Il problema della desertificazione
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Le torride temperature che subiamo tutti in questi giorni, dal sud al nord dei continenti, testimoniano ulteriormente il mutamento climatico in corso da anni dovuto, ormai inequivocabilmente, all’inquinamento ambientale.
Tale fenomeno viene percepito, paradossalmente, in modo non omogeneo da alcune nazioni che lo considerano poco allarmate e si sottraggono a quella cooperazione che unica potrebbe attenuarlo. Le alte temperature anomale riscontrate in ampie aree contribuisco ad alterare il ciclo idrico generando il fenomeno della desertificazione dei suoli e delle devastazioni alluvionali con un preoccupante incremento dell’emigrazione, della povertà e della instabilità politico religiosa.
Ricordo che verso la metà degli anni settanta comunità hippies raccoglievano, in giro per il mondo, semi di ogni natura da trasferire nel Sahel già all’ora interessato al fenomeno. Buona volontà non certo sufficiente a contrastarlo in modo significativo anche in relazione ad un’accelerazione del degrado ambientale subito dall’area negli anni.
Ora un pool di istituti come l’Unione Africana, la Fao, la Banca Mondiale, l’Unione Europea nell’ambito della “Convenzione ONU sulle Terre Aride”, hanno varato un progetto di messa a dimora di milioni di nuovi alberi ad essenze compatibili con i luoghi e con l’obiettivo di creare una verde grande muraglia capace di ripristinare, in un ampia fascia limitrofa, una capacità di arricchimento dei suoli e di incremento idrico, tale da arrestare la desertificazione e contribuire, così, all’autonomia alimentare delle popolazioni interessate.
Al momento solo una parte di tale progetto ha trovato compimento ma l’impegno preso di recuperare circa 100 milioni di ettari di territorio entro il 2030, prosegue anche con la collaborazione dei governi e delle popolazioni locali di Senegal, Niger, Benin, Togo, Gambia, Ghana, Burkina Faso, Nigeria ed Etiopia.
Il fenomeno della desertificazione interessa anche altre aree, comprese alcune regioni italiane. Non a caso la “Giornata per la lotta mondiale alla desertificazione” nel 2018 ha avuto luogo a Pechino, capitale di una nazione fortemente interessata e una delle economie più responsabili dell’accelerazione del fenomeno.
Altri paesi che subiscono il medesimo degrado in altri continenti, come Cile, Colombia, Cambogia e Thailandia, auspicano che questi progetti pilota diano risultati facilmente esportabili nelle loro realtà.
A questi impegni istituzionali si affianca la ricerca scientifica, facente capo all’Università di Berkeley che ha messo a punto in via sperimentale una sottile rete di zirconio o di alluminio unita ad altri materiali organici capace di assorbire dall’aria, anche in condizioni di estrema aridità, umidità concentrandola in non trascurabili quantità d’acqua. Questa tecnologia potrebbe virtuosamente affiancarsi ad altre tecniche di recupero idrico e contribuire al controllo del fenomeno in argomento.
Fabrizio Fattori
Leggi anche: Il Mediterraneo un'area a rischio termico
In copertina Foto di Peter H da Pixabay
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