“Vivi” i coralli!
Di Anna Colucci
Di Anna Colucci
Le barriere coralline rappresentano per il mare quello che le foreste amazzoniche sono per le terre emerse. Si tratta, infatti, di serbatoi di biodiversità che permettono il sostentamento a livello trofico e riproduttivo di migliaia e migliaia di organismi.
L’ecosistema delle barriere si suddivide in due elementi: uno aderente al substrato (roccia), composto da coralli e alghe calcaree, e uno mobile, rappresentato da animali come crostacei, pesci e mammiferi. Questa grande varietà di organismi compone un ecosistema, tanto importante, quanto unico e delicato che, come altri, in questo momento è in grave pericolo. I principali attori di questa complessa opera della natura sono, però, i coralli.
Appartenenti al phylum degli Cnidaria (lo stesso delle meduse), questi animali sono esseri viventi in grado di instaurare simbiosi mutualistica con alghe monocellulari fotosintetiche (le Zooxantelle). Il legame tra questi due organismi è così profondo e radicato che dipendendo l’uno dall’altro. Gli Antozoi (la principale classe dei coralli), infatti, si sostentano principalmente grazie alla fotosintesi attuata dalle alghe presenti in gran numero nei tessuti dei coralli stessi. Le Zooxantelle, oltre al sostentamento trofico, facilitano i processi di mineralizzazione dello scheletro calcareo.
Inoltre, i coralli sono anche attivi predatori, capaci di alimentarsi di organismi planctonici catturati grazie a specifiche strutture urticanti chiamate cnidoblasti.
Gli effetti dei cambiamenti climatici, come l’aumento delle temperature e dell’acidità dei mari, nonché l’innalzamento degli oceani, sono una minaccia sempre più reale per questi ecosistemi. Infatti, la maggior parte delle specie di coralli resta vitale entro un raggio di temperature e pH molto ristretto.
L’elevata emissione di gas serra nell’atmosfera avvenuta a partire della rivoluzione industriale ha portato a un innalzamento medio globale della temperatura oceanica di 0,11 °C. Tra i vari gas emessi, l’anidride carbonica, uno dei principali prodotti della combustione di carburanti fossili, reagisce con gli oceani liberando nel processo un grande quantitativo di ioni H+ e legandosi a importanti sali minerali basici, fondamentali per la formazione dello scheletro calcareo.
La principale conseguenza è stata un aumento dell’acidità dell’acqua: il pH medio globale è, infatti, sceso da 8,3 a 8,2 (IPCC, 2013). L’insieme di questi fenomeni comporta in molte specie la perdita di tessuto vivo e la loro conseguente morte che lascia solo il bianco scheletro calcareo (coral bleaching).
La Grande Barriera Corallina Australiana è, forse, il più sbalorditivo esempio di come questo particolare ecosistema possa espandersi e fiorire fino a diventare la più grande costruzione, in questo caso biocostruzione, mai prodotta da un essere vivente sulla Terra (2900 km). Essa fornisce sostentamento, non solo alle specie soprannominate ma, indirettamente prende parte a un sistema trofico che si estende in gran parte degli oceani.
Il collasso di una parte così importante dell’ecosistema globale porterebbe a conseguenze catastrofiche.
Di Anna Colucci
Tratto da: www.rivistanatura.com
Foto di copertina: 169169/fotolia.com
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