Corsari contro pirati
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Nell’immaginario collettivo queste due figure di avventurieri dei mari si confondono. Anche se entrambi orientati ad ottenere il massimo guadagno dalle loro imprese, a volte con estrema violenza, hanno di fondo una sostanziale differenza:
i primi ricevono un mandato ad operare militarmente per conto di un governo nazionale di cui ostentano la bandiera sul proprio naviglio, spesso in relazione a conflitti tra stati, con l’obbligo di attenersi alle regole di comportamento militare ed etico, pur mantenendo autonomia ed indipendenza e dividendo i vantaggi con il governo stesso.
Spesso sono armatori che mettono a disposizione la propria nave consentendo ai governi di attenuare l’impegno economico che una marineria ufficiale comporterebbe. I pirati sono di fatto briganti del mare che assaltano e depredano imbarcazioni di qualsiasi nazionalità, non rispondono a nessuna autorità e vivono quasi in perenne navigazione.
Jean Bart |
Tra il XVI ed il XVII secolo il mediterraneo era caratterizzato da questo fenomeno che costituiva costante pericolo ai commerci e alla navigazione tutta.
Per comprenderne il fenomeno è stato calcolato che tra il 1530 ed il 1640 i pirati mussulmani abbiano preso in ostaggio e richiesto riscatto per più di un milioni di cristiani.
Per fronteggiare questa realtà Luigi XIV, consapevole della debolezza della propria marineria, diede incarico a Colbert di contrastare il fenomeno creando “corsari” al servizio della Francia.
Era l’unica soluzione al problema e avrebbe, inoltre, consentito a Colbert di affrontare nei tempi imposti da una forestizzazione forzata, l’ organizzazione di una adeguata flotta nazionale.
All’interno di questa relazione fiduciaria tra stato e gente del mare si creavano grandi opportunità di carriera per avventurieri e coraggiosi armatori. Uno tra tutti fu Jean Bart (1650-1702) che già a 11 anni percorreva i mari del nord su navi contrabbandiere, per divenire a soli 17 anni capitano del “Canard Dorè” brigantino olandese, dopo aver partecipato ad imprese nelle quali aveva dimostrato grandi capacità strategiche e grande coraggio catturando, tra l’altro, un gran numero di navigli nemici.
Jean Bart et Forsin convoyant une flotte du Havre à Brest (par Yves-Marie Le Gouaz [1742-1816], musée du Louvre département des Arts graphiques)
Diviene corsaro in proprio comandando “le Roi David” e grazie sempre alle sue qualità gli viene consentito di armare una nave “La Royal” con la quale su richiesta di Colbert, entra a far parte della marina francese con l’incarico di contrastare le attività piratesche nel mediterraneo e nelle Antille, sempre comunque, al margine dei conflitti che in quel periodo vedono la Francia in guerra con l’Olanda e l’Inghilterra.
Ferito viene catturato dagli inglesi ma riesce a mettere in atto una fuga segando, classicamente, le sbarre della prigione e calandosi con le lenzuola annodate ritornando in patria su una fragile barchetta. Questo accresce l’aurea di avventuriero spregiudicato e coraggioso al punto che Luigi XIV lo chiama a corte attribuendogli onori e nobiltà.
Ma l’azione che lo consacrerà indiscutibilmente eroe della nazione fu quella che, in piena crisi alimentare per il paese, lo vede liberare un carico di grano norvegese, destinato alla Francia, caduto in mano di una agguerritissima flotta olandese. Malgrado la disparità di forze riesce nell’impresa salvando, di fatto milioni di francesi dalla fame.
Ma come spesso capita uomini sfuggiti a mille pericoli trovano la morte nelle dimensioni più banali di una malattia, nel suo caso pleuritica. Muore così nel 1702 a Dunkerque dove era nato 52 anni prima.
Certo a questo nome si potrebbero aggiungere corsari inglesi di altrettanta fama come W. Raleigh o F. Drake, ma sicuramente Jean Bart può vantare tra loro un curriculum tale da consentirgli di essere ricordato come “maxima pirata”
Fabrizio Fattori
In copertina foto di Iván Tamás da Pixabay
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