Da Serifos a Ormos Dhespotiko. Sinfonia delle mezze stagioni
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
Capita che la fine di settembre sia, insieme, un caotico ferragosto, un gentile ottobre e un gelido dicembre. Non proprio nello stesso momento, ma magari un giorno dopo l'altro. E in una settimana verifichi il cambio delle stagioni e la schizofrenia delle mutazioni.
Avevamo un conto in sospeso, a Serifos, e dovevamo assolutamente tornarci per esigere il nostro credito.
Si chiama Ormos Kedarchos ed è semplicemente una gran bella baia. "Una baia stupenda", l'avrei definita 2 anni fa ma l'aumentare della conoscenza di questo paradiso mi porta purtroppo a rivedere gli aggettivi in senso riduttivo.
In navigazione verso Serifos
È un grave guaio quest'abitudine alla bellezza che sto sperimentando. La nostra "casa" ha i panorami più belli del mondo, ogni giorno diversi. Butto l'ancora e ho un terrazzo turchese, a prua a volte il deserto, a volte una Dolomite, a poppa quasi sempre un orizzonte infinito. Colleziono ogni anno centinaia di perle di un rosario del bello e quasi non me ne accorgo più tanta è la consuetudine a questa meraviglia. Ne fa le spese lo stupore, che al 4° anno di Egeo, fa capolino ancora ma sempre più raramente.
Ormos Kedarchos è un'insenatura stretta sulla costa orientale della rotonda isola di Serifos, la prima che incontri se vieni da Nord, la prima che incontriamo facendo rotta da Andros. 2 anni fa, ci andammo prima di lasciare l'isola, dopo averne fatto quasi il periplo venendo da Ovest. Trovammo questo incanto, buttammo l'ancora e ci godemmo lo spettacolo della natura e il silenzio per un paio d'ore. A quel puntò arrivò una flottiglia di 7 barche a vela che si ormeggiarono affiancate, con tanto di cime una all'altra e parabordi.
La Chora vista dalla barca in porto
Portarono nell'incanto, il drammatico realismo di una realtà portuale. Resistemmo poco e per il solo gusto dell'orrore, poi salpammo l'ancora e ce ne andammo, grati ancora una volta di quell'enorme libertà che il mare ti riserva. Andammo via, senza rimpianti ma con l'amaro in bocca di una giornata spezzata a metà. (qui il racconto dell'incontro con la flottiglia nel 2012)
Ci torniamo per questo a Kedarchos, la troviamo deserta e recuperiamo con soddisfazione il maltolto.
Prima che il vento diventi meridionale, come preannunciato dal meteo, ce ne andiamo a stare un paio di giorni a Kalo Ambeli, la grande baia a sud dell'isola. Qui lo stupore resta intatto, come la prima volta. Entri in acqua, guardi il fondo ed è come tuffarsi nella piscina di Paperon de' Paperoni. Il pulviscolo d'oro nella sabbia abbaglia e allo stesso tempo rinfresca come acqua minerale.
La stagione è finita, non ci sono più barche in quest'isola che è un punto di snodo fondamentale della rotta da Atene a Milos.
Veduta dalla Chora di Serifos
Illusione... Andiamo in porto e inizia un altro film. Talmente diverso da restare attoniti.
Finiamo esattamente al centro dell'invasione russa. Il molo di Serifos, poco dopo il nostro arrivo, viene preso d'assalto da barche charter con un fattore comune: la bandiera sulla sartia di sinistra, un tricolore bianco blu e rosso.
Sono arrivati i Russi. 4 parole che dalla dissoluzione dell'Unione sovietica non spaventano più gli anticomunisti ma che oggi hanno un effetto terrorizzante su chiunque vada per mare. La bandiera russa per un armatore suona minacciosa quanto e forse di più della bandiera dei pirati.
Ci siamo abituati alla rumorosità dei tedeschi, alla spocchia dei francesi, alla prepotenza dei turchi, ma alla pericolosità dei russi al timone non potremo mai abituarci.
Gente di Serifos
Uno pensa: ci sono una ventina di posti al molo di Serifos, sommando quelli sul versante nord e quello sud, finiti quelli ci sarà la pace. E invece no. Per i Russi, il molo di Serifos è una sorta di albergo a ore. Vanno, vengono, pochi si fermano abbastanza a lungo da non destare sospetti sulla loro nevrosi compulsiva. Comprensibile però, d'altra parte, visto che l'ormeggio che fanno non dà mai prova di essere solido. Nel mentre, offrono uno spettacolo circense che deve essere esilarante per un turista da terra, seduto al tavolino del bar di fronte. Decisamente meno per l'armatore della barca cui il russo si ormeggia a fianco. Noi di altra etnia (noi, una coppia di svizzeri e un tedesco), sparpagliati sul molo, abbiamo molto meno da divertirci.
Abbiamo affittato un motorino mentre eravamo nella fase "Uno pensa..." di cui sopra. Tolto una veloce puntata alla Chora, lo scooter è rimasto parcheggiato alla fine del molo, inutile quanto la spesa di 18 euro.
Dalla Chora di Serifos
Però, però.
Ogni esperienza è crescita di consapevolezza e di conoscenza. Per esempio, guardando ho imparato che l'imperizia del timoniere è inversamente proporzionale al suo timore. Ho visto manovre folli eseguite a velocità sostenute senza che sul volto del comandante e dell'equipaggio fosse dipinta alcuna preoccupazione. Ho visto mani andare dove non dovrebbero mai e salvarsi, per pura generosità divina, dall'essere schiacciate tra fiancata e fiancata. Ho visto verricelli miracolosi bloccarsi da soli proprio mentre la poppa stava per finire in banchina.
Ho visto cime d'ormeggio calate aggrovigliate nell'acqua e comandanti quasi orgogliosi di averle catturate con l'elica. Con la propria, per fortuna.
La tranquilla plateia di Chora a Serifos
Ho visto, ma soprattutto ho sentito, la barca che all'1 di notte si è spostata dalla tranquilla rada al posto lasciato libero accanto a noi. Per poi ripartire alle 4, solo 3 ore dopo, senza aver attaccato la corrente in banchina, senza aver fatto acqua e senza essere scesi a terra.
Ho visto e ho sentito - ma soprattutto mi hanno sentito loro - questa barca arare il fondale della baia fino ad acchiappare la mia catena e portare - alle 4 di mattina - la mia ancora in giro per la cala di Livadi, senza accorgersi di averla arpionata. Ho visto il russo guardare la mia catena appesa alle sue marre, continuando a girare in tondo con uno sguardo in trànce fino al momento dell'idea geniale. La solita idea geniale: il mezzo marinaio di plastica e alluminio che ogni volta viene usato per sollevare un enorme peso in trazione.
I mulini alla Chora
Ho sentito quel mezzo marinaio lanciare il suo ultimo grido "Ma per chi m'hai preso???" e l'ho visto perdersi nella notte nera dei russi su un charter.
Poi, come quasi sempre, gli dei intervengono e le cose si risolvono. Il russo alza un pollice verso l'alto non tentando di fingere nemmeno con se stesso di avere qualche merito nella liberazione. Il russo va via, io smetto di lanciare insulti in tutte le lingue che conosco e la notte di Serifos torna tranquilla.
Restiamo un paio di giorni e "l'albergo a ore" va a ritmi da grande successo, da boom economico, da traffico cittadino. Guardo il calendario e mi stupisco di leggerci un giorno di fine settembre. È il fenomeno del charterismo di cui parlavo nel precedente post. Arrivano tutti insieme appassionatamente, chissà magari tra due giorni qui non c'è più nessuno. Non si conoscono ma parlano tutti la stessa lingua. Se non fosse uno spettacolo osceno e esageratamente colorato, verrebbe voglia di sentire in sottofondo la colonna sonora del Dottor Zivago.
Lungo la costa occidentale di Sifnos
Con coraggio, o incoscienza, lasciamo la barca a difendersi da sola mentre facciamo una veloce fuga alla Chora. Lì ritroviamo i ritmi del fine stagione e la quiete a calce bianca delle viuzze desolate ci rinfranca della preoccupazione.
Il vento riprende a soffiare da nord e noi muoviamo verso Sifnos, sperando che il fiume di charter sia sulla via del ritorno. Abbiamo davanti 3 giorni di bel tempo e di vento medio, poi è prevista una brutta perturbazione con cambio di vento nel mezzo, quelle situazioni in cui devi individuare un posto sicuro e aspettare che passi. 3 giorni davanti da dedicare a Sifnos prima di andare altrove. Facciamo un bel bordo di lasco a vele piene, poi quando sotto Sifnos rinforza, prendiamo una mano di terzaroli. Ci dice bene e troviamo un'isola nuovamente tranquilla, con un clima da fine stagione e un'acqua qualche grado più fredda ma bella limpida e rinfrescante. Ci ancoriamo nella baia di Vourlidia, a Nord Ovest. E siamo solo noi. Silenzio, roccia e macchia verde.
Nei pressi di Vourlidia, Sifnos
È di nuovo il paradiso. E mi ricorda ancora una volta che se vuoi dormire la notte sei sempre più tranquillo in rada che in un porto. Almeno in Grecia, almeno se sai sceglierti le rade meno frequentate e qui in Egeo l'operazione è tutt'altro che difficile anche in pieno agosto.
Il giorno dopo, scendiamo il versante Ovest, sempre a vela, sempre con un bel lasco tranquillo. Diamo un'occhiata al porto di Kamares dove c'è posto all'inglese ma è necessario lasciarlo entro le 9 quando arriverà il traghetto. Ci viene l'intuizione di andare avanti, proseguire oltre Vathi, scapolare l'isoletta di Kitriani e raggiungere Platì Gialos sulla costa sud est dove sappiamo che è stato terminato un porticciolo ben protetto.
Un porto tutto per noi, a Plati Gialos, Sifnos sud est
Ci arriviamo dopo il tramonto e troviamo l'antitesi di Serifos: una bella darsena chiusa, dotata di corpi morti, colonnine con acqua e corrente. Tutto nuovo di zecca. Kostas, l'ormeggiatore, ci informa che il costo è di 15 euro, inclusa acqua, corrente e wi fi. Oltre a noi, una sola barca, il giorno dopo resteremo soli.
Ecco che, ogni tanto, benedici il costo di ormeggio, il dazio che tiene lontane le barche, almeno quando è così esiguo. L'affollamento di Serifos è dimenticato, qui abbiamo un porto intero tutto per noi.
Platì Gialos è una raffinata località di villeggiatura - Sifnos stessa è un'isola raffinata, si percepisce dalle ville e dai piccoli hotel di charme. Una grande lunga spiaggia orla un filare di taverne e bar. 4 turisti in croce nel fine settembre, tanta pace e quell'atmosfera greca da fine stagione che mi piace tanto.
Negozietti e bar sul lungomare di Platì Gialos
Quella fatta di golf leggero e pantaloni lunghi, quella in cui contempliamo una tovaglia di carta col disegno dell'isola e ricordiamo quante cose abbiamo visto e quante tovaglie così. E elenchiamo le isole di quest'anno, poi quelle degli altri anni. Cominciando a fare un po' di confusione tra isole e anni perché ormai ce ne sono tanti di una e dell'altra cosa. E i programmi futuri.
Facciamo lo slalom tra tutto ciò che abbiamo già visto alla ricerca di qualcosa di nuovo. Discutiamo se lasciare Sikinos - unica isola del sud egeo dove non ci siamo fermati- tra quelle da scoprire, abbiamo voglia di andarci ora ma è altrettanto importante amministrare il nuovo per rendere interessante il prossimo viaggio.
Kastro, l'antica cittadella di Sifnos
L'affittamotorini di Platì Gialos è operativo solo in estate e lui stesso ci consiglia di prendere un autobus, raggiungere Apollonia e noleggiarlo lì. È l'ultima bella giornata prima di una perturbazione che, in quel momento pensiamo, metterà definitivamente fine all'estate. Dovremo ricrederci e ancora oggi, mentre scrivo di allora, piacevolmente incastrata in una meravigliosa estate che si protrae a fine ottobre, mi chiedo quanto pagheremo caro questo regalo inusitato dell'autunno. Esistono le mezze stagioni, eccome se esistono.
Dopo il ferragosto di Serifos, eccoci nell'autunno mite e sorridente di Sifnos, il tempo sembra correre e sono passati solo due giorni.
Nei vicoli del Kastro
Apollonia è la cittadina principale di Sifnos, vivace e abitata, vitale anche nel fuori stagione, mi dà l'impressione di essere singolarmente operosa. La cittadella antica, il Kastro è 3 chilometri più in basso: un borgo costruito sulle rovine di un'antica acropoli che circonda la cima di una collina a picco sul mare, con vista a 360°.
Il candore della calce bianca crea il solito contrasto con le cupole azzurre, dello stesso colore di portoncini ed infissi. Per le piccole viuzze di pietra rifinite a calce c'è il tipico silenzio cicladico, interrotto solo dal vento che si insinua negli angoli e suona una musica tutta sua.
Kastro, sarcofagi e reperti integrati nelle abitazioni
C'è grande opulenza di reperti antichi nel Kastro, ogni casa ha una stele in marmo, un sarcofago, anfore, parti di capitello, è un vero e proprio sito archeologico abitato. Il museo, che ospita sculture ellenistiche e arcaiche, ceramiche e reperti architettonici, è piccolo, ben tenuto, pulito, essenziale.
Come quasi tutti i musei greci, la struttura ospita le opere con umiltà, senza sovrastarle né enfatizzarle. D'altra parte qui non c'è bisogno di enfatizzare nulla.
Le antiche mura del Kastro (Sifnos)
Andiamo a pranzo nel piccolo borghetto di pescatori di Cherronissos, in un minuscolo fiordo all'estremo nord dell'isola. Poi un veloce passaggio a Kamares, porto e località turistica principale e infine, continuando il giro, ci fermiamo a Chrissopygi, un monastero dedicato alla Vergine Maria e collocato in una meravigliosa location, un piccolo promontorio sul mare, che mi ricorda un po' atmosfere da Sporadi settentrionali.
Sifnos fino a quest'anno era stata un'isola solo di passaggio, per noi. È stato bello riscoprirla, o meglio scoprirla. Trovare un'anima gentile, raffinata, elegante senza per questo essere snob e senza perdere di autenticità. Mi dà l'impressione di essere piacevole anche in alta stagione, scelta da pochi con il comun denominatore della ricerca di quiete.
Il monastero di Chrissopygi, Sifnos
Le nuvole corrono sull'orizzonte, si moltiplicano, si inseguono e mentre siamo a Chrissopygi diventano una unica coperta grigia.
Sta arrivando. La perturbazione ben annunciata ci sta raggiungendo e noi siamo pronti a scappare.
Dopo una prima colazione, ci facciamo un bel bordo con vento ancora leggero da ovest, che via via diventa sempre più fresco mentre il cielo sopra di noi alterna nubi fitte a nubi sparse di tutti i colori che vanno dal bianco all'antracite.
All'ancora a ridosso di Dhespotiko
La nostra "location burrasca" è estremamente prudenziale. I venti forti con groppi temporaleschi preferiamo sempre incontrarli in rada, con spazio abbondante intorno e la nostra fidata ancora sotto metri e metri di sabbia. L'importante è avere protezione da quasi tutti i venti.
Ormos Dhespotiko è il braccio di mare incorniciato dall'isoletta omonima e da quella di Antiparos, aperto a nord per poche centinaia di metri da un canale con fondale di un metro e a sud dall'entrata in quello che una volta dentro ti sembra un lago.
Stroboscopico tramonto d'autunno egeo
Ci ancoriamo a ridosso di Dhespotiko, dove l'acqua è più bella, sapendo che dovremo poi spostarci velocemente al momento del giro e rinforzo di vento, sulla sponda opposta davanti al piccolo villaggio di Agios Georghios ad Antiparos. Non sappiamo quando accadrà, sappiamo solo che dovremo muoverci in fretta a qualunque ora succeda.
Poco dopo cena, eccolo arrivare, senza preavviso. L'anemometro continua la sua corsa fino a 35 nodi, il mare in un attimo si alza di un metro, la catena dell'ancora ci strattona. Siamo nella notte nera, buia come tutte le notti senza luna (ma tanto il cielo l'avrebbe coperta) in un sito pressoché deserto.
Still life del pescatore
Le due taverne di Ag. Georghios con le loro luci accese ci indicano la via, il difficile è individuare e schivare le barchette dei pescatori ai gavitelli. All'ancora e dotata di torcia cerco di individuare il fondale giusto, ma tanto lo sappiamo già che qui è buono. Ancoriamo, fissiamo il baffo, spegniamo il motore e corriamo sottocoperta in sincronia perfetta con le prime grosse gocce di pioggia che cadono.
Il primo pensiero di un marinaio che sta per mare da mesi quando cade un violento temporale è un pensiero di felicità: senti quasi addosso quella doccia di acqua dolce che scorre dalla testa del tuo albero giù, fino a lavare abbondantemente tutta la coperta.
Tramonto a Ormos Dhespotiko
Il secondo pensiero è meno allegro ed è quello che ti fa contare i secondi tra il fulmine e il tuono per capire quanto è caduto vicino.
Anche questa è vita in barca, il violento temporale che fa da sfondo alla malinconia di chi pensa "un'altra stagione se n'è andata" e un rigurgito di coscienza che ci ricorda che casa è lontana e che ora bisogna pensare a un programma, se pur lento, di ritorno.
La chiesetta di Ag. Georghios a Antiparos
Effetti dell'inverno, come fossimo stati colti da un gelido dicembre nel mezzo dell'Egeo. A 1 giorno dall'autunno di Sifnos, a 5 giorni dal ferragosto di Serifos. In quei momenti pensi che non torneranno più il caldo e il clima mite. Ce l'hai con qualcuno ma non sai con chi.
Ti senti defraudata del tuo diritto a un'estate perenne, sorpresa e delusa dal fatto che anche quest'anno non si vuole fare un'eccezione per te. Tiri fuori il piumone, lo metti sul letto, cambi il pigiama estivo e metti quello invernale. Prepari la minestrina calda con il formaggino da sciogliere dentro. Tutte azioni consolatorie. Guardi il webasto (il nostro riscaldamento) e pensi, no dai, ancora no ma sai che ci manca poco.
La perturbazione si allontana a Ormos Dhespotiko
E ti sembra che non debba mai finire, come se una burrasca di ottobre non possa che essere il prologo di quella successiva. Dopo una giornata, il vento inizia a calare un po' e il tender torna a sembrare un adeguato mezzo di sbarco.
C'è poco da fare a Ag Geoghios, se non camminare, sedersi alla taverna, raggiungere la piccola chiesa sul canale nord. Poi camminare lungo la strada nel senso inverso, fino a scorgere il mare di fuori, tornare a vedere le altre isole.
Che facciamo? si inizia la via del ritorno o si procede ancora un po' a caso?
Di Francesca Carignani - Foto di Giovanni Rinaldi
In copertina: Cielo d'autunno a Ormos Dhespotiko
Tratto dal blog di Francesca Carignani P'aca' y P'alla'
Francesca è autrice del libro: ROTTA VERSO L'EGEO Edizioni Il Frangente
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