Perché le tempeste che si scatenano sul mar Nero o nel Mediterraneo possono essere più pericolose di quelle oceaniche per la navigazione?
Di Daniele Ingemi
Di Daniele Ingemi
Il mar Nero é un grande mare interno, con una superficie di ben 461.000 km2, situato nel settore sud-occidentale del continente europeo, chiuso ad ovest dalle coste della penisola balcanica, a nord ed est da quelle russe e caucasiche e verso sud da quelle dell’Anatolia.
Le sue acque sono collegate a quelle dell’oceano Atlantico attraverso lo stretto del Bosforo, il mar di Marmara, lo Stretto dei Dardanelli, il mare Egeo ed il Mediterraneo.
La penisola della Crimea scende da nord nelle acque del mare ed attraverso lo Stretto di Kerc collega il mar Nero al più piccolo mar d’Azov. Una caratteristica saliente ed insolita di questo mare é data dalla presenza di ossigeno disciolto solo nei livelli superficiali delle acque. Ad una profondità superiore ai 150 metri la vita marina scompare e solo alcuni batteri sopravvivono.
Ma un’altra peculiarità di questo mare interno riguarda proprio il flusso delle correnti marine, collegate al corpo centrale del mar Mediterraneo. Sul mar Nero, causa l’apporto di acque dolci da grandi fiumi e bacini fluviali, come il Danubio o il Don, e della scarsa evaporazione, la salinità non arriva a superare neppure il 15-16%. Si tratta pertanto di un bacino poco salato.
Con il vicino Mediterraneo, la cui salinità raggiunge picchi davvero elevatissimi, si viene a creare un forte squilibrio di salinità e densità che tende ad essere colmato con la formazione di una corrente marina superficiale che trasporta le acque più leggere e meno salate dal mar Nero verso il mare Egeo, attraverso il Bosforo e lo Stretto dei Dardanelli, dove s’innescano forti correnti di marea che generano anche un bel ricambio d’acqua, perfettamente equilibrato fra i due bacini. In profondità invece si forma un’altra corrente, in profondità, che spinge le acque più salate e dense verso il mar Nero.
Il mar Nero, pur essendo un bacino molto ristretto, interamente circondato dalle terre emerse, in determinate condizioni meteorologiche può divenire potenziale sede di violente tempeste, capaci di mettere in difficoltà anche le navi di media e grande stazza, abituate a solcare i grandi oceani. Gli stessi inglesi, statunitensi e francesi, abituati a scambiare il Mediterraneo e il mar Nero per dei grandi laghi, molto spesso, sottovalutando la pericolosità di questi mari interni, loro malgrado si sono imbattuti in tempeste micidiali, che hanno decimato intere flotte, cagionando un ingente numero di morti e dispersi fra gli equipaggi.
Queste perché a differenza delle più comuni tempeste oceaniche, che sovente si sviluppano fra l’Atlantico, il Pacifico e l’oceano Indiano, quelle che più raramente si originano all’interno del mar Mediterraneo, o di un bacino ancora più ristretto come il mar Nero, sono accompagnate dallo sviluppo di onde, non tanto grandi, quanto corte e ravvicinate le une alle altre, e per questo molto più insidiose alla navigazione marittima rispetto alle onde oceaniche, più alte ma ben più allungate. Inoltre presentano una grande ripidità che rende il mare molto duro da navigare.
In tali condizioni meteo/marine molto spesso può capitare che col sorgere di una violenta tempesta di vento che preme sul moto ondoso, le onde che si vengono ad alzare, presentando questa grande ripidità, tendono ad accavallarsi, producendo vere e proprie “onde anomale” che si mimetizzano nel moto ondoso regolare, creando notevoli pericoli nella navigazione. Questo tipo di moto ondoso, caratteristico in situazioni meteorologiche estreme nei mari interni, nel corso della storia sono state la principale causa degli innumerevoli naufragi occorsi fra il mar Nero e l’intero bacino del mar Mediterraneo.
Lungo il bacino del mar Nero le tempeste più violente, sovente, si creano quando l’intero bacino, dalle coste rumene a quelle della Russia meridionale e della Georgia, viene spazzato da impetuosi venti occidentali, che possono raggiungere l’intensità di tempesta, o persino di uragano.
In genere questo tipo di tempeste vengono innescate dal passaggio di una profondissima depressione extratropicale (minimo sotto i 970 hpa), di origini atlantiche, che dalla Scandinavia meridionale o Danimarca si allontana molto velocemente in direzione delle Repubbliche Baltiche o la Bielorussia, presentando un forte “gradiente barico orizzontale” lungo il suo bordo meridionale, che abbraccia Romania, Moldavia e Ucraina, dove si attivano venti forti, o molto forti, dapprima da S-SO e SO, in progressiva rotazione da O-SO e Ovest, al successivo transito del profondissimo minimo barico in direzione della Bielorussia e della Russia europea.
Questa profonda circolazione depressionaria deve essere contrastata, ad ovest e sud-ovest, da un solido promontorio anticiclonico oceanico che si va a collocare con i propri massimi barici al suolo (oltre 1035-1040 hpa) fra l’Italia e i Balcani occidentali. In tale contesto la figura anticiclonica appena descritta assume un ruolo principale nel comprimere il già forte “gradiente barico orizzontale” fra Europa orientale e centrale, producendo un massiccio infittimento di isobare, che presenta dei massimi di “gradiente” tra Romania, Moldavia, Ucraina e mar Nero, dove i venti assumono caratteristiche anche tempestose.
In tali situazioni il “Fetch” (lo spazio di mare su cui soffia il vento) si distende sull’intero bacino, dalle coste rumene a quelle russe e georgiane, sollevando un imponente moto ondoso, capace di generare onde davvero molto elevate, in movimento da Ovest verso est, che possono anche superare i 6-7 metri di altezza in mare aperto.
Il “Fetch” difatti è un parametro fondamentale per valutare la potenza e l’intensità del moto ondoso che verrà innescato dalla formazione di una burrasca o una tempesta di vento. L’altezza delle onde non dipende solo dall’intensità del vento, ma anche dall’estensione dello spazio di mare su cui esso agisce. Più questo sarà ampio maggiori saranno le probabilità di vedere un moto ondoso più consistente e impetuoso, capace di immagazzinare enormi quantità di energia. In presenza di venti di burrasca e di un “Fetch” molto esteso, per centinaia di miglia, allora siamo certi di trovarci di fronte ad una consistente mareggiata, in grado di arrecare danni significativi sulle aree costiere esposte, già pesantemente vulnerate dal fenomeno dell’erosione.
Ma il mar Nero può esercitare al massimo tutta la sua potenzialità anche nelle condizioni bariche inverse a quelle sopra descritte, in presenza di forti venti orientali che s’innescano sul bordo meridionale di un robusto anticiclone che dalla Russia europea si estende fino all’Atlantico, mentre al contempo una profonda depressione si va ad isolare fra il mar Egeo e il mar di Levante, producendo un intenso “gradiente barico orizzontale” che accelera ulteriormente il flusso orientale , in scorrimento alla base meridionale della struttura anticiclonica. In questa situazione i forti venti orientali che spazzano il mar Nero, dalle coste russe a quelle rumene, bulgare e turche, possono produrre un “Fetch” significativo, costruendo ondate di “mare vivo” davvero alte, che andandosi a rompere sulle coste di Romania, Bulgaria e Turchia possono essere in grado di arrecare danni ingenti, con notevoli fenomeni di erosione, evidenti soprattutto lungo le coste di Romania e Bulgaria, dove i lungomari di diverse località rivierasche subiscono autentiche devastazioni.
Daniele Ingemi
Tratto da www.meteoweb.eu
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