Ibn Battuta, un viaggiatore di altri tempi
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Il mondo arabo ha prodotto sin dai primi secoli di islamismo una serie di resoconti di viaggio strettamente collegati al pellegrinaggio alla Mecca, divenuti nel corso degli anni sempre più ampi e dettagliati.
Tra questi narratori di mondi nuovi si distingue Ibn Battuta, marocchino di Tangeri, che spinto dall’esigenza di compiere quanto previsto da un buon mussulmano, va oltre e viaggia per terra e per mare per circa trent’anni, compiendo oltre 120.000 chilometri, il triplo di quanto, prima di lui, aveva compiuto Marco Polo.
Viaggi compiuti parte in solitario o al seguito di carovane commerciali, trovando appoggi ed ospitalità grazie alla comune fede nel Corano e alla sua notorietà di uomo di fede e conoscenza. Furono i viaggi per mare a fargli compiere, tra mille pericoli, tempeste e pirati oltre alle inevitabili malattie, le più ampie distanze.
Abd Allāh al-Lawātī al-Ṭanǧī ibn Baṭṭūṭa
Imre Solt, CC BY-SA 3.0
Tra il 1327 e il 1330 percorre il Mar Rosso ed il golfo Persico per poi discendere lungo la costa africana oltre l’odierna Mombasa e ritorno. Poi nel 1333 lungo le coste indiane fino alle Maldive e all’isola di Ceylon. Successivamente (1341) attraversa il golfo del Bengala ridiscende sino a Sumatra per attraversare il mar cinese meridionale e approdare via terra a Pechino.
Ma anche le frontiere del nord lo vedranno protagonista di lunghi tragitti che lo porteranno a nord del Mar Nero e del Caspio fino alle terre di un freddo inimmaginabile. Nel 1354 sulla strada del ritorno attraverserà il grande Mare di sabbia e si dedicherà alla stesura, su richiesta del sultano di Fez, dei suoi ricordi di viaggio.
Si tratta infatti di ricordi conservati per quasi trent’anni nella sua memoria non avendo nel corso di un così lungo periodo, mantenuto diari, lettere o appunti. Tutto affidato alla sua memoria, sollecitata anche da altri resoconti di viaggio e da quanto il suo colto scrivano Ibn Yuzayy poeta andaluso, aggiunse a sua discrezione.
Nei suoi racconti, conosciuti come “Il Viaggio” (al-Rihla), si condensano, quindi, esperienze di altri, che se pur non prive di attendibilità, lasciano su parte della sua opera un vago alone di immaginazione. Tali narrazioni, venute casualmente e frammentariamente a conoscenza dell’occidente nel corso del XIX secolo, contribuiscono comunque ad arricchire la conoscenza di ampie aree geografiche e di culture secolari del XIV secolo.
Fabrizio Fattori
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