartimento di Biologia dell'Università di Pisa e l'azienda tessile Coatyarn. Un buon supporto e sostegno arriva dall'acquario di Livorno che ospita questa interessante sperimentazione.
Il progetto orto del mare parte per risolvere i problemi di un dissalatore
Ma vediamo nello specifico il progetto “orto del mare” con materiale sostenibile ideato dal professor Cinelli dell'Università di Pisa. L’origine e la genesi è particolare. La spieghiamo in sintesi. Tutto a inizio sull'isola d'Elba dove a causa del lavoro di un dissalatore, sono fondamentali ma con effetti ambientali perversi nelle piccole isole, che mette a rischio una prateria locale. Se si accumulano in un unico punto i residui del lavoro del dissalatore aumenta e si altera la salinità delle acque e così si compromette l'ambiente marino. In questo caso si vuole risolvere il problema, fino a un certo punto perché i danni con il dissalatore si creano e sono innegabili, con il trapianto e la forestazione della preziosa specie marina.
A prescindere dalla valutazione ecologica del progetto globale dell'isola d'Elba la sperimentazione è sicuramente interessante per le sue possibili applicazioni in molteplici contesti.
La selezione del materiale sostenibile
Il progetto di selezione, esistono già materiali potenzialmente idonei in commercio, è stato avviato dal team di ricerca del dipartimento di Ingegneria civile guidato dalla prof.ssa Maurizia Seggiani. In sintesi la plastica, si sostituisce con la bio plastica. Ma quale? Non tutte sono idonee. In una vasca dell'acquario di Livorno, un presidio ecologico che offre un grosso contributo alla salvaguardia ambientale, sono partiti i primi test di valutazione (preceduti dalla selezione del materiale da osservare e studiare prima in vasca e poi in mare).
E’ stata scelta una bioplastica prodotta dall'azienda tessile Coatyarn. Il materiale sotto analisi è a base di PBSA bio (polibutilene succinato) e deriva dalla fermentazione di amido di mais. Se tutto andrà bene e con questo materiale sarà possibile realizzare manufatti resistenti, funzionali e biodegradabili si potranno poi utilizzare non solo in acqua, ma pure in ambito terrestre dove vi è una forte dispersione di plastica sul suolo. Un fenomeno da arginare.
G.B.N
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