Giacomo Brignone, ultimo maestro d’ascia di Lampedusa
di Armando Gariboldi
di Armando Gariboldi
Lampedusa è ormai da tempo agli onori della cronaca per essere la prima linea nei confronti delle ondate migratorie di disperati che giungono dall’Africa attraverso il mare, fuggendo da guerre e miseria.
Eppure, l’isola merita di essere visitata e conosciuta, assieme alla vicina ma diversissima Linosa, per ben altri aspetti: il suo mare di tipo quasi tropicale, innanzitutto (con la famosa spiaggia dei conigli), e poi per la sua natura forte e quasi africana, le alte scogliere della costa settentrionale, gli uccelli migratori che la usano come una sorta di stazione di sosta durante il loro lungo viaggio, le rarità botaniche e faunistiche.
Per esempio, il raro serpente Colubro dal cappuccio (Macroprotodon cucullatus), presente in Italia solo qui, o alcune “chicche” entomologiche, che per varietà e tipologia di specie testimoniano le affinità ecologiche tra l’isola e il Nord-Africa. Con la presenza anche di alcuni endemismi, come il caso dello Iuloide lampedusano (Julodis onopordi lampedusanus), un grosso coleottero dalla livrea quasi bronzea, o il Pamphagus hortolaniae, una grande cavalletta priva d’ali.
Ma è anche la storia del complesso rapporto tra le comunità umane e la colonizzazione dell’isola ad essere molto interessante. Un rapporto che non si è esaurito con le ricche vicende storiche che testimoniano la vocazione multietnica e di “porto franco” che l’isola ha sempre avuto nel corso dei secoli, ma continua ancora oggi, anche attraverso la presenza di singoli personaggi che con il loro lavoro e la loro presenza caratterizzano in modo forte la comunità isolana, che attualmente conta circa 6.500 residenti.
Uno di questi è certamente Giacomo Brignone, 80 anni portati benissimo, con la verve e la forza di una quercia, ultimo maestro d’ascia dell’isola. Giacomo vi racconterà delle decine di navi costruite in sessant’anni di lavoro in giro per l’Italia, a partire da Roma dove a lungo ha avuto un cantiere sulle rive del Tevere. Vi parlerà di come i romani costruivano le navi, dei legni migliori (tra cui la quercia, appunto) ma anche di come Lampedusa fosse ricoperta di boschi e di macchia mediterranea sino a poco più di un secolo fa. E infine vi racconterà anche dei suoi rapporti con i personaggi famosi che giungono sull’isola e che spesso lo assumono come guida.
Ecco allora i mille aneddoti su Domenico Modugno, Eros Ramazzotti, Laura Pausini ma soprattutto su Claudio Baglioni, innamorato di Lampedusa tanto da costruirci una casa e da farci spesso dei concerti, oltre che trovarci ispirazione per molte sue canzoni, tanto da intitolare il festival che qui tiene ogni anno “O’Scià”. Che in lampedusano significa “mio respiro”, “fiato mio”, “mia vita”.
Ma in senso estensivo e ricco d’amore: insomma “O’Scià” è una sorta di spirito vitale amoroso che avvolge questo lembo di terra , i suoi abitanti e quei visitatori che ancora sanno leggere l’isola non solo con gli occhi o con la testa. Perché vale sempre la famosa frase della Volpe del Piccolo Principe secondo cui “Non si vede bene che con il cuore: l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Armando Gariboldi
Tratto da: www.rivistanatura.com
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