L'ile des sables poi chiamata Tromelin
di Fabrizio Fattori
di Fabrizio Fattori
Tra le migliaia di isole sparpagliate tra gli oceani molte sono inospitali al punto da non aver consentito nel tempo un seppur minimo spontaneo insediamento umano.
Una tra queste narra la storia di una comunità forzata dalle avversità a vivere per parecchi anni in un luogo massimamente inospitale: un km quadrato di sabbia e arbusti in pieno Oceano Indiano ad est del Madagascar.
Come intuibile l’arrivo sull’isolotto venne determinato dal naufragio della nave delle Compagnia Francese delle Indie Orientali, l’ “Utile”, che in navigazione con il suo carico di schiavi, (malgrado tali commerci fossero già stati aboliti in quei mari, era il 1761), si infranse sulla barriera corallina.
Molti perirono ma circa settanta persone, in maggioranza schiavi, raggiunsero l’isolotto. Anche in questa comunità prevalsero le relazioni di forza tra uomini liberi e uomini destinati ad essere schiavi, anche se il naufragio aveva reso tutti parimente liberi.
Dopo giorni di ambientamento ed organizzazione la comunità riuscì a costruire una precaria imbarcazione che prese il largo con tutti i marinai francesi. La promessa di ritornare per recuperare tutti gli altri rimase, come prevedibile, senza seguito. Un altro tentativo ebbe esito negativo e costò la vita ad alcuni di loro. La zattera costruita con l’ausilio di un marinaio approdato sull’isola a seguito di un ulteriore naufragio, scomparve in mare poche miglia dopo la partenza.
Da quel momento in poi inizia un lungo periodo (circa 15 anni) di forzato adattamento e di stentata sopravvivenza, anche se forse le capacità manuali dei superstiti dovute al retaggio tribale che, certo non assicurava il massimo di benessere nei luoghi di origine, permise all’equipaggio de “La Douphine”, nave da guerra francese, di trovare circa otto persone ancora in vita, nel 1776. Il capitano della nave, Bernard Boudin de Tromelin salpò con i superstiti lasciando, di li in avanti, il suo nome all’isolotto.
A seguito di ricerche di archivio sono state indette dai primi anni 2000 diverse campagne di scavo con lo scopo di reperire testimonianze di un’esperienza unica delle capacità di adattamento in condizioni estremamente svantaggiate e per quanto possibile individuare le dinamiche all’interno di un gruppo sottoposto ad enorme stress relazionale. I materiali recuperati confermarono gli enormi sforzi fatti per assicurarsi un livello di vita tollerabile anche nella totale assenza di futuro: manufatti, resti di abitazioni, riutilizzo di materiali…
Fabrizio Fattori
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