Le navi a remi degli antichi Romani
di Giulio Galassi
di Giulio Galassi
Le navi Romane erano essenzialmente di due tipi: le grosse navi da carico (naves onerariae), normalmente utilizzate per i traffici e in caso di guerra per i trasporti di uomini e materiali; e le più lunghe navi da battaglia (naves longae).
L’eccezionale collezione di imbarcazioni conservate nel Museo delle Navi Romane di Fiumicino (perennemente chiuso per lavori di ristrutturazione forse aprirà quest'anno), a partire dall’età imperiale, permette di ammirare il sistema di costruzione utilizzato dagli antichi mastri d’ascia.
Fiumicino - Museo delle Navi Romane
Completamente diverso dal procedimento attualmente in uso nel Mediterraneo che prevede la messa in opera, sulla chiglia, dell’ossatura interna e il suo rivestimento con tavole di fasciame, in età Greco-Romana, dopo aver sistemato la chiglia, veniva costruito il guscio esterno costituito dal fasciame mentre l’ossatura era inserita successivamente con una funzione di rinforzo interno, detta: costruzione su guscio. Il collegamento tra le tavole del fasciame avveniva coi tenoni, linguette in legno duro inserite in appositi incassi (le mortase) nello spessore delle tavole. I tenoni, infine, erano bloccati da spinotti. In questo modo, le tavole del fasciame potevano mantenere la forma desiderata e il guscio acquistava eccezionale solidità grazie ai numerosi collegamenti interni.
Le navi Romane erano più larghe dell'usuale, spesso oltre un quarto dell’intera lunghezza, per consentire anche in caso di sbarco in terra nemica di accostarsi molto alla riva, oppure di scaricare più rapidamente le merci.
Fiumicino - Museo delle Navi Romane
Avevano a poppa una cabina riservata al comandante e ai suoi aiutanti, dietro la quale si levava una costruzione molto più alta della prua e cinta da una robusta ringhiera in legno.
A differenza delle navi da guerra, quelle da carico andavano quasi sempre a vela: usavano infatti i remi solo in caso di bonaccia o di particolari manovre. Al contrario le navi da guerra andavano a remi, per raggiungere maggiore velocità e rapidità di manovra.
Le torri di legno e le altre strutture da combattimento venivano installate solo prima della battaglia, mentre gli alberi e le vele venivano lasciati nella più vicina base navale o sulla spiaggia dell’accampamento.
Le torri e le piattaforme erano generalmente di struttura più leggera, ed indicavano con i loro colori a quale flotta o reparto apparteneva la nave. Dei manicotti di cuoio proteggevano le scalmiere, ossia i fori di uscita dei remi, dalle ondate più alte.
Fiumicino - Museo delle Navi Romane
Le navi da guerra erano: la Bireme, la Triremi, la Quadriremi, la Quinquiremi, la Esareme, la Deceris, l'Actuaria, la Liburna, la Caudicaria. C'erano poi le navi ausiliarie: adibite alla logistica (onerarie), al trasporto celere di truppe (attuarie) e di cavalli (ippagoghe), ai collegamenti (celoci), alle esplorazioni (speculatorie).
La bireme disponeva di due serie di rematori, usata fin dal V secolo a.c., subì nel corso del tempo poche modifiche. Lunga circa 23 m. e larga circa 3, con due file di rematori seduti sulla stessa panca.
Fiumicino - Museo delle Navi Romane
Aveva una vela di forma quadrata e riusciva a raggiungere discrete velocità grazie a peso e dimensioni ridotte. In seguito soppiantata dalla più funzionale e completa trireme. Era una navis longa, (nave lunga) cioè fatta più per contenere uomini e munizioni che non per inseguimenti e velocità.
La trireme era così chiamata perché disponeva di tre serie di rematori, dotata di un rostro per speronare e di ponti mobili per agganciare le unità avversarie. In un secondo momento sulla prua venne eretta una torretta, dalla quale esperti arcieri tenevano i nemici sotto il loro tiro. Lungo i bordi correva una balconata praticabile per i combattenti. A poppa si trovava la cabina coperta del comandante, sovrastata dallo stendardo della nave e dalle insegne della flotta. Era la nave da guerra più comune.
Isola Sacra - Fiumicino - Rinvenimento di una nave romana
Pesava tra le 240 e le 250 tonnellate. Aveva un equipaggio di 200 uomini, di cui 156 vogatori e un manipolo di una trentina di milites per l'arrembaggio: una quindicina tra ufficiali e sottoufficiali. Era comandata da un trierarca.
Giulio Galassi
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