Il Giappone e la caccia alle balene
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Assistere, spesso impotenti, all’impoverimento della natura ad opera di gaudenti miliardari o di persistenti culture medievali che ai margini di leggi locali od accordi internazionali depredano fauna e flora già pesantemente provate da un’aggressiva antropizzazione, è già sufficiente ad una massima indignazione.
Ma la recente decisione presa dal Giappone di riaprire la caccia commerciale alle balene, ne ha fatto superare, nell’opinione pubblica mondiale, il già elevato livello.
Il Giappone con una ipocrisia squisitamente pragmatica aveva già da tempo superato i vincoli previsti dalla IWC, la commissione che dal 1986 aveva stabilito una moratoria alla loro pesca, attribuendo alla cattura di centinaia di esemplari l’anno una motivazione di ricerca scientifica, attività pesantemente censurata dalla Corte di Giustizia Internazionale.
Ora, dal luglio 2019, abbandonando l’adesione alla commissione e quanto da essa previsto (per quanto disatteso), renderà praticabile la pesca commerciale con il solo vincolo delle acque territoriali (circa 200 miglia dalla costa) e l’esclusione dei mari antartici ed australi.
L’industria baleniera ha rappresentato in passato per alcuni paesi non trascurabili economie e, per alcune limitate realtà territoriali, fonte di sostentamento. Ma quello cui assistiamo in Giappone, prescinde da entrambi gli aspetti, tenendo presente che il consumo interno è calato enormemente e riguarda oggi poche migliaia di persone, mentre l’aspetto economico è solo in parte legato all’economia industriale della lavorazione, ma riguarda principalmente i flussi di denaro pubblico che si riverseranno sull’indotto di tale attività.
Quanto in corso di avvenimento inasprisce maggiormente i rapporti internazionali, tenendo conto, ad esempio, che tra Unione Europea e Giappone sono stati sottoscritti recentissimi accordi commerciali, forse concertabili in chiave diversa se si fosse venuti a conoscenza di questa imminente sgradevole decisione.
L’opinione pubblica internazionale più virtuosa riterrà il Giappone, insieme a Norvegia ed Islanda, responsabile dell’ ulteriore impoverimento delle popolazioni di cetacei, augurandosi che le azioni di disturbo alle attività di caccia perpetrate dalle associazioni ecologiste siano sempre più incisive, (o che in ultima analisi le balene imparino presto ad evitare i mari più pericolosi).
E’ auspicabile, inoltre che il prossimo G20, che si terrà in Giappone nella metà del 2019, possa in qualche modo avere un peso su tale decisione.
Fabrizio Fattori
Leggi anche: Uccidere per la scienza: il paradosso giapponese
Foto di copertina tratta da: noelife.it
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