I delfini collaborano, loro malgrado
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
L’uomo ed il mondo animale hanno quasi sempre interloquito con un linguaggio sproporzionato non solo nella relazione cibo/lavoro ma anche nella relazione spirituale/affettiva che molti animali sono in grado di esprimere nei confronti dell’uomo.
Trascurando le secolari relazioni di utilità lavorativa o di prodotto alimentare, forse quello che oggi risulta più difficilmente tollerabile è la relazione finalizzata all’intrattenimento di pubblico pagante in circhi o acquari che per inevitabili necessità, prevedono un regime di cattività in condizioni totalmente innaturali oltre ad un severo addestramento basato sul principio della ricompensa/punizione.
Questa realtà appare tanto più crudele quanto è più elevato il livello di sensibilità ed intelligenza degli animali. E’ noto come alcuni mammiferi marini, possedendo queste qualità in dosi elevate, sono esposti più di altri ad essere sfruttati dall’uomo e conseguentemente a soffrirne. Basti pensare ad esempio che la vita media di un delfino in natura è di circa quaranta anni che diventano, in media, sei in cattività.
I delfini sono stati utilizzati per scopi molteplici, in alcuni casi finalizzati a veri e propri usi bellici dando luogo forse ad uno dei più infelici esempi di collaborazione tra uomo ed animali. Gli americani, già durante la guerra del Viet–nam li utilizzavano per controllare i tratti di mare prospicienti le loro istallazioni, svolgendo un servizio di costante pattugliamento che prevedeva la segnalazione di eventuali intrusi subacquei e una probabile loro eliminazione.
Questo servizio venne prestato anche durante la guerra fra l’Iran e l’Iraq a protezione delle navi americane presenti nel golfo persico. I russi, secondo indiscrezioni, li avevano addestrati come veri kamikaze capaci di portare cariche esplosive in prossimità di navi nemiche, spesso sacrificando la loro vita.
Naturalmente tutte queste attività comportano pratiche preventive con l’inevitabile rischio di eliminazione di tutti i delfini che, anche causalmente, possano trovarsi in prossimità di basi o navi militari. Anche l’uso dei delfini come strumenti di segnalazione di presenza di mine, poteva recare danno agli animali, ma di questo l’uomo non se ne è mai preoccupato a sufficienza. Questi mammiferi, al contrario, sanno esprimere una reale empatia verso l’uomo, al punto che sono state segnalate azioni nei confronti di naufraghi protetti dagli attacchi degli squali o addirittura aiutati a raggiungere la costa.
In altre circostanze hanno collaborato a battute di pesca facilitando la cattura di branchi di pesce spinti in prossimità dei pescatori. Tutte azioni riconducibili ad una capacità di comprensione di situazioni complesse e messe in atto sulla base di un’empatia che spesso l’uomo non sa apprezzare a sufficienza.
Fabrizio Fattori
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