Saint Tropez forever
di Tealdo Tealdi
di Tealdo Tealdi
Da oltre cent’anni la cittadina francese è luogo di svago, di riposo e di ispirazione per tutti. Dal suo porticciolo sono transitati i più famosi yacht del mondo. I suoi locali sono diventati punto di riferimento per il jet-set internazionale.
La percezione di una pace vitale si fa via via più intensa, quasi fosse un antidoto salvifico.
E che luce! Quel tramonto pulviscolare giallo, arancio, viola e azzurro che cheta le acque, che rassicura l’animo, che avvolge ogni cosa di una sublime e ipnotica bellezza”. Così il pittore Paul Signac descriveva Saint Tropez nel 1892 e bisogna riconoscere che, nonostante il panorama sia cambiato, certi colori, atmosfere e sensazioni, sono rimasti praticamente gli stessi.
Il porto di Saint Tropez in un quadro tridimensionale di Ivan Hor, artista di origini ungheresi, arrivato in Francia nel 1956 dopo la rivolta di quel popolo e trasferito a Saint Tropez nel 1968, dove possiede due atelier. I suoi parenti, tuttora in Ungheria, lo riforniscono ogni anno di centinaia di barchette di carta, che usa per le sue composizioni.
I giovani spesso non lo sanno e si affidano a un mito senza conoscerlo realmente, ma la notorietà del posto poggia su basi solide, che risalgono nel tempo, anche senza risalire a Caius Silvius Torpertius, l’intendente di Nerone decapitato nel 68 dc per non aver voluto abiurare alla sua fede e che dette il suo nome al villaggio affacciato sulla baia.
L’influenza dei genovesi e dei liguri, che la abitarono a lungo, è evidente, soprattutto nel porto, da quando nel 1436 Jean de Cossa, barone di Grimaud, fece appello al gentiluomo genovese Raffaele di Garezzio, per ripopolare il villaggio, più volte distrutto.
Il risultato è che molte famiglie hanno cognomi di chiara origine italiana e la bandiera locale ha i colori bianco e rosso, quelli dell’antica Repubblica di Genova.
Il Golfo di Saint Tropez durante una regata di barche d’epoca, che vi si svolgono numerose, facilitate da condizioni climatiche particolarmente favorevoli, anche se a volte impegnative.
Fu lo scrittore Guy de Maupassant, che nel 1888 capitò in questo piccolo villaggio di pescatori a bordo del suo yacht Bel-Ami, che lo descrisse per la prima volta: “Una di quelle graziose e semplici figlie del mare, spinta nell’acqua come una conchiglia, nutrita di pesci e d’aria marina, dove nascono i marinai”. Dopo di lui, vennero molti pittori, tra cui spicca Matisse, che ivi dipinse la sua opera principale Luxe, calme et volupté nel 1904.
Già nel 1914 il turismo d’élite, cominciò a frequentarla con Coco Chanel, Maurice Chevalier e Isadora Duncan.
Ma l’atmosfera particolare, che già allora vedeva auto di prestigio, yachts e divertimenti negati ai più, era mischiata a un’altra, più intellettuale, di cui si fece testimone la scrittrice Colette, che nel 1932 scrisse nel suo libro Prisons et paradis: “Cocktails e champagne sugli yacht in porto”.
Io conosco l’altra Saint Tropez, che esiste ancora ed esisterà sempre per quelli che si levano "all’alba”.
Dopo di lei i nomi famosi non si contarono più: Errol Flynn, Marlene Dietrich, Orson Welles, Ernest Hemingway, Gérard Philipe e Picasso.
Subito dopo la guerra arrivarono gli “esistenzialisti”: Jean-Paul Sartre con Simone de Beauvoir e Juliette Greco. Nel 1954, una giovane ragazza di 19 anni, Françoise Sagan, pubblica il suo primo romanzo: Bonjour tristesse, il manifesto di una gioventù, psicologicamente fragile, che trova in Saint Tropez un luogo dove esistere più liberamente.
Gianni Agnelli su Agneta |
Ma è l’anno seguente, quando un giovane regista, Roger Vadim, vi gira un film, per allorascandaloso, Et Dieu créa la femme, con Brigitte Bardot, ne avviene la definitiva consacrazione internazionale.
Noi italiani l’abbiamo scoperta solo nei primi anni ‘60, quando cominciano ad arrivare personaggi come Gianni Agnelli, con tutta la sua flotta al completo, tra cui Agneta,il suo yawl a due alberi in mogano e il G50 di Renato Sonny Levi.
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Il G50 di Renato Sonny Levi |
Ma il primo a mettere il nome sulla bocca di tutti, o forse è meglio dire, nelle gambe, è Peppino di Capri con la sua canzone Saint Tropez Twist del 1962. A darle totale rinomanza per noi italiani è, nell’estate del 1968, la storia tra il simbolo assoluto della femminilità del tempo, Brigitte Bardot, con un giovane nostro compatriota, Gigi Rizzi.
Quelli che erano chiamati “Les italiens”, irrompono nella vita del paese e, come ha detto Gigi: “Senza avere le Ferrari, le Rolls o gli yachts di trenta metri, di cui erano invece dotati i “concorrenti” stranieri; me la giocavo tutto con la mia faccia e quella era la sfida più eccitante”.
Il campo di regata è lo stesso da tempo immemorabile e il campanile della chiesa saluta i marinai, come nel quadro di Paul Signac riprodotto più avanti, dipinto nel 1899. Alla sera, dopo le regate il molo, una volta riservato alle barche dei pescatori, si riempie fino all’inverosimile di un pubblico che può rilassarsi dopo una giornata di sole e scambiarsi le impressioni della giornata. |
Chiamati allora “latin lovers”, riempiono le cronache rosa del tempo, testimoni di una gioventù sfrenata e il cui motto, come ha scritto Gigi Rizzi era: “Piedi nudi, jeans, capelli al vento e via. Vaffanculo”.
Quei primi anni sono l’inizio, come ci ha detto Claude Maniscalco direttore del locale ufficio del turismo “di una storia d’amore, che si basa su un passato, una cultura e una geografia comune, ma che si alimenta sempre di più.
Gli italiani trovano, così vicini alle loro frontiere, le caratteristiche della loro Dolce Vita, a cui sono molto attaccati: estetica, piaceri e far niente sotto il sole.
Ogni fine settimana sono in migliaia ad arrivare, molti si fermano a lungo, portando la loro disinvolta eleganza nelle nostre caratteristiche stradine e lussuose boutique, assaporando un ristretto sul Porto e contagiando, con la loro gioia di vita, tutti i luoghi che frequentano, fino a notte inoltrata”.
Ora la vita in quell’antico borgo di pescatori è cambiata, anche se l’atmosfera di allora, la magia che ammantava la località è finita.
Immagini: Luxe calme et volupté, forse l’opera più famosa di Henri Matisse dipinta tra il 1904 e il 1905. Paul Signac 1899 Entrée du port de Saint Tropez au soleil couchant. Notate il colore del cielo sullo sfondo, le ombre dietro le figure al tramonto, la spiaggia, il golfo, gli alberi, la barca a vela: più di cento anni sono trascorsi, ma il panorama, le luci e i colori sono gli stessi. Il balcone dell’Hotel Sube, sul porto, non è cambiato da quando Paul Signac e Henri Matisse, vi sostavano ore a godere del panorama. Paul Signac 1895 Saint Tropez l’orage.
Paul Signac 1899, Saint Tropez le quai.
Oggi è la volta di locali e ristoranti sulla spiaggia più adatti a un pubblico con famiglie, allargate più o meno, come Tahiti, Nikki Beach e Club 55, ma se si vogliono seguire le orme di Signac e Matisse, ci si può conquistare un posticino sul terrazzino dell’Hotel Sube, rimasto quasi uguale dal tempo in cui i due pittori lo frequentavano, godendo della vista di yachts a motore e barche a vela, in una concentrazione e grandezza che ha dell’incredibile. (Guarda anche: L'altra Saint Tropez)
Perché Saint Tropez è stata capace di reinventarsi, come ci ha detto Patrice de Colmont, creatore di uno degli eventi velici diventati tra i più importanti al mondo, La Nioulargue: “È diventata famosa durante il periodo della cultura, mantiene questa fama anche durante quello della ricchezza, perché è sempre più vero che: Saint Tropez forever”.
In quelle spiagge che videro lo sbarco delle forze alleate di liberazione il 15 agosto 1944 vi sono ora molti stabilimenti balneari di alto livello, frequentati dal jet set internazionale e da una gioventù spensierata.
Fu Bernard de Colmont che per primo vi arrivò con la famiglia nel 1948, vivendovi per anni in uno stile di vita abbastanza selvaggio, che aprì nel 1955, per la troupe del film Et Dieu crea la femme di Roger Vadim, con una giovanissima e bellissima Brigitte Bardot, una specie di ristorante.
Suo figlio, Patrice de Colmont, creatore della mitica regata Nioulargue, ha continuato nella tradizione familiare e il suo ristorante Le Club 55, con i caratteristici ombrelloni bianchi e materassi celesti, è il più frequentato di tutti, seguito da Nikki Beach luogo di ritrovo di molti attori e cantanti.
Luxe calme et volupté
Brigitte Bardot - Riva et dieu crea la femme.
Notate il colore del cielo sullo sfondo, le ombre dietro le figure al tramonto, la spiaggia, il golfo, gli alberi, la barca a vela: più di cento anni sono trascorsi, ma il panorama, i colori e le luci sono gli stessi.
“Brigitte Bardot volle lo sconto sul Super Florida che comprò”, ci dice l’ingegnere Carlo Riva, per tutti solamente l’Ingegnere, nel suo ufficio a Sarnico, sul lago d’Iseo, in mezzo ai ricordi e ai trofei di una vita.
Non pensate però di farvi ingannare dai suoi 90 anni compiuti, in quanto vi subisserà con un fiume di parole, di ricordi, di deviazioni e parentesi momentanee, che vengono abbandonate appena terminate e chiuse, in cui siete voi, necessariamente più giovani, a perdere il filo, sempre tenuto da lui.
Ma torniamo a Saint Tropez e a BB:
“Sì, aveva tirato sul prezzo, ma devo dire che divenne una buona cliente; comprò anche un Riva Junior, con cui faceva sci nautico, ancorato sempre davanti alla Mandrague, la sua casa nell’adiacente Golfo di Canoubiers.”
“Ma è vero, che ad ogni fidanzato che cambiava lei sostituiva il motoscafo? Sorride…
“Può darsi, ma di quel tipo di pubblicità, che sicuramente mi faceva piacere, ne potevo fare a meno.
“Certo che le barche costruite a Sarnico erano onnipresenti nel panorama locale, tant’è che uno dei simboli della vita del tempo, Gigi Rizzi, che abbiamo già citato, afferma che:
“All’ormeggio c’è sempre un Riva pronto ad accoglierci .
Non poteva essere altro, in quanto i personaggi più famosi degli anni ‘60 sembrava non potessero farne a meno: Roger Vadim, Brigitte Bardot, Gunther Sachs e Jacques Charrier, solo per citare quelli che trascorrevano le vacanze nella località oggetto del nostro raccontare, in quanto in tutto il mondo le barche Riva erano e sono la quintessenza dell’eleganza.
Ormeggiati nel porto, nei pontili della Sportmer, curati da un piccolo esercito di addetti, coordinato dal mitico importatore d’allora Antoine Mercurio, erano e sono sempre pronti a portare clienti e appassionati alle spiagge di Pampelonne o persino più lontano.
Anche oggi, quando ne passa uno, tutti gli sguardi sono rivolti a quei legni, quelle linee che hanno resistito al passare degli anni molto meglio di chi li aveva comprati un tempo e coloro che sono a bordo suscitano sguardi non di invidia, ma di ammirazione.
Ma la magia può continuare anche ora, in quanto è stato aperto un ufficio Riva, in posizione stategica nella piazza del Comune, vicinissimo al porto, dove è possibile respirare quell’atmosfera, avere tutte le informazioni desiderate e andare a provare in mare le discendenti di quelle create dall’Ingegnere, perpetuando una storia che è leggenda.
Articolo apparso sul periodico Arte Navale n.72 agosto-settembre 2012, tratto da www.altomareblu.com
e qui pubblicato per g.c. dell’autore Tealdo Tealdi
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