L'ombelico del mondo
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Chi ha pensato a Jovanotti è pregato di cambiare letture, chi ha pensato a casa sua è in qualche modo perdonato, vuoi anche solo per la tenerezza che smuove qualunque campanilismo che nasce dall'affetto e non dalla protervia.
Però gli antichi Dei decisero che il centro del mondo era un pezzetto di terra molto particolare che è oggi conosciuta come l'antica Delfi. E qui, a casa loro - ma sempre più penso che non lo farei neanche altrove - mai mi sognerei di contraddire gli Dei.
Il tesoro degli Ateniesi a Delfi
Come sempre c'è di mezzo Zeus che un giorno prese due aquile (o due cigni, la cosa non è chiara, anche se faccio fatica a capire come si possa confondere un'aquila con un cigno. Alcuni, dotati di particolare fantasia, riferiscono addirittura di due cervi. Diciamo due aquile, va', che è meglio), le fece partire dai due estremi est e ovest del mondo e i pennuti si incontrarono proprio nel mezzo del Golfo di Corinto, si incrociarono e fecero un 8 orizzontale, ∞ simbolo dell'infinito.
E quel punto di intersezione, Zeus decise, era il centro del mondo. Fossimo persone concrete, dovremmo eccepire che si erano sottovalutati fattori come vento, velocità specifica dei due animali, rotta, distrazioni lungo il percorso etc. etc. Ma non siamo persone concrete se no non staremo qui a scrivere di Zeus.
"Rion Traffic, Rion Traffic, Rion Traffic, this is P'acá y p'allá. Over"
Per la quinta volta passiamo sotto il ponte di Patrasso e navighiamo lungo il Golfo di Corinto. Corriamo sempre veloci lungo questo lago suggestivo e emozionante, facendo solo poche soste perché l'Egeo chiama prepotente e noi, incuranti di avere davanti un'intera stagione, ci diciamo reciprocamente "siamo in ritardo".
Stavolta, per la prima volta, il vento ci frena, soffia da Est e ci costringe a una bolina stretta invece della classica poppa con cui, in qualsiasi direzione lo abbiamo percorso, abbiamo sempre visto questo mare che sembra un lago.
Al quinto passaggio, un'escursione a Delfi è più che obbligatoria. Siamo tentati dalla "Marina" di Itea, la base più vicina a Delfi, ma l'impressione dalle carte è che si tratti di un porto abbandonato e desolato, luogo in cui ti senti poco tranquillo a lasciare da sola la barca. Inoltre, leggiamo che con vento forte da NW, sulla cittadina di Itea piove polvere di ferro che arriva dalla vicina cava di ematite rossa. Chiunque abbia una barca sa che la polvere di ferro non le fa bene.
Il tranquillo borgo di Galaxidi, uno dei più belli del Golfo.
Tira vento, ripieghiamo su Galaxidi, borgo splendido poco distante, che già conosciamo bene. A prenderci le cime, come sempre, c'è Athanasis, sempre più magro e sempre più alcolizzato. Ci accoglie urlando "Forza Italia" e insiste per dettarmi nuovamente tutti i numeri di telefono a cui posso reperirlo, caso mai ne sentissi il bisogno. È, come ogni volta, un dettato lunghissimo in cui trova spazio anche il numero di sua sorella, quello di suo nipote, dell'amico vicino di casa e chissà chi altro. A nulla vale ripetergli che li ho già, me li ha già dati. "Scrivi, Francesca" mi impone e io scrivo.
Ormeggio gratuito, acqua e corrente inclusi: ecco la Grecia.
L'autobus da Galaxidi porta a Itea, L'attesa di 20 minuti della coincidenza per Delfi ci permette di dare un'occhiata all'approdo e rivedere il nostro pregiudizio. È la tipica "Marina mai finita", una consuetudine greca dei buoni propositi a cui poi mancano i finanziamenti. Con le colonnine che non erogano nulla, i corpi morti che un giorno verranno, uffici non terminati e desolatamente vuoti. Ma l'approdo è molto tranquillo, proprio di fronte a un bel lungomare, ci si ormeggia all'inglese e il tragitto per Delfi si dimezza. Certo non ha il fascino di Galaxidi ma ha bei negozi forniti e oggi, con brezza gentile, della polvere di ferro non v'è traccia.
Il tempio di Apollo
Mentre in bus percorriamo un nastro d'asfalto che si srotola e si arrampica in questo scenario splendido e tortuoso che è il centro del mondo, mi soffermo a pensare a Zeus, a ricordare come mai era diventato così importante. Penso a lui e all'ombelico del mondo.
Bisogna dire che, aquile o non aquile, il centro della mondo se l'era scelto bene: sono stupefatta dalla fertilità della terra, la strada si inerpica sulle montagne lasciando sotto di noi una vallata enorme coltivata a uliveti interrotta solo a tratti da brevi filari di cipressi. Mai vista una distesa così imponente di uliveto. La terra rossa ben curata e le piante nodose, grandi, ricche di fogliame, possenti. Ma soprattutto tante, tantissime, a perdita d'occhio. Un canale d'acqua corre lungo la strada per tutto il dislivello di 500 metri, serve anche a irrigare i campi. Dall'alto l'enorme distesa di ulivi sembra una immensa prateria verde, mi tornano in mente le piantagioni di tè viste in Sri Lanka.
La sfinge, dono dei Naxiani, al museo archeologico di Delfi
Tornando a Zeus....Buffa stirpe la sua, accidiosi e permalosi. Penso a suo padre Crono, tipetto antipatico anche se bisogna riconoscergli che è a lui che si deve la venuta al mondo di Afrodite, quando il piccolo Crono evirò il padre Urano e gettò i suoi attributi nel mare vicino a Citera. E da quelli nacque la dea della bellezza, orfana di madre già dal concepimento.
Urano fu sconfitto e da allora c'è quello spazio vitale tra il cielo e la terra che è, diciamolo, abbastanza importante per tutti noi.
Era però abitudine di questi Dei non subire un torto porgendo l'altra guancia, di solito la risposta migliore era una profezia: "Hai tradito tuo padre, affari tuoi, uno dei tuoi figli ti tradirà e ti toglierà il potere che ora ti arroghi". Tié, zeppa e porta a casa.
"Ah sì?" Rispose Crono "M'hai provocato? E io me li magno!"
E fu così che ogni volta che la povera Rea, sua moglie, gli metteva in grembo un neonato appena generato, Crono se lo mangiava con tutte le fasce.
Lo stadio, qui si correvano i 200 metri ma erano 178.
A un certo punto della progenie, però, Rea si fece astuta: con tutta la fatica che faceva a portare avanti quelle gravidanze non è che poteva accettare così la totale inutilità del suo lavoro, ecco quindi che alla nascita del piccolo Zeus, lo nascose e diede in pasto al famelico marito una pietra avvolta nelle fasce. Crono si mangiò pure la pietra e parve non accorgersi minimamente della differenza ("un po' coriaceo, cara, ma sempre una prelibatezza").
Inutile dirlo, la profezia si avvera, Zeus cresce in un battibaleno e destituisce Crono dal trono, prendendo il suo posto come Re degli Dei e facendogli pure vomitare tutti i fratelli che si era mangiato prima, nell'ordine con cui se li era mangiati (I processi digestivi non erano ancora così chiari a quei tempi). Dopo una mezza dozzina di Dei, ecco arrivare la pietra. Ed è proprio quella pietra che, si dice, Zeus posizionò dove oggi è Delfi, nel punto di intersezione delle aquile. O dei cigni, o dei cervi.
Il museo archeologico di Delfi, con l'omphalós in primo piano.
Guarda un po', questa pietra dalla forma di uovo un po' allungato, si chiama Omphalós, ombelico appunto.
Ed è proprio su un tripode sopra all'omphalós di Delfi che la Pizia investita dal fiato degli dei, proferiva parole senza senso che venivano poi interpretate in profezie, ovvero tutte quelle cose con cui gli Dei si divertivano a prendere in giro gli umani di allora e a far fare loro esattamente quello che volevano.
Mentre camminiamo verso le rovine del tempio di Apollo, penso a quanti mi rimproverano il descrivere il mare della Grecia come il paradiso del mondo nautico. Coloro che decantano le meraviglie di atolli caraibici parlando di vegetazione, fauna marina, colori del mare. "In fondo la Grecia cosa ha di più?" mi dicono, "nulla, 4 pietre rovinate in un Paese mal gestito e afflitto dal vento".
"4 pietre" a Delfi |
Uccideteli. No, davvero, impanateli nella sabbia dei caraibi, fategli una bella collana di fiori, mettetegli in mano un cocktail molto colorato e poi, per favore, dategli il colpo di grazia.
Ci sono ettolitri e ettolitri di mare in questo grande pianeta, è vero.alcuni li ho visti, altri ne vedrò e altri ancora non li vedrò mai perché "tutto" non fa per me, non mi è necessario. Ma non si può non capire che navigare nel mediterraneo ha un altro senso, qui non c'è solo sale e natura, c'è la storia dell'umanità.
Delfi è quelle "4 pietre", davvero 4 se paragonate a quel che doveva essere prima. Ma che pietre, che meravigliose, ordinate, scolpite pietre
Il santuario di Apollo in origine era roba artigianale, una capanna in pratica, assolutamente non degna di diventare un luogo di culto come poi nei secoli e nei millenni divenne Delfi. Ma Apollo contattò due bravi operai, li fece lavorare e questi al termine dei lavori chiesero una piccola ricompensa. "Fate voi, dotto', al vostro buon cuore", gli dissero quando il Dio chiese che cosa desiderassero, specificando solo che magari sarebbe stato carino ricompensarli con la cosa migliore che potesse capitare loro. Detto, fatto. Apollo gli disse che avrebbero avuto entro un paio di giorni quello che desideravano e all'alba del 3° giorno i due vennero ritrovati morti. Discreta ironia, il dio della luce, eh?
Comunque, a quel punto partì il business delle profezie, le Pizie inspiravano l'afflato divino che veniva dal centro della terra, deliravano e i sacerdoti di Apollo traducevano il tutto in responsi per gli umani. Le Pizie erano anche dette Sibille, (da sios=Dio, bolla=volontà) e i loro deliri erano a volte particolarmente sibillini, ovvero potevano essere interpretati in varie maniere. Per questo, le profezie si avveravano anche quando sembrava non si avverassero. Una furbizia divina che somiglia molto all'esito delle odierne elezioni politiche: tutti vincono anche quando perdono.
Il tempio di Atena Pronaia
Fatto sta che l'oracolo di Delfi teneva in mano le sorti del mondo e non c'era condottiero, eroe o re che non vi facesse ricorso portando ovviamente in dono qualche altra pietra, come direbbero i fan dei Caraibi. E di fronte al tempio di Apollo, al di là dell'odierna strada, c'è il tempio di Atena Pronaia, anche qui "4 pietre" ma messe ad arte.
Quel che colpisce comunque di questo luogo sacro, oltre al fatto che quelle 4 pietre son state messe lì a partire dall'8° millennio AC, oltre all'aura di mistero e di sacralità, oltre all'imponenza del teatro, è il contesto in cui il tutto è inserito. E' come se la terra si chiudesse a spirale intorno a Delfi. Il santuario è posto proprio nel punto della zona da cui il mare non si vede più. Sembra davvero di essere al centro del mondo e forse è proprio così.
Di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Tratto dal blog di Francesca Carignani P'aca' y P'alla'
Francesca è autrice del libro: ROTTA VERSO L'EGEO Edizioni Il Frangente
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