La crisi del Mar Rosso
di Nicola Silenti
di Nicola Silenti
Oltre a riportare indietro le lancette della storia,la destabilizzazione odierna del Mar Rosso sembra suggellare l’assioma per cui “chi controlla i mari controlla il mondo”.
E infatti quella che è a tutti gli effetti una tra le più importanti rotte del commercio mondiale è oggi insidiata dai venti di guerra che soffiano dalla penisola arabica, avamposto strategico delle scorribande delle milizie sciite degli Houthi yemeniti, che tuttora costringonole grandi compagnie marittime di spedizioni ad abbandonare la classica e un tempo sicura rotta del Mar Rosso nei viaggi verso il Mediterraneo deviando le navi verso il Capo di Buona Speranza: un ripiego costosissimo in termini di tempo, distanze e carburante, ma che si rende necessario per garantire la sicurezza degli equipaggi, dei carichi e delle stesse navi.
L’instabilità del mar Rosso purtroppo non colpisce oggi soltanto l’intera dinamica delle catene di approvvigionamento (con un sensibile aumento dei costi e un ritardo nelle spedizioni) ma mette in pericolo anche il reticolo di cavi sottomarini per le telecomunicazioni che passano nei fondali e che potrebbe essere il nuovo obiettivo delle milizie Houthi, peraltro impegnate anche nell’attacco delle navi al largo dello Yemen.
Su questo versante, alla luce di un’analisi di massima della geopolitica degli spazi marittimi appaiono interessanti le riflessioni degli esperti del settore che evidenziano come gli Houthi non dispongano ancora dei mezzi necessari per raggiungere i cavi sottomarini, ma che comunque il tempo e le opportunità potrebbero giocare a loro favore. In altre parole è solo una questione di tempo e le nazioni che dipendono da queste infrastrutture critiche avranno tutte le ragioni di questo mondo per preoccuparsi.
Da queste rapide considerazioni emerge in tutta evidenza come la libertà di navigazione nel pianeta non sia più un dato acquisito o un fatto scontato e quindi diventa indispensabile «l’impegno della Unione Europea per assicurare la sicurezza marittima» come ha argomentato di recente il rappresentante della Nato e dell’Unione Europea a Bruxelles ammiraglio Dario Giacomin durante il meeting delle relazioni internazionali di Monasterace dello scorso otto di agosto sottolineando altresì che «l’Italia si è distinta assicurando da subito una presenza credibile ed efficace nell’area del Mar Rosso assumendo per prima il comando tattico della operazione Aspides».
Durante i lavori del meeting non è passato tuttavia inosservato l’intervento del presidente dell’Autorità di Sistema portuale dei mari Tirreno meridionale e Ionio Andrea Agostinelli che ha evidenziato in controtendenza come«il traffico nel porto di Gioia Tauro continui a crescere nonostante la crisi del Mar Rosso».
A conti fatti la destabilizzazione del Mar Rosso è l’ennesima conferma dell’importanza strategica del Canale di Suez, un tratto imprescindibile dei transiti marittimi in cui il volume di traffico ha subito un calo drastico dei containers dai 500mila al giorno del periodo pre - Houthi ai circa 200mila di oggi, per una perdita per l’economia egiziana pari a circa 4 miliardi di dollari all’anno (circa il 2 per cento del Pil del paese) e una crisi finanziaria conseguente che ha costretto il governo a tagliare la spesa pubblica e i servizi sociali con gravi contraccolpi per una popolazione quanto mai provata da una crisi economica perenne.
La destabilizzazione della sicurezza marittima nella regione del Mar Rosso,come segnalato più volte su queste pagine, colpisce al cuore anche l’import/export italiano. A pagare sono soprattutto i settori italiani d’eccellenza del mobile e del legno, della ceramica, dei prodotti della metallurgia, del petrolio e dei suoi raffinati, del tessile e dell’abbigliamento per non parlare delle esportazioni agroalimentari e del vino. Eppure, a dispetto dei venti di guerra sulla penisola arabica, nell’attuale contesto globalizzato le vie del mare restano in ogni caso insostituibili per il trasporto delle merci. Per questo la libertà di navigazione è un patrimonio dell’umanità che deve essere preservato e difeso a tutti i costi.
Assicurare il libero e pacifico utilizzo delle rotte marittime è un’esigenza irrinunciabile per il commercio marittimo globale. Un commercio marittimo che, al netto di tutti gli studi e di tutte le analisi, continua a crescere e a confermarsi l’ossatura del trade internazionale. La chiave di tutto è il mare: un mare oggi in balia di una moltitudine di conflitti locali e regionali, ma soprattutto della grande disputa per l’egemonia planetaria tra i due veri, grandi contendenti nella sfida per il controllo dei mari, e quindi del pianeta:Stati Uniti e Cina.
Nicola Silenti
In copertina foto da DEPOSITPHOTOS
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