La barriera corallina un paradiso minacciato
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Tra gli ecosistemi maggiormente minacciati dal cambiamento climatico certamente la barriera corallina australiana corre i rischi più significativi.
Più di duemila chilometri di estensione con centinaia di isole coralline e migliaia di tratti di scogliere più o meno estese rappresentano un unicum naturale di impareggiabile bellezza dovuta alla molteplicità di forme di vita. Centinaia di coralli diversi, ognuno con i suoi colori peculiari, abitati, quasi in simbiosi, da migliaia di specie di pesci, altrettanto colorati, senza contare ricci, aragoste, anemoni, granchi, gamberi nonché tartarughe, squali, delfini, balenottere,
Inserita dall’Unesco tra i patrimoni dell’umanità viene considerata a buon diritto tra le meraviglie naturali del nostro pianeta. Con la pubblicazione, nel 1893, di una dettagliata narrazione scientifica e naturalistica da parte di William Saville Kent, che ebbe grande risonanza nel mondo scientifico dell’epoca, la barriera divenne meta turistica privilegiata con numeri in forte ascesa nel corso degli anni.
Isola Di Whitsunday foto di ArtTower da Pixabay
Ma i più di due milioni di visitatori l’anno non costituiscono di per se una minaccia, grazie anche alla costante opera di tutela e sensibilizzazione svolta dai diversi enti preposti dal governo australiano. La vera minaccia risiede nell’alterazione della temperatura delle acque dovuta, come noto, anche alla produzione di anidride carbonica. I flussi turistici provengano principalmente da paesi molto lontani da questa meta turistica.
Basti pensare, ad esempio che un singolo volo dalla Cina produce circa una tonnellata e mezzo di anidride carbonica che moltiplicata per i voli necessari a trasferire circa un milione e mezzo di turisti cinesi, dà un quadro problematico della situazione. A questo si aggiungo altri fattori come l’uscita degli Usa dall’accordo di Parigi del 2017 sul contenimento termico o il varo dello sfruttamento di un vasto giacimento di carbone (nel Qeensland , Carmichael).
Il delicato sistema vede alterati i propri equilibri dal semplice incremento di frazione di grado di temperatura che abbatte sensibilmente la presenza di alghe simbiotiche presenti nella struttura del corallo e che ne costituisce il principale nutrimento. Nella fase iniziale tale fenomeno produce lo “sbiancamento” dei banchi di corallo per poi determinarne la morte, mortificando il sistema di tutte le altre forme di vita. Niente più vivaci colori né diversità biologica, una prospettiva desolante.
Nel 2016 e nel 2017 si sono avuti due importanti fenomeni di “sbiancamento” che ha interessato circa la metà dei coralli presenti che, malgrado la rapidità del loro riprodursi, richiederà parecchi anni per ricostituire lo stato precedente. Inoltre la barriera va intesa come un insieme vitale composto da centinaia di migliaia di polipi che formano banchi di decine di migliaia di colonie in equilibrio tra loro grazie a miliardi di reazioni individuali.
Conseguentemente un’ alterazione in una singola zona determina un danno imprevedibile per l’intero ecosistema. Su tale fragilità si concentrano da anni le istituzioni scientifiche australiane ed internazionali orientate alla lotta, non solo, del cambiamento climatico ma anche alla sensibilizzazione e allo sviluppo etico nei milioni di turisti che annualmente visitano la barriera.
Fabrizio Fattori
In copertina la grande barriera corallina australiana Foto di Frauke Feind da Pixabay
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