Le giunche del pianeta Cina
di Aldo e Corrado Cherini
di Aldo e Corrado Cherini
Presentare un ragguaglio sia pure semplificato dei vari tipi riscontrabili tra le giunche cinesi non è cosa semplice dato lo sterminato panorama in cui la materia viene a presentarsi tanto in fatto di tipologia quanto di ubicazione in uno spazio temporale assai esteso.
Ma grande è l’attrazione esercitata da un argomento del genere nel quadro delle attività marinare che di per sè stesse presentano molti motivi di interesse.
Mappa della Cina
Basta aprire un atlante geografico per rendersi conto di quanto sia esteso il pianeta Cina, quanto sia ricco di acque di mare e di acque interne con tratti di costa diversificati e frastagliati, di isole, di seni e golfi, di fiumi e canali, di zone densamente popolate ricche di una storia dove i millenni hanno sedimentato una civiltà che l’Occidente ha trascurato o male inteso.
Va premesso che “giunca” è un termine amministrativo adottato dal codice delle Dogane Marittime Cinesi non indicante alcun tipo di quei natanti, navi o imbarcazioni che siano, che si sono visti pullulare in ogni dove. Ognuno di essi aveva il proprio nome, che cambiava da zona a zona per lo stesso tipo non senza creare confusione tra quanti se ne sono interessati. Da qui la necessità di un termine codificato, “junk” in inglese, e l’adattamento fonetico “giunca” in italiano, “jonque” in francese, “tschunk” in tedesco e così via.
Sampas cinese
Nell’esposizione che segue ci siamo avvalsi principalmente della documentazione grafica di G.R.G. Worcester che per molti anni è vissuto in Cina quale ispettore (Rive Inspector) delle Dogane avendo avuto modo, pertanto, di accedere alla materia direttamente con introspezione anche in zone chiuse agli stranieri. Si deve a lui la raccolta per conto di sir Frederick Maze, Ispettore Generale, dei modelli di giunche attualmente esposti dal Science Museum di Londra, undici dei quali del Maze e dieci del Worcester stesso.
Nella presentazione della materia in sede staccata dalla realtà, sono essenziali i modelli, una serie dei quali si trova conservata anche nel Museo Storico Navale di Venezia grazie al francese Etienne Sigaut, frutto di una sua permanenza in Cina con conseguenti numerose documentazioni conservate in più “cahiers manuscrits” che vengono spesso citati. Modelli si trovano anche a Milano in una sezione del Museo della Tecnica.
Milano - Museo della Scienza e della Tecnica
Non mancano le fotografie tipologiche e d’ambiente già conservate negli archivi del Lloyd Austriaco, poi Lloyd Triestino, che dalla seconda metà del 1800 fino alla prima metà del 1900 hanno mantenuto le linee di navigazione dell’Estremo Oriente, fonte primaria di documentazioni di vario genere e contenuto dovute anche al traffico personale dei marittimi, non poche delle quali confluite nel Museo Civico di Arte Orientale del Comune di Trieste.
Altre raccolte fotografiche recano il timbro del gabinetto triestino del noto Ruggero Pozzar e del tedesco Fritz Henle nonché dei centri fotografici esistenti a bordo delle navi da passeggeri maggiori.
Museo Civico di Arte Orientale del Comune di Trieste
Di G.RG. Worcester vanno citati anche i libri “The junkman smiles” (Chatton and Windus, Londra, 1959) e “Sail & sweep in China”( Science Museum, Londra, 1969) recanti diverse fotografie e disegni di pugno dell’autore, per tacer della ricca e onnicomprensiva documentazione reperibile infine in Internet.
La giunca cinese è un naviglio senza età anche quando esce dal cantiere di costruzione, che il corso dei secoli ha mantenuto pressoché tale e quale fino a tempi che non sono molto lontani quando ha dovuto adeguarsi a quanto è stabilito dalle leggi che regolano la navigazione ormai in tutto il mondo, ma soltanto in certi dettagli imposti dalla sistemazione delle apparecchiature delle quali nessuno sembra possa fare a meno. Ma la giunca lo potrebbe ancora.
Giunca cinese
Molto difficile se non impossibile stabilire l’origine anche per il fatto che di essa Worcester ha notato almeno una ventina di modelli base rispondenti alle diverse condizioni e risorse locali.
Marco Polo ne ha dato notizia per primo, nel 1298, al suo ritorno in patria viaggiando proprio in una giunca sul tratto da Amoy fino ad Hormuz nel Golfo Persico. Naviglio in apparenza fragile ma in realtà dei più robusti grazie alla compartimentazione stagna interna, notabile per l’accurata calafatura e la diligente manutenzione, per certe attrezzature quali il timone centrale ad immersione regolabile e all’occorrenza per le derive mobili, che compariranno sulle navi europee molto tempo dopo.
Tranquillo Cremona:Marco Polo (1254-1324) before Kublai Khan
Gli scafi si presentano per lo più piatti, generalmente senza chiglia, oppure con una chiglia che arriva solamente a metà della lunghezza della carena. Ha attirato particolarmente l’attenzione di Marco Polo la comoda sistemazione per i passeggeri ben diversa da quanto accadeva in Europa dove il passeggero doveva portare, oltre al sacco personale di provviste, anche il proprio materasso che sistemava dove poteva trovare posto, più o meno all’asciutto.
Per non parlare della versatilità di impiego in tutte le gamme del lecito e dell’illecito, trasporti civili e militari di merci e persone, commercio, pesca, servizio di ristoro, contrabbando, pirateria e perfino come abitazione formando veri villaggi galleggianti.
Le vele tipiche di una giunca in un modellino
Caratteristica saliente e richiamo dell’occhio più disattento sono state le vele, e lo sono tutt’ora almeno in parte. Inizialmente di materia vegetale tenuta in posizione da tutta una serie di stecche di bambù, che le rendeva semirigide, sono state vele molto pesanti ma ben rispondenti senza deformarsi alle varie andature con capacità di stringere il vento di prua molto più delle vele europee.
Singolare il fatto, documentato dalle fotografie, dei frequenti buchi provocati dalla pressione del vento ma per lo più di poco conto e quindi facilmente riparabili senza venir meno alla funzione, con gli alberi abbattibili, muniti di poche sartie e non tutti alzati in corrispondenza dell’asse longitudinale, talora anche su di un bordo come l’albero minore poppiero della giunca a tre alberi che, tra le giunche, appare il più diffuso tra tutti tipi, una specie di standardizzazione penetrata anche nelle finitime zone della Manciuria, della Corea e dell’Indocina (Cambogia, Annam, Tonchino, Malesia), Filippine comprese, dove le giunche non sono mai mancate.
Giunca vietnamita
Non sono mancate inoltre le giunche di grandi dimensioni munite di quattro o cinque alberi, che si notavano tra il Mare Cinese Meridionale e l’Orientale, nello Shantung, nonché qualche tipo che potremmo definire anomalo o quantomeno dissueto a due alberi muniti di grandi vele rettangolari steccate con intervallate vele di straglio, una altrettanto grande rettangolare e tre triangolari. E, ancora, qualche esperimento di propulsione meccanica con una grande ruota sistemata dietro la poppa.
In fatto di pitturazione la giunca non si discosta generalmente dalla colorazione naturale del legname impiegato ma non mancano in talune zone, come ad esempio nel Foocow, tradizionali stesure di colore coprenti a guazzo tutto lo scafo. Singolari le composizioni simboliche molto elaborate tra le quali merita citazione il mascherone vagamente antropomorfo, inconfondibilmente cinese, che compare sullo specchio di prua di certi tipi del Chekiang o anche i semplici occhi dipinti sulle prue perché la giunca veda ed eviti i pericoli della navigazione.
Specchio di prua della giunca cinese di Hang Chow - Da www.webalice.it
Attirano l’attenzione le bandiere segnavento alzate sulla sommità degli alberi, strutture molto leggere e capaci di indicare la direzione delle brezze anche minime ma, nella complessa disposizione formale con inclusione di disparati elementi alcuni dei quali chiaramente simbolici, sembrano voler indicare pure altro, proprietà, provenienza o impiego nonché auspicio di fortuna.
Un naviglio che, in sostanza, ha plasmato e servito tutta una civiltà altrimenti improbabile in una rete di collegamenti per via d’acqua quanto mai estesa e articolata, d’altura e di piccolo cabotaggio. Non per nulla le Poste Cinesi dell’anteguerra hanno impiegato per molto tempo una serie di francobolli recanti l’immagine rappresentativa della giunca.
Francobolli cinesi con immagini di giunche
Troviamo presentata in fatto di classificazione tipologica una prima divisione globale in due parti, la prima al nord, corrente dallo Yang-Tze-Kiang ad Antung e Chili, la seconda al sud da Kwangtung ad Hainan, divisione suggerita dalla diversa natura del clima, del regime dei venti, dei fondali, delle situazioni portuali, delle attività connesse.
Worcester segue un concetto diverso e presenta quattro sezioni basate sull’impiego prevalente: giunche di mare, giunche fluviali, giunche da pesca, giunche delle rapide fluviali interne per un totale di 27 tipi compreso la Lorcha, l’ibrido cino-portoghese formato dallo scafo tradizionale europeo ma con l’attrezzatura velica tipica delle giunche.
La Lorcha, l’ibrido cino-portoghese
Le giunche di mare sono di quattro tipi: Kwangtung (prua a tagliamare e poppa arrotondata); Fukien (prua molto inclinata e poppa ovale); Chekiang ( prua arrotondata con parte superiore aperta e poppa semichiusa); Kiangsu, Shantung e Hopech (prua piatta arrotondata e poppa a due piani) usato nel traffico minore.
Le giunche fluviali sono natanti forzatamente minori, a fondo piatto, bassi di bordo con estremità talora molto arcuate e variate nelle forme. Quelle da pesca presentano molte diversificazioni tipologiche (Chusan e Amoy da un estremo all’altro) e sono del tutto particolari le giunche delle rapidi fluviali per grandezza ed attrezzatura tali da potersi prestare al traino controcorrente da terra con l’impiego di numerosi uomini, fatto richiedente un’organizzazione particolare e la presenza di abili piloti, particolarmente per quanto riguarda le rapide dello Yang-Tze-Kiang superiore.
Lo Yang-Tze-Kiang
A questo proposito va ricordato la singolare risalita della cannoniera fluviale italiana “Ermanno Carlotto”, stazionaria in Cina, avvenuta nel giugno del 1923 e descritta nel volume “Pelle di ammiraglio” dal comandante Alberto Da Zara quando nessuno s’era ancora spinto tanto nell’interno arrivando a 200 metri di altezza sul livello marino di partenza.
Potete visualizzare una serie di disegni con i quali non si intende altro che rendere l’idea ed illustrare l’argomento in linea di massima senza pretendere di presentare una panoramica esauriente.
Stante la difficoltà di riportare in corretta grafia sia i tipi della giunca che della località, le didascalie e le indicazioni collegate possono non essere esatte. È mancata la possibilità di verifiche in quanto notevole parte dei disegni è stata eseguita molti anni fa servendosi di pubblicazioni e di fotografie non più rintracciabili.
Ad ogni buon conto, per quanto possa servire, si ripiega per fini pratici sulla semplice numerazione progressiva.
Aldo e Corrado Cherini
Tratto da: www.cherini.eu
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