Gibilterra, la porta verso l'ignoto
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Quella strettoia di mare che si crea tra la rocca di Gibilterra ed il Jabel Musa sulle coste africane, ha a lungo rappresentato un limite fisico e psicologico per i naviganti di tutti i tempi.
Le colonne d’Ercole indicavano nel mondo classico il limite estremo di quanto conosciuto. Ercole spaccando le montagne (Calpe ed Abila come allora erano chiamate) a margine della nona delle sue dodici fatiche, ne ricavò uno stretto passaggio ponendone a monito di invalicabilità la scritta “non plus ultra”.
Lo stretto di Gibilterra
Sebbene autori classici attribuiscano ad altri luoghi questa funzione di porta verso il mondo sconosciuto, le colonne d’Ercole così come collocate dal mito più diffuso, hanno rappresentato per secoli fonte di racconti fantastici che hanno posto al di la di esse luoghi misteriosi ed affascinanti come Atlantide, terra felice inghiottita dall’oceano, o la montagna del dantesco purgatorio.
Un luogo così strategico da un punto di vista militare e commerciale non poteva non essere in perenne contesa tra le nazioni. In particolare la rocca di Gibilterra pur con i suoi limitati km quadrati (6.800) e le scarse risorse, è stata nel corso dei secoli contesa tra spagnoli ed arabi (il suo nome deriva dal conquistatore arabo: Tariq ibn Ziyad) e successivamente tra spagnoli ed inglesi.
La rocca di Gibilterra - Foto di lutz6078 da Pixabay
I trattati di Utrecht (1713) e di Siviglia (1729) sancirono il controllo inglese su quei territori ma non risultarono essere la soluzione definitiva. La Spagna ha cercato sempre di recuperare quella regione alla propria sovranità e solo i referendum del 1967 e del 2002 hanno posto fine alle speranze spagnole, brevemente, e anche in questo caso vanamente, riaccese dopo il risultato del 24 giugno 2016 (Brexit), nel quale quasi la totalità degli abitanti di Gibilterra si era espressa a favore della permanenza nella UE.
E’ quindi l’importanza strategica militare ed economica che pone ancora oggi questi territori al centro dell’attenzione geopolitica mediterranea, ormai stabilizzatasi come un territorio d’oltre mare del Regno Unito, avente ampie autonomie, tali da renderlo un paradiso fiscale e porlo nella lista nera redatta dall’Italia in materia di attività finanziarie in sospetto di elusione/evasione.
La Union Jack sventola a Gibilterra - Foto da sociologicamente.it
Aspetto alla base delle tensioni giuridiche tra i paesi dell’area mediterranea che ha imposto un’altra disposizione limitativa riguardante l’accesso alle acque territoriali di imbarcazioni super veloci con l’obiettivo di limitare il contrabbando un tempo fiorente e fortemente nocivo per l’economia spagnola, così come viene guardata con insofferenza l’attività di trasporto e trasferimento del petrolio, che si avvale del miglior regime fiscale presente a Gibilterra, specie quando dall’intenso traffico si generano problemi ambientali.
Sul piano antropologico Gibilterra risulta essere la classica società multietnica dove diverse culture sommano le loro peculiarità producendo una realtà tipicizzata. Fenomeno questo che risulta tangibile sul piano linguistico dove è in uso un dialetto (Llanito) con espressioni derivate dal genovese, a testimonianza di una secolare significativa presenza, dall’andaluso e dall’ inglese.
Foto di Brigitte makes custom works from your photos, thanks a lot da Pixabay
Un’altra particolarità di questi territori riguarda la presenza di una colonia di macachi ( macaca sylvanus) unica in Europa e fortemente legata alla leggenda che la lega strettamente al dominio inglese, al punto che nel 1942 Winston Churchill, si affrettò a ripopolare la colonia in allarmante calo demografico per scongiurare la perdita di controllo del territorio, specie in un momento in cui la Germania di Hitler, con il piano Felix, mirava ad impossessarsi di Gibilterra e con essa avere il controllo tra Mediterraneo ed Atlantico.
Il destino di queste scimmie rappresenta, forse, un classico esempio di come l’inevitabile corruzione della loro vita selvatica, dovuta al contatto con l’opulenza occidentale, abbia generato comportamenti aggressivi, mutamenti nel regime alimentare e abbattimento della qualità di vita, dando ampio spazio di riflessione sulla degenerazione degli ecosistemi dove le parti soccombenti (flora e fauna) pagano sempre e comunque il prezzo più alto.
Fabrizio Fattori
In copertina foto di Vlad Man da Pixabay
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