Ma dove vanno a finire le scorie radioattive?
Di Gianluca Grossi
Di Gianluca Grossi
Il nucleare è uno degli argomenti più caldi in campo energetico (e sociale), ma è sempre più difficile riuscire a esprimere un giudizio oggettivo. E c’è un aspetto chiave sul quale si discute da lustri senza giungere a una vera soluzione: le scorie radioattive. La domanda: dove vanno a finire? E siamo sicuri che esistano strutture capaci di conservarle e renderle innocue per l'”eternità”?
La risposta, a onor del vero, non c’è. Ma qualcosa in questi giorni è stato fatto. Dopo una ventina d’anni di trattative è emersa, finalmente, la lista dei posti, dove i residui del nucleare potranno andare a riposare per sempre. Sono una decina di luoghi individuati dopo avere scandagliato il territorio italiano e aver tralasciato le zone più sensibili come quelle vicine al mare, in montagna, nei pressi di centri abitati o ferrovie. La palla passa ora al Governo che da settembre in poi dovrà trovare la soluzione definitiva.
Ma perché fanno così paura le scorie radioattive? Il principale problema è dovuto alla loro eccezionale resistenza in un ambiente naturale e all’inquinamento che ne deriva, con gravi ripercussioni sulla flora e la fauna. E non sono solo i rifiuti delle centrali nucleari, ma anche quelli provenienti, per esempio, dalle indagini radiologiche. Ecco perché si distinguono livelli diversi di rischio radioattivo. Il destino delle scorie è in funzione di questi parametri. I rifiuti meno pericolosi finiscono nei cosiddetti “depositi superficiali”: le scorie vengono raccolte all’interno di “moduli” in calcestruzzo armato e poi interrate. Ne sono stati realizzati un centinaio nel mondo, e gli ultimi costruiti in Francia, Giappone, Svezia e Inghilterra, sono quelli più sicuri.
Diverso lo stoccaggio dei rifiuti più pericolosi, strettamente legati all’attività di una centrale nucleare. In questo caso si parla di “depositi geologici”. Dunque la mano dell’uomo è sostituita da strati geologici particolarmente isolati, come quelli di salgemma o granito, in grado di contenere un numero “infinito” di detriti.
Si tratta di operazioni molto complicate, concernenti l’accumulo di sostanze pericolose a oltre seicento metri di profondità.
Al momento esiste un solo deposito geologico: è quello che sorge negli Stati Uniti e permette di raccogliere i rifiuti a base di plutonio derivanti dall’industria militare. Ogni paese caratterizzato da centrali nucleari ha comunque in programma il varo di un deposito geologico.
I lavori più avanzati riguardano la Finlandia. Qui si pensa di giungere a un deposito geologico entro il 2020. Gli esperti hanno già iniziato a scavare per raggiungere i quattrocento metri di profondità; dove verranno “spediti” contenitori in rame pieni di scorie radioattive.
Tratto da www.rivistanatura.com
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