Venezia da secoli combatte con il grande problema dell’ “acqua alta” che minaccia periodicamente le sue bellezze e la sua economia.
Fenomeno già a lungo storicizzato da cronache e narrazioni. La soluzione ottimale è sembrata essere la realizzazione del “Mose” (Modulo sperimentale elettromeccanico), una barriera che si solleva a comando appena viene segnalata l’arrivo di marea, e questo sempre che si instauri un coordinamento virtuoso con i centri di rilevamento. Il Mose, faraonica costruzione che ha richiesto parecchi anni di gestazione appesantiti anche da scandali e corruzioni, ha fatto il suo debutto nel corso del 2020 con un buon esito a detta anche dei cittadini che in passato hanno pagato un prezzo altissimo a causa di questo fenomeno.
Una prima soluzione sembrò essere la realizzazione dei “murazzi” realizzati su progetto di Bernardino Zendrini con il duplice scopo di difesa militare e ambientale. Lunghi parecchi chilometri vennero costruiti tra la metà e la fine del XVIII secolo con le pozzolane che a contatto con l’acqua salmastra impietriscono e reagiscono meglio rispetto alla pietra d’Istria, materiale d’eccellenza per le costruzioni veneziane.
Ma ancor prima di questo un duplice progetto venne presentato alla Serenissima da un personaggio che ancora oggi risulta essere tra i più misteriosi dell’epoca: Federico Gualdi, alchimista e filosofo, esperto in metallurgia e dedito alla ricerca della pietra filosofale dalla prodigiosa capacità di trasformare il piombo in oro, pratica divenuta oggetto nel suo “De lapide philosophorum”.
Al “Consiglio dei dieci” arrivarono nel 1660 e nel 1663, i due studi di fattibilità attraverso l’istituto del “raccordo” o “segreto” che consentiva a chiunque di presentare istanze, idee, progetti, soluzioni, con la possibilità di accoglienza. I progetti tratteggiati nelle loro essenzialità non ebbero seguito e con essi le aspirazioni nobiliari del Gualdi che peraltro si arricchì aumentando la produzione del rame delle miniere del bellunese con metodi di sua invenzione.
Questa iniziativa si arenò forse a causa della non chiara fama del soggetto che al di fuori di una pur vasta cerchia di estimatori risultava essere un poco credibile millantatore. Basti pensare che in virtù di personali e misteriose pratiche mediche, vantava un’età di più di quattrocento anni esibendo, tra l’altro a riprova, un ritratto fattogli dal Tiziano ben centotrenta anni prima.
Arrivato a Venezia nel 1660 da misteriose provenienze vi rimase qualche anno e dopo aver evitato un probabile processo per attività esoteriche da parte del “Tribunale dell’Inquisizione”, scomparve altrettanto misteriosamente. Un personaggio del genere, ricco di fascino e di mistero, con indiscusse capacità affabulatorie lasciò di se una tale impronta nel secolo che molteplici furono i suoi imitatori che non solo si inserirono nelle sue filosofie e nel suo progetto di immortalità, ma ne usurparono a lungo anche il nome.
Fabrizio Fattori
In copertina Venezia con l'acqua alta di Vincenzo Chilone (1758-1839)
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