Del pepe ed altre spezie
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Un adagio popolare conferisce al pepe, se posto in una particolare zona del corpo umano, una impareggiabile carica propulsiva.
E’ ciò che è accaduto intorno al XII secolo a seguito della nefasta iniziativa delle crociate. Il mondo occidentale entrò in contatto, più massicciamente che in passato, con la cultura araba ricavandone immense conoscenze sul piano matematico, medico, scientifico, astronomico e culturale in genere.
L’uso abbondante di spezie ed in particolare del pepe nelle pietanze quotidiane di quelle latitudini trasmigrò pari pari sulle mense occidentali suscitando enorme apprezzamento e divenendo in breve uno status symbol di potere e di ricchezza, al pari di innovativi tessuti come il velluto, il damasco, il taffetà o altri lussuosi oggetti come i tappeti e la gioielleria esotica.
Un sacchetto di pepe era un regalo degno di un sovrano al pari del più raffinato gioiello. Originarie dell’India e delle Molucche le spezie, come chiodi di garofano, il macis, la noce moscata, la cannella, concentravano in se non solo gusto e sapore ma anche una fantasiosa idea di esotismo paradisiaco.
La via della seta (rosso) e la rotta delle spezie (blu) nel 1453
Queste merci approdavano in Siria ed in Egitto grazie ai carovanieri locali, dopo aver attraversato l’oceano indiano e l’istmo di Suez, e da lì imbarcate su navi, prevalentemente veneziane, per poi essere smistate oltr’alpe. E’ facilmente immaginabile come viaggi così rischiosi e impegnativi gravassero pesantemente sul prezzo finale.
Per più di due secoli questo sistema riuscì a soddisfare la domanda in crescita esponenziale di queste merci, consentendo l’accumulo di enormi ricchezze. Ma con il crescere della domanda, proprio da parte di quella borghesia mercantile arricchitasi con i commerci e sempre più orientata ad imitare i consumi dei nobili e dei potenti, la filiera finì per risultare inadeguata.
A questa “crisi”, alimentata anche da pesanti tassazioni di transito all’origine, si rispose con iniziative di esplorazione geografica mirata a superare i percorsi consueti ed individuare rotte più dirette e redditizie grazie all’aumentata capacità di carico delle imbarcazioni. La ricerca della “via delle Indie” divenne un’ ossessione di tutti i naviganti del XV secolo.
Basti citare Cristoforo Colombo e Vasco da Gama. I portoghesi riuscirono a monopolizzare il commercio delle spezie con l’India, e Colombo, convinto a sua volta di aver scoperto la rotta per le Indie, dovette “accontentarsi” di aver scoperto il “Mondo Nuovo”, con le sue incommensurabili ricchezze di oro ed argento.
Le spezie ed in particolare il pepe determinarono concretamente il passaggio dal medio evo all’era moderna ed in essa affievolirono la loro carica propulsiva lasciando spazio a tutto ciò di cui le nuove scoperte erano in grado a proporre, comprese essenze, altrettanto esotiche, come il tè, il caffè ed il cioccolato, cui il gusto mutevole dei tempi volse il proprio ragguardevole interesse.
Fabrizio Fattori
Leggi anche: Vasco da Gama e la rotta delle Spezie
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