Il Mose di Venezia: ''Lo stato dell'arte''
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Tra le tante “Grandi Opere”, così care ai nostri politici, il Mose (Modulo Sperimentale Elettromeccanico) sembrava essere destinato, per progettualità avveniristica ed eccellenze industriali, ad essere un fiore all’occhiello del paese.
Un progetto teso a salvaguardare un’area unica al mondo, con Venezia fragile bellezza e un ecosistema altrettanto fragile, e in grado di far dimenticare i disastri dell’alluvione del 1966 e il frequente innalzamento del livello del mare, reso ancora più prossimo dal riscaldamento globale, che tanto disagio crea alle attività e alle popolazioni.
Dopo quasi un ventennio di lavori ed un macroscopico incremento di spesa, (5.5 miliardi di €) sulla quale gravano malversazioni e corruttele, oltre a indecisioni e vero disinteresse governativo, anche la data del 2021, data per certa di fine lavori, sembra slittare inesorabilmente.
I 900 milioni disponibili per le ultime quindici paratoie e altri lavori di finitura su strutture già poste in essere, attendono il collocamento operativo con quelle imprese già coinvolte nei lavori, ma anche questo passaggio si rivela complesso ed inattuabile nei tempi previsti.
Il 95% dell’opera si può considerare conclusa ma la parte mancante rischia di allungare i termini della completa operatività comprensivi degli inevitabili anni di collaudo e messa a punto, nonché degli, altrettanto inevitabili, interventi di manutenzione su alcune strutture da anni immerse in un ambiente salmastro altamente corrosivo.
Aspetto, quest’ultimo, che pone il problema dell’individuazione di chi provvederà alla manutenzione successiva al termine dell’opera e ai relativi costi che si presumono impegnativi, per evitare inevitabili cedimenti strutturali.
Salvare Venezia è certamente una priorità posta all’attenzione di un’ opinione pubblica mondiale, ma anche consentire alle molteplici attività portuali, alle attività commerciali ed industriali di Porto Marghera nonché all’accessibilità nautica dell’area di mantenere un livello ottimale di operatività, considerando che alcune soluzioni messe in atto nel corso della realizzazione, come ad esempio quelle realizzate alla Bocca di Malamocco, non presentano requisiti di sicurezza e funzionalità soddisfacenti.
Altre perplessità si sommano nella valutazione inevitabile di costi e benefici ed in buona parte tendono ad evidenziare che la scelta del Mose e i suoi biblici tempi di realizzazione, risultano, per alcune fonti qualificate, non pienamente funzionali all’obiettivo di salvaguardia.
Sembra ad esempio che la localizzazione di queste imponenti strutture abbia già determinato uno sconvolgimento ambientale significativo, e che l’opera, come per altro noto sin dall’origine, non garantirà protezione alla città per innalzamenti al disotto del metro.
Eventi per i quali sono già allo studio soluzioni alternative. Inoltre i materiali utilizzati, forse a causa degli appalti al ribasso e della consequenziale corruzione, non sembrano essere all’altezza, per qualità e durevolezza, alla funzionalità richiesta.
Il paese assiste quindi, ad un nuovo probabile fallimento di una “grande opera” che andrà a penalizzare ulteriormente un sistema paese incapace di esprimere una politica virtuosa che abbia a cuore la nazione e non il misero vantaggio di parte.
Fabrizio Fattori
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