Il ''Cristallo Magico'' degli antichi marinai nordici
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Stabilire la rotta, fare il punto nave, arrivare così a destinazione sono stati nei millenni bisogni prioritari di ogni uomo, più o meno audace, che si avventurasse per mare.
Ogni navigante ha cercato espedienti per assicurarsi la buona riuscita del viaggio.
Dalla naturale predisposizione dei Fenici capaci di “sentire” la rotta in tutte le condizioni meteo, allo studio della direzione del volo degli uccelli marini, alle rotte migratorie dei grandi cetacei, o alla conformazione delle nuvole al di sopra delle terre oltre l’orizzonte, oltreché all’osservazione del sole e delle stelle, sino alle prime rudimentali bussole cinesi del XIII° secolo.
Recenti ipotesi hanno individuato nello spato islandese (calcite trasparente, forma cristallina del carbonato di calcio) la capacità di polarizzare la luce solare, anche se minima, in modo da consentire di individuare la posizione del sole anche in presenza di nuvole o nebbia. La polarizzazione consiste nella scomposizione della luce che diverge attraversando questo particolare cristallo, e che con le opportune tarature e rotazioni, consente di conoscerne la fonte.
Questa ipotesi rimanda alla “solarsteinn” delle saghe nordiche, la pietra del sole più volte citata nei miti vichinghi. Come, ad esempio, i racconti relativi alla vita di Sant’Olaf re di Norvegia (995-1030). L’utilizzo di questa pietra, solo parzialmente testimoniato da controversi ritrovamenti archeologici, avrebbe consentito ai naviganti nordici di esplorare, in relativa sicurezza, ampie porzioni di oceano e forse spingersi in terra americana con molti secoli di anticipo su Colombo.
Di indubbio interesse è il ritrovamento di un frammento del cristallo in argomento nel relitto di una nave inglese (la Alderney) naufragata nel canale della Manica alla fine del XVI° secolo la cui presenza è stata giustificata con la necessità di verificare e correggere la posizione data da una bussola magnetica visto che la sola esistenza a bordo di una massa metallica relativa ad un solo cannone era in grado di alterarne sensibilmente la correttezza dell’indicazione ottenuta tradizionalmente.
Recenti testimonianze di “archeologia sperimentale” hanno dimostrato l’affidabilità di questa tecnica mantenendo il margine di errore, rispetto alle misurazioni effettuate con una bussola, all’interno di variazioni minime.
Malgrado questo non si hanno, al momento, certezze tali da poter affermare con sicurezza quanto ipotizzato da alcuni ricercatori, rimane, quindi, ancora ancorata al mito, la grande capacita a navigare delle popolazioni nordiche.
Fabrizio Fattori
Foto in copertina da The Natural History Museum/Ala
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