Il Madagascar isola felice
di Fabrizio Fattori

di Fabrizio Fattori
Questa appropriata definizione risale al XVII secolo ad opera dei viaggiatori e mercanti che redassero note di viaggio, come Richard Boothby e altri.
Questo apprezzamento andava anche al di là della bellezza dei luoghi, della particolarità di flora e fauna e dell’amenità del clima ma era rivolto anche agli abitanti definiti in più occasioni la “gente più felice del mondo”. Il primo contatto con l’occidente risale ai primi anni del XVI secolo ad opera dei portoghesi e le loro impressioni contrastavano con le valutazioni successive.
Per quanto la sua posizione strategica ai commerci tra Atlantico ed oceano indiano, tra Africa ed Asia, le sue ricchezze si rivelarono essere ben al di sotto delle aspettative. La spregiudicata anima coloniale degli europei utilizzò, sapientemente, i naturali contrasti tra i potentati inserendosi agevolmente nel tessuto locale.
La presenza di una forma di schiavitù, legata alla terra, agevolò l’attivazione di tale commercio facilitato anche dall’apprezzamento che l’ingegno e l’intelligenza di tali etnie godeva nei porti caraibici di arrivo o sparsi tra il Quebec, New York e le coste americane, dove era destinata, almeno inizialmente, non tanto al bruto lavoro delle piantagioni, ma ad attività artigianali di vario tipo.
Mappa del Madagascar del 1679
Le cronache rimandano la storia di “Marramitta” (dal francese “marmite”) divenuto cuoco sul “Margaret” nave di magnati americani. Là dove la presenza di foreste e risorse naturali concretizzò anche il fenomeno del “marronage”, il recupero, con la fuga, della vita libera e selvaggia primo passo verso il riconoscimento di una dignità recuperata.
La felice posizione geografica dell’isola determinò anche lo sviluppo di attività connesse alla pirateria in stretto legame con i sovrani locali, avidi di supporto militare e di armi per le loro beghe e sempre più attratti da birra e rum, il tutto ripagato da schiavi. Tale attività, sostenuta da capitali americani, ruotava, in particolar modo, intorno all’isola di Santa Maria al Nord delle coste malgascie, divenuta stazione di rifornimento di tutta la pirateria di prossimità.
Qui le navi pirata venivano rifornite di tutto, comprese bibbie americane, a testimonianza del fatto che malgrado le atrocità, le razzie e le violenze la speranza di salvarsi l’anima era sempre molto viva. In questo caso la ribellione dei locali pose fine, con la distruzione del forte presidio alle attività e l’uccisione di parecchi pirati, a tale attività. Malgrado questo è stato calcolato che tale vergognoso commercio abbia sottratto all’isola, nel corso di circa due secoli, parecchie centinaia di miglia di persone.
Fabrizio Fattori
In copertina foto di photosforyou da Pixabay
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