25 marzo 421, i 1600 anni di Venezia
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Una data convenzionale emersa da un documento del XI secolo (Chronicon Altinate) che sancisce la continuità storica di ben mille e seicento anni di una delle città simbolo di quanto l’ingegno e le capacità umane siano riuscite a realizzare su questa terra.
Posto unico di bellezza sotto tutte le sue forme, dalle architetture orientaleggianti, dai “teleri” di Tintoretto, a Tiziano, ai Bellini, fino a Vivaldi e poi Goldoni e, perché no, a Giorgio Baffo a testimonianza di quanto i veneziani abbiano sempre goduto al massimo di quanto le loro imprese e i loro commerci e quindi la raffinata ricchezza abbiano messo a disposizione della loro pragmatica, carnevalesca indole.
Costruita su milioni di pali infissi nel fango della laguna, e sulla pietra bianca d’Istria e su milioni di mattoni di terra cotta, in uno sforzo immane di appropriarsi di un territorio difficile per farne un luogo esclusivo di bellezza e di potere. Un’ economia marinara forte delle galere uscite a centinaia dall’ efficientissimo arsenale, in lotta per il dominio del mediterraneo.
Capace di contrastare le avverse fortune dovute allo spostamento dei commerci verso le acque atlantiche, o le innumerevoli guerre anche di religione, o le pestilenze che ciclicamente si abbattevano sulla città ed il suo territorio. Capace di resistere e rinnovarsi ostentando sempre il suo potere fatto di bellezza non solo nelle arti, ma anche nella sua organizzazione sociale e politica, nella sua ingenua repubblica.
Un prodotto di una cultura capace di assorbire sollecitazioni orientali e farle proprie alla luce delle culture europee in un unicum che ancora oggi ci parla di accoglienza e tolleranza, sempre in sintonia con l’idea di profitto. Profitto che nel corso del tempo l’ha resa spoglia del suo brulicare vitale per porla in mano al formicolare turistico, frettoloso e distratto, soddisfatto di qualche istantanea da far appassire nelle memorie di tutti noi, o di souvenirs assemblati in lontane latitudini.
Resa a quegli occhi un annebbiato luogo di ricordi magari da rivivere nelle repliche pacchiane in America, Cina, Giappone….
Lo scempio delle navi da crociera che solcano minacciose i fragili canali, rappresenta forse il punto più basso che si è voluto far toccare a questa città. La loro presenza capace di mortificare lo spazio più aperto risulta intollerabile sullo sfondo della laguna, delle cupole, dei canali, del lento procedere delle gondole.
Sembra non esservi rimedio all’oltraggio malgrado le proteste. Paradossalmente questo periodo di mestizia esistenziale imposta dalla pandemia, l’ha resa insolitamente più bella agli occhi dei pochi che percorrono le sue calli deserte, le sue piazze raccolte nel silenzio e suo ponti riflessi nell’acqua immobile.
Uno scenario surreale cui son destinati anche i festeggiamenti dei suoi mille e seicento anni di vita, protratti nel tempo nella speranza che l’imperversare del morbo si attenui e consenta a Venezia e a tutti noi di tornare a vivere.
Fabrizio Fattori
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